Tira-gettoni n.9, ovvero la notte in cui sbancammo Tokyo

Medal Game

Spara i soldi, quindi mangia i soldi. Qualche volta, sputa i soldi. Ma quando le proprie stesse munizioni argentate, usate contro il licantropo meccanico luminescente, sono tonde, tutte piatte e simili a monete; non ci sono grossi dubbi che quel che stai facendo sia, anche lontanamente, riconducibile al gioco d’azzardo. Tienilo presente. Pur se non capisci nessun’altra delle regole fondamentali. Le pusher machines, lungi dall’essere un fenomeno limitato al Giappone, ancora permangono talvolta fin dall’epoca passata nelle poche, residue sale giochi occidentali. Sono quei mobiletti variopinti con una teca trasparente. Dentro alla quale, su scalini sovrapposti, viene disposto un grande numero di gettoni, ovvero, per così dire, il non-denaro usato per giocare, purissimo e splendente desiderio. Si può davvero dire che tali oggetti, piccoli e metallici, siano privi di valore? Quando sei lì, per divertirti fino al suono della campanella di scuola (che tu non sentirai, perché per l’appunto, sei lì) dieci gettoni rappresentano anche un’ora di partite a Tekken 4-5-6, Daytona U.S.A, oppure a quell’intramontabile e dannato Puzzle Bobble, con le bollicine che discendono spietate verso il fondo dello schermo, fin dal distante 1994. E così inevitabilmente, verso la fine del tuo patrimonio in soldi spicci, lentamente ti avvicini a quella macchinetta che fa TRUNK-TRUNK, perché lo sai che come un frigo per frullati, non si ferma mai. Le sue spatole o palette, poste sul gradino superiore, sempre spingono i soldini, minacciando di farli cadere fuori, da un momento all’altro, nella ciotola antistante. Così tu ne aggiungi altri, di gettoni giù nella fessura, e quelli magicamente volano dentro, poi ricadono verso la parte superiore dell’arena. Teoricamente, disturbando l’equilibrio e generando una fruttuosa cascatella. Qualche volta succede, altre invece no (il banco vince sempre). E c’è comunque un senso di amarezza, alla fine. Perché più vincevi, tanto maggiormente reinvestivi in questo gioco senza grafica, valori artistici ed un mezzo grammo di gameplay. Se non la prima volta, quella dopo. Il che, dopo tutto, forse era un limite dei tempi. O del paese-che-vai.
Guarda qui: questa coppia di ragazzi australiani, alias maxmoefoetwo, è dalla scorsa settimana che si sta godendo un viaggio in giro per la mecca del divertimento meccatronico, tra le altre cose, quel remoto, affollatissimo, talvolta cacofonico Giappone. E qui li ritroviamo nel qui presente video, girato esattamente 7 giorni fa, mentre si arrovellavano sulla più incredibile pusher machine di questo mondo. Il cui titolo sarebbe, stando al bezel (la faccia plasticosa dell’apparecchio) Station 9. È un vero tripudio dell’insensatezza, che nel loro caso, condurrà ad una vincita decisamente significativa.

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