Liu Linyi, uno degli ultimi fabbricanti di sale tradizionale dell’entroterra cinese, inizia le sue giornate con alcuni gesti ripetuti ed utili al fine di dar seguito alla sua antichissima professione. Una ricca colazione, qualche minuto di concentrazione psicofisica affine alla meditazione, quindi il vestimento nell’imprescindibile divisa operativa: ovvero nessun tipo di abito, fatta eccezione per l’occasionale tunica leggera e un paio di pantaloncini corti. Ciò in funzione delle infernali temperature raccolte nella sua officina, dove il prezioso fluido al centro di un impero viene estratto, cotto per purificarlo e poi di nuovo bollito, fino all’ottenimento di purissimi mucchietti pronti all’inscatolamento e successiva commercializzazione. Così come avveniva nella stessa identica maniera, in questo ameno luogo, esattamente dieci secoli a questa parte.
Tra tutti i criteri di riferimento utilizzati per discernere il patrimonio di una nazione, probabilmente nessuno è ripetuto un maggior numero di volte attraverso il corso della storia e nella varietà di culture sperimentate nei diversi territori abitati dalla civiltà, che questo. Non è in alcun modo difficile da immaginare, a tal proposito, l’importanza di quella candida sostanza di origine minerale, tutt’altro che rara in linea di principio ma non meno che necessaria, per riuscire a perseguire numerosi princìpi gastronomici nel novero delle possibilità umane. Al punto che, nel giro di una quantità del tutto ragionevole di generazioni, ogni fonte possibile di sale facilmente accessibile tende a scomparire nei territori maggiormente popolosi. Lasciando accessibili soltanto quelle riserve che sono inerentemente remote, profonde o in qualche modo essenzialmente occulte nei confronti degli occhi e delle mani di coloro che vorrebbero acquisirle. Luoghi come l’imponente falda acquifera sotterranea, la cui esistenza venne per la prima volta teorizzata durante la dinastia degli Han Orientali (25-220 d.C.) inducendo una fiorente classe di mercanti e imprenditori a modernizzare significativamente i processi industriali utilizzati per permetterne lo sfruttamento. Verso la creazione, nel giro di un paio di generazioni appena, di un centro abitato destinato ad assumere il nome di Zigong, dall’unione dei due toponimi attribuiti ai suoi due pozzi principali di Ziliu e Gong. Profondi e stretti scavi verso le profondità terrestri (pensate alla trivellazione per il petrolio) realizzati mediante un approccio particolarmente innovativo e funzionale: la percussione reiterata di un acuminato cuneo di metallo. Lo “scalpello” di un diverso tipo di scultori, pronti a trasformare le risorse della terra in denaro straordinariamente copioso e tintinnante…
