Acqua 2.0: come costruire le piramidi senza fatica

Water Pyramids

Chiaramente, deve pur esserci una spiegazione. Se gli edifici sacri degli Egizi, risalenti a più di 4000 anni fa, ci lasciano perplessi nella loro apparente impossibilità ingegneristica, è perché furono costruiti proprio a un tale scopo: quale migliore dimostrazione di forza, da parte di una dinastia regnante, che il possesso di un qualcosa di letteralmente unico nel mondo conosciuto, che sfuggisse alla comprensione di qualsiasi viaggiatore (Se non a quella di chi lì ci viveva, visto che il processo costruttivo poteva durare anche 20 anni). Mentre il problema fondamentale, dal nostro punto di vista cronologicamente dislocato, è stato l’incedere troppo veloce del progresso, stimolato proprio dalle opere di antiche civiltà come la loro. Non è particolarmente difficile immaginare i Greci o i Romani, armati delle loro competenze architettoniche e strumenti relativamente avanzati, ipoteticamente forniti di una manodopera comparabile a quella di coloro che vivevano sul Nilo, che riuscissero in qualche maniera rapida nel replicare una suprema meraviglia come la piramide di Cheope, alta 146,6 metri. Che sarebbe stato l’edificio più imponente del mondo per 38 secoli, fino alla costruzione della Cattedrale di Lincoln in Inghilterra. Ma considerate soprattutto questo: i loro predecessori del Vicino Oriente, che vissero in piena Età del Bronzo, non avevano strumenti di ferro, né la ruota, né la carrucola! Eppure trasportarono una quantità spropositata di blocchi di pietra calcarea e granito, dal peso di fino a 4 tonnellate ciascuno, nel punto deputato, prima di disporli con precisione geometrica che ancora sfida l’immaginazione. E poi soprattutto, completato il basamento del colossale mausoleo, continuarono a costruire, trascinando dette pietre lungo l’asse dello spazio verticale. Come, come? “Se non così, come?” Una frase che ricorre, tra gli ambienti specialistici o di sinceri appassionati a questo tema senza tempo, come il sostegno di teorie più o meno probabili, ciascuna egualmente avvincente nella mente di coloro che l’hanno proposta. Perché quando non è semplicemente comprensibile la maniera in cui gli schiavi di un popolo, così privo di apparati tecnologici sofisticati, fossero stati in grado di fare un qualcosa di eccessivamente duraturo, ogni sorta di spiegazione diventa lecita, funzionale alla risoluzione del problema di giornata. Chiaramente, i risultati possono variare.
Tra le teorie relativamente poco note, ma stranamente possibili nella loro cervellotica complessità, va annoverata questa del costruttore del Lincolnshire, Chris Massey, che stando a quanto ci racconta l’avrebbe elaborata a partire da una specifica esperienza di viaggio. Quando lui, assieme agli altri partecipanti di una classica crociera sul Nilo, si ritrovò a discutere con la guida assegnatagli durante la visita alla piana di Giza, in merito alle molteplici ragioni per cui le teorie maggiormente accreditate fossero nei fatti impraticabili, soprattutto per la gigantesca piramide di Cheope, la maggiore mai esistita: “Una singola rampa inclinata che conducesse fino alla sommità? Ah! Avrebbe dovuto misurare centinaia di metri e contenere più pietra dell’edificio stesso.” E poi: “Volete farmi credere che questa gente avesse trasportato i blocchi di pietra su slitte di legno, attraverso il terreno accidentato del deserto? Chiunque se ne intenda, sa che un singolo ciottolo sarebbe stato sufficiente a causare un fallimento catastrofico dell’impresa. Assolutamente…Impossibile.” Ciò senza considerare la produzione dell’enorme quantità dei blocchi stessi a partire dalla pietra di cava, un’impresa titanica in se e per se. Dal che nacque una teoria del tutto nuova, che forse andrebbe definita più un’ipotesi infondata e benché possibile nei fatti, sostanzialmente impossibile da provare. In questo, certamente resta in buona compagnia. Si usa spesso dire che le acque del Nilo, con il loro fango fertile e sottile, fossero state il nettare che donava la vita all’intera sottile striscia di territorio lungo la quale si estendeva questa antica civiltà. E se quello stesso fluido trasparente avesse aiutato anche nella costruzione del loro lascito più duraturo, allora…

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Torre russa con montagna annessa

Skyplex

Con rombo di tuono e fulmine d’ambra, scende dal cielo, cade nell’ombra. C’è un momento, nell’esperienza di qualsiasi attrazione iper-veloce da Luna-Park, in cui il tempo pare fermarsi. Quando, trascinati in cima dalla catena collocata tra le rotaie, si raggiunge l’apice della salita. E bloccati per un secondo, si attende il segnale invisibile, quell’impulso elettrico che dice, si: la tua vita è giunta al termine. Ti sei divertito? L’hai voluto il biglietto? Adesso, vola. Così è, tutte le volte, seppure ti pare. Il senso logico di una montagna russa, quel brivido della Kamchatka traslato nel ferro e la grigia plastica, vorrebbe sfruttare più d’ogni altro aspetto la forza di gravità. Non c’è motore, oltre al Motore, lo stesso dell’ala che flette il gabbiano. Eppure, si annida quel piccolo diavolo, dentro. La genesi occulta del puro terrore.
Sarà pronta nel 2017, a quanto ci dicono, nella press release a corredo di questo video. Ecco l’ennesima torre di Babele, a graziare l’incommensurabile International Drive, la via principale d’Orlando, Florida, United States. Importante, questa strada, non tanto perché centrale (anche se benché a malapena, lo è) ma in quanto gettano l’ombra, su di essa, le principali attrattive turistiche in-loco. Non certo, meri negozi. Piuttosto che un Corso, questo qui è l’avenue del futuro. Più che un boulevard, la via d’accesso alla fantasia. Una sorta di Las Vegas Strip del divertimento, pur senza le case da gioco. Ma piuttosto con parchi a tema, musei variopinti, maxi-alberghi e gran ristoranti. Un luogo in cui chiunque passa, con la sua comune automobile, guarderà in alto, attratto da grida indistinte, frutto di tante montagne russe, che ci vorrebbe un semaforo. Tra le quali nessuna, prima dell’atteso giorno, alta fino a quel punto: 152 metri, la metà della torre Eiffel. In che tempi viviamo, che una cosa simile può essere accettata senza un particolare senso di smarrimento…
Se questo complesso d’intrattenimento, che verrà battezzato Skyplex, fosse stato costruito secondo la prassi, ci sarebbe stato ancor più da temere. Una serie di rotaie nel mezzo del nulla, sospese a tali vertiginose altezze? Una facile preda del vento. Persino gli elicotteri, avrebbe messo a rischio! Esiste un limite, ad oggi, per ciò che può essere sottile e stretto, nonché duraturo. Così, l’approccio stesso sarà innovativo; onde usare il termine inglese, ci troviamo di fronte al primo polecoaster della storia (l’unione dei termini “palo” e rollercoaster, già di per se un portmanteauovvero un mini-grattacielo, con piattaforma panoramica, magari completo di ristorante. Il tutto avvolto in un vortice di strada ferrata vermiglia, percorso da giovani in festa. Come ci sali, sono affari tuoi. Ma se hai mangiato, al ritorno, sarà meglio prendere l’ascensore…

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