La campanella elettrica che suona dal 1840

Oxford Bell

DING-A-LING-A-DING, dingdingding. DING-A-LING […] E così via, per 10 miliardi di volte all’attivo, da prima del primo volo dell’uomo fino al giorno in cui ha posato piede sulla Luna e poi di nuovo, per lo stesso tempo ripetuto. Ve lo immaginate? 175 anni a risuonare, dentro quella teca vetrosa nel foyer. E tutto questo grazie all’elettricità! Solamente quella… Tra le più semplici e famose leggende metropolitane, i classici racconti del sentito dire, figura quella della lampadina immortale.  Ed è un esempio alquanto significativo, perché esattamente come le altre narrazioni di categoria, si trova strategicamente in bilico tra il poco probabile e tutto ciò che non è facile da dimostrare, e conseguentemente, neanche da smentire. Iniziava, in genere, con un trasloco: una famiglia come tante, magari di un amico di un amico (raramente tali storie sono attribuite ai propri prossimi parenti) che viene a vivere in città o in periferia. Qualunque sia la tendenza maggiormente diffusa del momento, nel particolare agglomerato che si è scelto in qualità d’ambientazione – Soltanto New York era sempre stata associata ai coccodrilli nelle fognature, una rara e irripetibile esclusiva. Forse perché, semplicemente, era la pura ma fangosa verità? Ad ogni modo, la situazione del supremo filamento di tungsteno viene fatta partire rigorosamente dal passato, anche diverse generazioni addietro: “Amico, non sto scherzando. Ti dico che gli Smith sono venuti a Cleveland nel 1920. Il nonno, che faceva l’insegnante, giurava di non aver mai toccato il lampadario del salotto…” Già, la luce. La forma più pura e imprescindibile dell’energia, eppure soggetta, anch’essa, ai limiti delle tre Leggi. Primo, n.s.c.e.n.s.d, ma tutto si trasforma…Che è come dire: la distinzione tra l’uovo e la gallina, non esiste perché l’uno fluisce dall’altra e nel contempo, viceversa. Secondo: qualsiasi sistema che svolge una mansione è soggetto all’avanzare del disordine e dell’entropia…Dunque un pollaio, se lasciato ai propri meccanismi di rinnovamento, presto o tardi finirà il becchime. Dandosi al cannibalismo. Terzo: non c’è degenerazione in un ente perfettamente statico mantenuto a zero gradi Kelvin, come per esempio una struttura cristallina (pollo firmato di Swarovski) mantenuto nello spazio di una camera di contenimento sperimentale (frigorifero di casa). Eppure ascolta, persona che ho incontrato casualmente ma che ho voglia di stupire: “Sono stato a scuola con il figlio-del-figlio-del-cognato-del-cugino del Dr. Smith in persona e lui giurava, ti assicuro, che la lampadina non l’aveva mai cambiata. Eppure quella funzionava, fin da quando non si sa!”
Il problema dell’eternità e che è un tempo veramente molto lungo. Durante il quale, anche in situazioni perfettamente ideali, la probabilità del sopraggiungere d’eventi sfortunati cresce in modo esponenziale. Finché non si assesta, in un tempo variabile tra la giornata e i 15 millenni, la percentuale dell’intero spettro del possibile, in altre parole: tutto muore, prima o poi. Persino nel caso, assai diffuso, in cui non fosse stato affatto vivo. Ne sono un esempio le innumerevoli rovine, tutti quei cumuli di macerie attentamente preservati, perché antichi e non perché ancora utili o perfettamente funzionali, per lo meno allo stato attuale delle cose. Terremoti. Guerre. Carestie. Disastri apocalittici. Lievi sbalzi di tensione. Una lampadina, normalmente, non può sopravvivere a chi l’ha comprata. Però in effetti, c’è un barlume di salvezza.
Pur non raggiungendo il tempo senza tempo, le creazioni della scienza possono tendere al futuro, con un grado di successo estremamente ragguardevole, che pare sfidare i sopra detti tre princìpi. Tutto quel che serve è l’intenzione, più la giusta istituzione. Qualcuno che sia in grado di testimoniare, da un podio svettante ed autorevole, non certo per sentito dire: diciamo, per esempio, un’università. Nominiamo, perché no, l’antica e ponderosa, la munifica e la grande, laggiù nell’Oxfordshire.

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Oggi cuciniamo la comune batteria stilo

Battery maker

AAA, mancano i veri MacGyver di una volta. AA, piuttosto, ci troviamo sempre a dire inconsolabili: non è possibile, non si può fare, è del tutto inaccessibile per le mie doti. Finiti su di un’isola deserta, assieme a un carico di batterie a bottone, tireremmo fuori dalla borsa il telefono satellitare, che invece ne voleva solo due, ma di mini-stilo. E imprecando contro l’ironia del fato, lì resteremmo. Per mangiare cocco fino all’ultimo dei giorni, della nostra lunga oppure breve vita. L’aneddotica delle vicende umane è piena fino all’orlo di racconti come questi, con un taglio estremamente indicativo dei secondi fini della narrazione. Quello stesso prologo, dell’aereo che precipita, della nave naufragata, è sempre l’inevitabile preludio di un ricco viaggio di scoperta personale. In cui l’individuo rimasto solo, gradualmente, apprende che l’ingegno medio è spesso sufficiente, per sopravvivere laggiù fra i gridi di gabbiano, senza l’aiuto della società. Ma addirittura prosperare, superando le aspettative dello spettatore, quella è tutta un’altra storia…
NurdRage è il giovane scienziato con la voce sempre alterata digitalmente, forse uno studente canadese amante della privacy, che da qualche anno offre al mondo i video dei suoi esperimenti e le molteplici invenzioni che produce. Fra i suoi campi preferiti, a giudicare dai recenti successi, va senz’altro annoverato il campo delle batterie stilo. Lui, che le smonta e poi ricostruisce, che le scarta, che le apre, che ne esplora i limpidi segreti, con gran dispetto delle compagnie produttive. E che addirittura, in questo caso, le costruisce in casa! Possibile? Tutto vuolsi, ove si puote. Si tratta di una pratica ricetta, ecco qui cosa ci vuole: per prima cosa, un paio di siringhe ipodermiche, o anche più, a seconda del bisogno. La loro forma cilindrica di plastica, a quanto pare, è pari nel diametro a quella della pila stilo. Strana coincidenza, quasi…Intenzionale. Un colpo o due di pinze, per ottenere la lunghezza esatta. Tale pratico involucro trasparente, quindi, sarà rivestito nella parte interna di un foglio di zinco, misurante 50 x 30 mm. Un oggettino per nulla inusuale, che si compra normalmente al supermarket (quello canadese. Forse, non saprei.) E adesso, guarda, viene il bello. Da un barattolino (maneggiansi con guanti belli spessi) ecco lui che tira fuori del veleno sopraffino, l’idrossido di potassio, che ivi versa, come niente fosse, dentro a un bricco d’acqua trasparente, messo quindi lì da parte a dissolversi, come un Alka-Seltzer. Nell’involucro plasticoso del suo divertimento precedente, invece, costui ci mette del diossido di manganese (?) Bene avvolto nella carta e pronto da fumare come l’erba, all’apparenza. Però nero quanto l’anima di chi comunemente inquina, senza mai sapere come riciclare… Oppur la pratica mina di matita, messa, guarda caso, lì a fare da conduttore. Ecco che, a questo punto, l’insieme avvolto e multi-strato viene immerso dentro al liquido semi-biancastro appositamente preparato e lì lasciato, per un tempo medio. Lui consiglia una giornata. Ciò “attiverà gli elettroliti” permettendo alla carica d’ingenerarsi, dentro al circuito così ben costruito. Sarebbe difficile crederci, se gli occhi non ci assistessero nell’ardua impresa: quand’ecco, nel finale, lui che mette i due cilindri dentro al corpo cubico di un’orologio digitale. Ed esso vive, per Frankenstein!

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Perché poi la pila piena non rimbalza mai?

Bounce battery

Provateci adesso, oh, per favore fatelo subito senza un singolo grammo d’esitazione. La notte è giovane, il giorno lo esige. Lanciate il telefono cellulare contro qualcosa!* WHOMP – Il muro, il suolo, la terra o il capitello dorico che avete nell’angolo del salone, con sopra la testa dell’ultimo Imperatore. È forse l’oggetto in questione, per qualche ragione, tornato indietro? (Certo che no) l’onnipresente strumento dei nostri tempi informatizzati non è un boomerang, oppure il possente martello di Thor. Eppure compare, all’orecchio di tutti, negli attimi meno appropriati. Dunque dev’essere, per evidente inferenza, dotato di un grande Potere. Il sublime incantesimo dell’Onnipresenza. Ma ciò lo rende, delicato alle incidenze del Fato. Non c’è invero bisogno delle fiamme inesauribili dell’omonimo Monte, per sbriciolarlo come una mummia dei tempi egizi, improvvisamente esposta alle nebbie umide dell’alba dei nostri giorni; basta che cada, da un’altezza di 10-20 cm, a seconda del vostro modello. Benché mele migliori avessero, in un tempo lontano, dimostrato l’effetto invisibile della gravità. Che tutt’ora condiziona tutti. Attira verso il basso ogni cosa, ma con variabile apporto energetico conseguente. Il problema maggiormente rilevanti dei moderni smartphone, come lascia intuire il nome, è l’approccio complesso ai problemi fin troppo semplici. Giacché l’ingegneria moderna, con i suoi perentori dettami, ci ha imperiosamente obbligato ad essere “intelligenti”. Abbandonando i due vecchi amici, il caro nichel e l’amorevole cadmio, e muovendoci verso frequentazioni dotate di una certa doppiezza. Lo ammetto, gli accumulatori agli ioni di litio presentano innegabili e fondamentali vantaggi: sono piccoli. Leggeri. Mantengono a lungo la carica e quando necessario, la recuperano in un paio d’ore, o tutt’al più giu di lì. Ma se simili implementi energetici vengono danneggiati, o sovraccaricati… Si, forse non ne siete a conoscenza. Però nella vostra tasca quotidiana, miei amanti dei gadget sappiatelo, tenete una piccola bomba. Che per di più non rimbalza! Di certo non l’avrebbe accettato Sir Isaac Newton, né tantomeno il nostro buon Alessandro Volta, colui che per primo aveva avuto l’Idea. Di metterci un catodo. Con sopra un anodo. E viver per sempre felice.
Adesso è il momento: raccogliete da terra il telefonino. Che ovviamente non si sarà rotto (*ce l’avete la custodia, vero?) Aprite il misterioso sportellino dietro il telecomando della TV. Dentro ci troverete, supremo mistero dei nostri giorni, due piccoli cilindri di metallo. Si, no, si. Nel mondo moderno, incredibile a dirsi, c’è ancora un legame coi tempi che furono, di energia intercambiabile ed usa e getta. Nascosta dai nostri occhi di economisti, ecologici amanti della natura. Queste due sono PILE. Studiatele. Accarezzatele, mostrategli il vostro affetto. E quando meno se lo aspettano, scagliatele contro il vostro nemico. Se erano scariche, anche soltanto un pochino, torneranno indietro. Perché? Ecco…

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