La vecchia Polonia dei robot giganti giapponesi

Rozalski 9

Una nebbia impenetrabile si agita, in volute a ghirigoro, tutto attorno alle uniformi lucide dei difensori dello Stato, dinnanzi alla foresta tenebrosa di Vilnius. Occulta gli alti cappelli e le appuntite baionette, i lunghi mantelli neri sovrastati dai vessilli dei portabandiera. Tutto attorno regna quell’immoto senso d’ineluttabile presenza, che precede il tuono del plotone, pronto a scatenarsi giunto l’attimo della tremenda verità. “Per le nostre famiglie rimaste a Varsavia!” Si ode il grido incerto, attutito dall’umidità dall’aria. “No, è soltanto l’ordine di quel dannato Maresciallo…” Sussurrano, in risposta, alcune involontarie vittime di questa circostanza, i soldati reclutati per necessità. Già la linea dell’armata, attentamente calibrata e ben disposta, oscilla rumorosamente, sferragliando di speroni e munizioni di mitragliatrici. Un sergente alza rigidamente il braccio destro, indica verso l’orizzonte con un ghigno un po’ tirato: “All’arme, miei prodi il nemico si avvicina, ARGH!” Ombre oscure scuotono gli arbusti dalla cima, sagome spietate, enormi ed altrettanto minacciosamente antropomorfe…
Tutti conoscono la seconda offensiva di Piłsudski, dopo l’imprevedibile trionfo sui confini della Russia. Non c’è certo bisogno che io stia qui a narrare, per filo e per segno, la celebre vicenda del conflitto armato tra la Seconda Repubblica Polacca, risorta a nuova glorie sul finire della prima guerra mondiale, e i cavalieri orbitali, con i loro mezzi di metallo alti sei metri e teletrasportati dalle caverne nascoste sulla faccia in ombra della Luna, grazie a congiunture astrali particolarmente fortunate (per loro) e drammatiche (per noi terrestri). 1920: fu l’epoca, in bilico tra modernità e post-futurismo, in cui si posero le basi di un diverso tipo di rapporti tra Nazioni. Fossero state, queste, separate dalle cordigliere naturali del pianeta. O dall’oscuro nulla tra i fluttuanti astri, ove, come si usa dire da quei tempi antichi: “Nessuno potrà mai sentirti urlare”.
Una lotta senza quartiere. Una serie di battaglie sanguinose, in cui soltanto una granata fortunata, gettata dentro la cabina di comando da un contadino, un fabbro, un artigiano senza senso dell’auto-conservazione, poteva porre il binomio THE END sulle scorribande di uno di questi odiosi extra-terrestri, totalmente impervi alle pallottole o le cannonate. Che rivive in valide testimonianze, poste innanzi ai nostri occhi internettiani: vedere Tumblr, per credere.

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