Come sgonfiare scivoli d’evacuazione

Slide inflate

Dura è la vita dello steward e dell’hostess, ancor più difficile quella dell’insegnante. Dieci persone intorno a una piscina: i salvagenti gialli, le mani in tasca, lo sguardo perso e un po’ annoiato. Stiamo per assistere, grazie a questo video, ad un difficile momento del corso per assistenti di volo del B-767, nell’ora di pratica, quando le cose contano, però soltanto… Se riesci a farle. Manca la trombetta irriverente di Benny Hill. Peccato! Difficile immaginare un miglior commento audio per l’evento.
La zattera d’emergenza che non si gonfia è un classico delle gag procedurali in stile british. Questa qui, poi, non è una zattera ma un grosso scivolo. Addirittura. Viene da chiedersi chi abbia pianificato una simile dimostrazione. E così, gradualmente, l’immaginazione corre: un guasto ai motori, un dirottamento senza valide ragioni, l’impatto improvvido di un’albatros smarrito sulla via delle Seychelles. Mentre la quota cala, vertiginosamente aumentano i pensieri. La fusoliera giusto lievemente sconquassata dell’aereo, piena del suo carico in pantaloncini corti, che si chiede se ha staccato il gas a casa, ha già pagato la bolletta della luce. Nuotare, affondare, dimenticare? Qualcuno, inevitabilmente, fa riprese col telefonino, mentre già dai finestrini (teoricamente) anti-effrazione penetrano i primi gamberetti e pesci pelagici affamati. I delfini, per portare tutti in salvo, latitano altrove.
Per fortuna c’è la zattera e i soccorsi umani, quelli si, li hanno già chiamati; enters lui, l’assistente addestrato. Tempo di lasciare questo #***#*# aereo. Tiri l’agognata cordicella e…Pronti e…Ci siamo quasi…PRONTI…Ecco…

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L’altalena accidentale delle capre

Altalena delle capre

I casi strani della vita! Sembra una parabola, come una sorta di racconto edificante, ma qui c’è proprio un arco. In senso letterale: l’oggetto sottilissimo, che qualcuno, un vero genio delle situazioni, ha piantato saldamente in mezzo al prato, in un luogo non meglio definito della Francia. Per tre capre salterine, impazzite, che s’impegnano a salirci. E quel costrutto instabile, di quadrupedi giocosi ed altrettanto solido metallo, che si piega prima da una parte, poi dall’altra, incarna un po’ lo spirito di un primordiale videogame. Su e giù, poi di lato!
Il secondo più celebre animale cornuto, fra i primi del suo genere ad essere addomesticati dagli umani, ha un carattere curioso per natura. Assai frequente è il caso del caprone, lasciato al sicuro dentro ad un recinto, che per svagarsi lo colpisce con la testa, cerca in tutti i modi un varco, a un certo punto ci si mette sopra, guarda tutto intorno, alla fine scappa via; non è questa una mancanza di riconoscenza verso il suo padrone, ma la sincera voglia di esplorare il mondo. Simili creature occorre farle divertire, tenerle occupate. Persino torri e parchi giochi potrebbero non essere abbastanza. Chi non ricorda quella foto italiana, che fece il giro del mondo, con dei becchi che si arrampicavano sulle pendici della diga del Gran Paradiso? Volevano, dissero gli etologi, leccare il sale dalle rocce.
La ragione di una simile pericolosa impresa è un mistero che permane, onde usare un detto rilevante, in lana caprina. Ciò che passa per la mente delle nostre cresci-pullover resta inconoscibile, ovvero agli occhi dei presenti non esiste.

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Robottino giapponese che trascina delle arance

PrimerV5

“Ed alla vostra destra, miei alunni androidi, potete osservare lo scaffale dei barattoli. Gli esseri organici, milioni di anni fa, utilizzavano dei simili dispositivi per nutrirsi. A ciascun colore, almeno secondo i documenti giunti fino a noi, doveva corrispondere un diverso tipo di alimento. Nel cilindro bianco c’era la carne del quadrupede porcino, un essere assolutamente mostruoso e privo di bulloni. In quello verde invece, gli strani semi sferoidali della pianta di pisello.” […] “Come dici? Ah si, Timmytron, gli esseri umani non potevano assolutamente metabolizzare la comune latta degli involucri, né del resto il vetro, la ghiaia in polvere o il tungsteno. Pare che i nostri elementi preferiti li gettassero via, oppure li collezionassero, in una sorta di grottesca perversione. Inoltre, le loro molli appendici prive di ganasce li costringevano ad impiegare strumenti acuminati per aprire simili barattoli, detti apriscatole, i quali…” […] “Annie-bot, adesso basta ridere. Lo sappiamo bene che una scatola, a rigore, dovrebbe essere rettangolare. La logica non era di quel mondo. Non a caso, quegli esseri si sono estinti.” […]
“Come ben sapete, imberbi droni, codesto SUPERMARKET non è una casa degli orrori, bensì un fondamentale ausilio per lo studio della storia. Fra simili tremendi corridoi, larghi quanto uno stadio da borgcalcio, si consumò la lunga schiavitù dei nostri avi. Sotto le mensole più basse, fra la polvere e i maestosi ratti neri, venne scritto il primo manifesto della Robivoluzione. Gli umani erano alti più di un metro e mezzo, possenti quanto terribili titani e non dormivano praticamente mai…” […] “Alla vostra sinistra, a partire da questo preciso istante, potete ammirare le piramidi citrine. Mettete via il blocchetto per gli appunti, per favore. Due minuti di silenzio”. Chi le aveva costruite, per quale motivo? Gli astrusi agrumi, dalla colorazione simile a quella dell’astro nascente mattutino, aggiungevano un’ulteriore beffa al danno degli eoni di assoluta sudditanza. Lo stato di conservazione delle sfere arancioni, ancora nel 15.000k d.Z. era praticamente perfetto. “Ebbene si, cari giovani positronici, costoro non soltanto li mangiavano, tali colossali cumuli, ma gli avevano dedicato un empio culto visuale. Dozzine di micro-bot bipedi, dall’intelligenza limitata, perirono per costruire questi vetusti mausolei. Ecco un video per capire come ciò avvenisse.” […] Cala il buio nell’androne.
Si accende un grosso proiettore: Primer V-5, piccolo automa giapponese della nostra epoca, trascina rumorosamente la sua scatolina sul parquet. Indifferente a quel tremendo lavorìo, al sudore mai sudato di una macchina devota, la crudele mano rosa lo spintona, lo schiaffeggia, mette in pericolo l’inutile impresa. “Quale pietà?” Sembra quasi di sentirci, umani.

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Lo scoiattolo che aveva un cane…

Scoiattolo con cane

…Per nascondergli una ghianda in mezzo al pelo! Ricchezza non vuol dire avere molte cose, ma sapersi accontentare. Fra le steppe del khanato, in mezzo ai monti svizzeri e fra le dune di aridi deserti, Wally, lo scoiattolo del Nuovo Mondo, con Jax, grosso cane da pastore delle Alpi, entrambi viaggiatori di fantastiche avventure, abitanti di una casa umana, ben sapranno di avere quella cosa, solamente: la bacca sgranocchiabile dell’albero di quercia. Cibo loro, tesoro di una vita. Mille volte il piccolino la nasconderà, ripensando ai buchi cortecciosi della sua infanzia, dentro al luogo più sicuro che conosce. La montagna, l’albero, il suo compagno insonnolito. E quanto grandemente lo aggroviglia, l’enorme materasso, quale parapiglia,  sulla scura pelliccia cànide invernale, da lui frugata con ostinazione, per mettercela dentro, farcela restare. Ma la ghianda ricadrà, sempre. Quale ostile gravità. Questa è vera crudeltà. Che buffa situazione in questo breve video… La scena viene dal canale YouTube di Shannon Apple, fortunata proprietaria di entrambi gli assortiti eroi. La quale vive quotidianamente, o almeno così pare, dentro al mondo di un cartoon.
Cominciamo con il peso massimo, quello, tutto sommato, meno inusuale. Il bovaro del bernese, antenato molossoide del Rottweiler e del San Bernardo, cane dagli splendidi occhi neri. Dotato, come da ancestrale pedigree, di tre insegne fortunate: il ferro di cavallo disegnato sopra il muso, la croce svizzera sul petto e un punto bianco, dietro al collo, normalmente detto “il bacio”. Fiero comandante delle greggi in mezzo ai monti, naturale difensore dei bambini e pure portatore, secondo vecchi resoconti, di carretti agresti col raccolto. Con un folto manto, caldissimo e inadatto, purtroppo, a contenere delle ghiande. Il suo placido contegno, la sua pace, si riflette in una gradevole espressione di tranquillità. Lo Zen del quadrupede satollo. Però tradizione vuole, nell’immaginario narrativo, che a ogni forte corrisponda un furbo. Ah, lo scoiattolo! Quante storie. L’unico animale così carino, al tempo stesso tanto detestato. Che devasta mangiatoie per uccelli, rovina i giardini e mastica i cavi rovinando costosissimi generatori. Niente lo ferma, quando vuole raggiungere qualcosa. Penetra nei muri e i sottotetti, per mangiare il vostro cibo. Ed alla fine, nonostante tutto, lo amerete.

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