Che succede se i castori smettono di lavorare

L’esperienza impareggiabile di contemplare la natura: spontanea, intonsa, immutata. A tal punto si è rapiti dalle circostanze, che il pericolo è distante nella nostra mente. Non c’è nulla di precario, niente di potenzialmente lesivo. Tranne ciò che è stato costruito dalla mano umana. Ma qui la linea di confine, a voler essere più attenti, andrebbe attribuita non soltanto all’espressione “dalla mano” ma anche al solo participio passato di quel verbo: costruire, edificare, congegnare. Azione le cui fondamenta, sia metaforiche che materiali, vanno ricercate nella mente di chi ambisce, nel corso della sua esistenza, a possedere un luogo. Esistono creature, appartenenti all’universo animale, che assomigliano a noi altri per capacità d’analisi, pensiero, soluzione dei problemi. Mentre altre, invece, si avvicinano per la maniera in cui costruiscono interfacce. Ovvero punti di raccordo. Ovvero dighe, per fermare il corso di un solenne fiume nel Minnesota. Questo è il video caricato sul canale di Rick Smith, proprietario di un terreno nello stato nordamericano delle marmotte (e non solo!) che dimostra la più assurda conseguenza di un periodo di piogge eccessivo, sopraggiunto all’improvviso nel 2015. Quando il principale corso d’acqua del suo ranch, invece che ingrossarsi, sparì. Esatto, il mondo all’incontrario. Entriamo dentro regno delle inverse circostanze. Sperimentando quello che succede, molto spesso, per il crollo di una diga. Ma che ragione avrebbe mai avuto, il nostro cameraman con drone al seguito, per bloccare il corso naturale delle cose, esponendosi a una tale conseguenza deleteria? La questione è che… I colpevoli, in effetti, avevano operato in assoluta autonomia. “Non ho proprio nulla a che vedere con lo sfratto distruttivo dei castori.” Si preoccupa di aggiungere il diretto interessato nei commenti, prima che qualcuno possa criticarlo a buon ragione. Ben avendo chiaro, nella sua memoria, quello stato d’animo che porta agricoltori e allevatori, tanto spesso, negli Stati Uniti e in Canada, a venire con la ruspa per ripristinare uno stato antecedente e quindi percepito come “migliore”. Mentre lui era lì, incapace di far nulla, ad assistere a quel crollo senza fine. Mesi, e mesi, e mesi d’acqua accumulata, a trascinare sedimenti, piante e pietre fin giù a valle. E neanche una palla di pelo/denti-rossi che tentava febbrilmente di risolvere il problema.
Già, purtroppo viene anche il momento in cui le prospettive si restringono, e tutto quello che gli resta da fare è mettersi da parte, per attendere la risultanza della furia degli elementi. Persino il Castor canadensis, più famosa e laboriosa tra le due specie attualmente esistenti, non può contrastare la marcia inesorabile del Fato. Soltanto fare il possibile, dopo il disastro, per calcolare i danni da un luogo sicuro tra i cespugli, in attesa che ritorni il suo momento. Lui, che agisce con il solo scopo di stare sicuro, dalla ferocia del lupo, del coyote, del puma e dell’orso, costruendo la più formidabile tana dell’intero ecosistema d’appartenenza. E di certo il topo, il coniglio, la volpe, sarebbero ben pronti a criticarlo: “Davvero tu vuoi vivere in un luogo che presenta una singola via di fuga?” Al che, il castoro: “Non c’è bisogno di lasciare casa in tutta fretta, se gli unici capaci di raggiungerlo siete tu, la tua famiglia e qualche lontra fluviale non più grande, o più pericolosa di te.” Fatta eccezione, chiaramente, per noialtri Sapiens. La questione è in realtà piuttosto semplice nel suo funzionamento, trovando pieno riscontro nel metodo e lo stile di vita di quell’altro, il Castor fiber del continente eurasiatico, che si trova in Svizzera, nel Regno Unito, in Scandinavia e in Russia, benché la caccia continua che ne è stata fatta dai fabbricanti di mercanti e i cercatori di quell’olio magico impermeabilizzante, il castorum, ne abbiano ridotto sensibilmente l’areale. Disporre di un ingresso pari a quello di una fortezza, poiché si trova, a tutti gli effetti, sott’acqua. Un luogo che quasi nessun predatore naturale di questa famiglia, indipendentemente dal contesto geografica di appartenenza, si sognerebbe mai e poi ma di esplorare. E per il resto, le dighe dei castori sono… Un problema? Un fastidio? Un ostacolo alla bellezza spontanea di un luogo? Non proprio. O forse sarebbe meglio dire, che dipende dai punti di vista…

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La strana vicenda dei castori paracadutisti

Beaver Parachute

Si, siamo sicuramente…Cambiati. Basta trascorrere qualche giornata tra la polvere del tempo, per trovare negli archivi le testimonianze di quel mondo ormai trascorso, in cui tu, Natura, ed io, uomo, ne facevamo e vedevamo di ogni tipo. Ah, l’astrusa meraviglia dell’inaspettato! Te la ricordi quella volta…E quell’altra! Quando c’erano i castori a Payette County, lungo i fiumi dell’Idaho remoto. Terra selvaggia ed incontaminata, libera dal caotico confronto quotidiano con il resto della massa cittadina. Perché lì, c’era una casa. La seconda dietro la collina. La terza nella valle, ancora più lontana. E così via. Ma tu, probabilmente, hai già riconosciuto la questione: era il 1948, e la gente ritornata dalla guerra, null’altro voleva, che vivere in tranquillo isolamento. Zero danni nel proprio giardino. Soprattutto, senza il rosicchiare di quei denti acuminati, l’albero che cade all’improvviso sotto il roditore, trasformato in legna per la diga e casa familiare delle care, laboriose bestioline. Puoi davvero biasimarci, Splendida rugiada del Mattino, se quel giorno decidemmo di prenderne qualche dozzina con le gabbie, poi decollare per lanciarli tutti quanti da un aereo?
In precedenza si era già parlato online del particolare approccio scelto dal Dipartimento di Caccia e Pesca dell’Idaho, nell’immediato dopoguerra, per trasportare 76 castori fino alla regione del Bacino di Chamberlain, oggi noto come riserva del Fiume di Frank Church “senza ritorno”. Soprattutto, senza strade. Quello che non immaginavamo, perché era un possibilità semplicemente troppo remota, era che dell’intera questione esistessero in effetti non uno, ma ben due video a colori, prodotti al tempo con l’investimento non indifferente di 700 dollari complessivi. Poi lasciati a deperire in qualche magazzino, tristemente lontani dagli occhi del mondo. Almeno finché una dipendente d’ufficio, Sharon Clark, con mansione occasionale di storica del dipartimento, non è capitato di ritrovare nella scatola sbagliata un misterioso film, dal titolo altamente suggestivo di: “FUR for the FUTURE” (il Pelo per il Futuro). Con mano tremante, quindi, preparato il proiettore e/o il videoregistratore, di fronte a lei si è palesato l’improbabile spettacolo, la prova registrata che davvero la questione di cui sopra si verificò. Un generoso spezzone estratto da questa preziosa testimonianza quindi, senza perdere altro tempo, è stato immediatamente caricato su YouTube, a vantaggio dell’ormai pregressa curiosità collettiva. E il suo contenuto, per chi avrà voglia di guardarlo fino in fondo, supera qualsiasi aspettativa.
Dopo un interessante segmento sui topi muschiati, che i ranger catturano mediante l’impiego di trappole a chiusura automatica e poi spostano mediante metodi convenzionali, si giunge presto alla portata principale. Alcuni addetti prelevano, con metodi comparabili, un paio di castori, rappresentanti biologici di quella che potrebbe definirsi una risorsa estremamente importante, soprattutto all’epoca: la pelliccia, usata nella fabbricazione di un tipo particolarmente rappresentativo di cappello nordamericano. Giammai, dunque, costoro avrebbero scelto l’eliminazione completa dei presenti roditori, che andavano piuttosto preservati con cura, nonostante le apparenze. Un cambio di scena e siamo sulla pista di decollo. I castori, trasferiti dalla gabbia ad una strana scatola di legno con un pacco annesso, vengono portati a bordo, quindi l’aeromobile si avvia per la sua strada. In una vertiginosa ripresa da terra, si può osservare il suo rapido sorvolo di uno spiazzo, in realtà quello usato per provare il metodo in questione, prima del suo impiego su larga scala. Ecco che la scatola precipita, il pacco si apre, scaturisce il paracadute. L’intero sistema viene quindi mostrato a consegna effettuata, completamente integro ed aperto. Dall’interno del pacco, timidamente, fanno capolino le armi anti-albero e quella testolina deliziosamente distruttiva. Nel suo incedere perplesso, pare espressa la pregnante locuzione: “Strade? Dove andiamo non ci servono le…gnam-gnam-gnam.”

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