La danza dei pacchi sul tappeto omnidirezionale

Primo nel giro, ultimo al pomeriggio, nella definizione di quanto sia giusto ricevere a domicilio il pacco, sulla base degli ordini piazzati qua e là online. La vita moderna è una situazione perenne di attesa, intercalata da click subitanei che veicolano il desiderio di cose. Si, ma in maniera imperfetta. Poiché cos’è un magazzino? Se non un puzzle di scaffali, il rompicapo che soltanto un operatore esperto, coadiuvato dall’assistenza di coprocessori e co-automi, può sperare di decifrare a vantaggio di tutti coloro che siedono (im)pazientemente, all’altro capo del filo dell’etere senza forma, ovvero in altri termini, clienti del gran carrozzone dell’E-Commerce. Ma una volta che la virtuale colomba è partita, con tutto il suo carico di scarpe, borse, schede video, console Nintendo e gadget per la cucina chi potrà mai determinare il suo destino, se non l’uomo in camicia marrone, gialla o arancione, ovvero l’addetto del corriere, che raggiunto il centro di smistamento, dispone quelle innumerevoli cose sotto uno scanner, che si occuperà d’imbarcarle verso la successiva stazione. E da lì… Le alternative sono molteplici. Vi sono sedi regionali in cui tutto viene ancora condotto a mano, con carta e penna, carrello trascina-pallet, olio di gomito e attenzione umana ai dettagli. Ed altre in cui, invece, l’oggetto diventa un insetto, come uno scarabeo dal dorso piatto, le cui invisibili zampe sembrano condurlo sicuro in direzione del punto in cui dovrà, di nuovo, spiccare il volo. In tali luoghi, la chiave di volta ed il cruccio fondamentale, ogni qual volta le cose non vanno per il verso giusto, è lo strumento del nastro trasportatore. Avete mai visto che cosa succede a un pacco che si mette di traverso in un simile apparato? Schiacciato dalla possenza di molti quintali, se non tonnellate di pressione. Scavalcato senza troppe cerimonie dai suoi simili, indifferenti al dramma che si sta compiendo sotto i loro stessi occhi d’inchiostro e timbri postali. Vittima di un sistema che provvederà a riportarla, senza un briciolo di rimorso, presso il centro resi del suo mittente. Lasciandoci ancora una volta in tragica, interminabile attesa.
“Come potrete aiutarci, dunque, per non fallire più il sacro compito?” Oppure “Cosa ci offrite per velocizzare il meccanismo, renderlo versatile e sempre pronto a rispondere a diversi gradi di necessità?” Questo fu chiesto, nel corso della passata primavera, le compagnie invitate allo shark tank di DHL, uno dei corrieri più amati-odiati a livello globale (un doppio stato pressoché inevitabile, per chi si occupa di simili mansioni). Termine anglofono indicante, come ben sanno i telespettatori con l’antenna satellitare, un rito scenografico in cui schiere d’aspiranti “imprenditori” incontrano un gruppo di sedicenti “magnati” nella speranza di riuscire a convincerli per garantirsi il finanziamento delle proprie più folli o geniali invenzioni. Tutte riguardanti, in quel caso specifico, lo stesso identico settore: la logistica informatizzata. Invenzioni come Celluveyor dell’omonima startup tedesca, nata da una costola del BIBA (Bremer Institut für Produktion und Logistik) l’istituto logistico dell’Università di Brema. Un qualcosa che rivoluzionava le aspettative sostanziali, di ciò che fosse lecito aspettarsi da un apparato di traslazione pacchi all’interno di un edificio chiuso. L’idea è interessante e cambia sensibilmente le regole del gioco. Perché toglie dall’equazione stessa, per la prima volta a memoria d’uomo, il concetto stesso del nastro, sostituendolo con una serie di “ruote trasportatrici”. Ma non ruote qualunque, bensì del tipo definito convenzionalmente omni-wheels, ovvero dotato di piccoli rulli trasversali, concepiti per favorire lo scorrimento laterale nel caso in cui la forza motrice arrivi da un meccanismo ulteriore; ovvero, nella maggior parte dei casi, altre ruote. Secondo l’aneddoto di Claudio Uriarte, uno dei responsabili della compagnia, la realizzazione prese forma nella sua mente in un singolo momento d’illuminazione, simile a quello della dottrina Zen. Egli si trovava, insieme a un collega universitario, ad assistere a uno di quei bizzarri spettacoli, popolari durante le fiere di robotica, del calcetto tra droni. Al che pronuncio, con un mezzo sorriso, parole sulla falsariga di: “Pensa prendere una mezza dozzina di quegli arnesi, metterli sottosopra, e farci scivolare i pacchi sopra.” Ma quando rivolse lo sguardo, finalmente, all’interlocutore, notò che egli non stava ridendo affatto. Sembrava, piuttosto, profondamente colpito.
I tedeschi, non scherzano? I tedeschi non scherzano MAI? Nella disanima degli stereotipi negativi, spesso frutto di un senso d’invidia latente, la comunità internazionale nasconde l’ammirazione nei confronti di una cultura che ha fatto dell’organizzazione un valore fondamentale, e della logistica applicata alle esigenze pratiche, uno sport nazionale. Celluveyor, con il suo funzionamento risolutivo, potrebbe costituirne l’ennesima prova…

Leggi tutto

Le ruote trasformabili dei carri armati del futuro

Passati sono i tempi del fortunato sodalizio tra l’agenzia per le tecnologie belliche statunitensi DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency) e la prolifica azienda robotica Boston Dynamics, rinomata produttrice di automi dall’aspetto fantascientifico e video virali dall’invidiabile successo sul web. E con essi, il riflettore continuamente puntato verso uno dei più discussi utilizzatori dei finanziamenti pubblici per la Difesa, spesso troppo orientato verso applicazioni lontane nel tempo perché l’uomo della strada, interrogando se stesso sull’utilità di simili invenzioni, possa approvare pienamente l’utilizzo a tal fine del suo contributo più o meno volontario nei confronti dell’erario di stato. Costituisce perciò un gradito ritorno alla forma di un tempo, soprattutto per tutti coloro che non hanno pagato di tasca propria, la nuova dimostrazione di alcuni minuti, relativa ai progressi fatti dai diversi fornitori nel quadro di un progetto iniziato nell’ormai distante 2014, relativo alla trasformazione di uno dei più assodati paradigmi del campo di battaglia. Nome in codice: GXV-T (Ground X-Vehicle Technology) ovvero la dimostrazione, lungamente attesa, che il fatto di avere più armatura armatura e quindi una mobilità minore, nei veicoli da combattimento, costituisca un sinonimo di maggiore sicurezza per il pilota e gli altri soldati coinvolti. Laddove l’interpretazione offerta dalla divisione dal Tactical Technology Office all’interno della tentacolare agenzia parla, stavolta, di mezzi più simili a dei fuoristrada, capaci di eludere il nemico in diversi e funzionali metodi, prima di portare a termine mansioni ricognitive o veri e propri assalti nei confronti di obiettivi reputati fondamentali. Non ultimo tra i quali, una mobilità aumentata, grazie ad approcci come le avveniristiche ruote messe in evidenza poco sopra, capaci di mutare in pochi secondi ogni regola precedentemente acquisita del gioco. Il sistema operativo delle Reconfigurable Wheel-Track, per adesso montato su un comune fuoristrada della serie Hummer adibito al trasporto truppe nei territori soggetti a uno stato di conflitto armato permanente, è un qualcosa che un tempo avrebbe dovuto essere visto di persona, al fine di fugare ogni dubbio di trovarsi dinnanzi ad un fantastico effetto speciale. Eppure esso compare senza alcun dubbio sotto l’occhio della telecamera, che a meno d’improbabili e complesse rielaborazioni, mostra in questo caso l’evidente realtà: mezzo modificato, che ne monta prima quattro e poi soltanto due nel semiasse posteriore, avanza con sicurezza per qualche metro, poi si ferma per un attimo e le ruote in questione cambiamo forma, da un cerchio perfetto a quello che in geometria viene chiamato triangolo di Reuleaux, ovvero una curva piana e convessa contenuta in due ipotetiche rette rotanti. Una delle quali potrebbe anche essere, nel presente caso, il terreno, se non che gli attrezzi in questione smettono a quel punto di girare, mentre gli pneumatici stessi, all’improvviso indipendenti, diventano facenti funzioni di un vero e proprio cingolo, come in determinati apparati per la mobilità invernale dei fuoristrada civili.
L’effetto è palese quanto immediato: la superficie di contatto della ruota col suolo aumenta esponenzialmente, mentre la capacità di sterzata del veicolo diminuisce di conseguenza, e così pure la sua velocità. Ma è proprio questa l’intenzione dei tecnici realizzatori dell’idea: poter disporre di un ipotetico super-Hummer (o mini-carro armato) capace di muoversi con la stessa agilità sulle superfici asfaltate o le superfici diseguali, qualcosa che neppure i potenti M1 Abrams, formidabili carri armati perfezionati al termine della guerra fredda, possono oggi vantare nel proprio registro d’azione. Benché essi possano raggiungere facilmente, in effetti, la velocità di 70-80 Km/h su strada, chiunque abbia avuto a che fare con loro sa bene che cosa succede nel caso in cui il pilota tenti a quel punto d’impostare la curva troppo impegnativa: una frequente, quanto inevitabile fuoriuscita di uno o entrambi i cingoli dalla loro sede, con conseguente immobilizzazione del mezzo. Qualcosa d’inaccettabile, nella concezione iper-moderna del GXV-T, secondo le linee guida della suprema responsabile, il maggiore dell’Esercito Amber Walker. Ma le idee rivoluzionarie che lei ha evidenziato, nel corso dell’ultimo anno in cui ha curato la supervisione del progetto, sono molteplici e tutti altrettanto degni di essere commentati…

Leggi tutto

Gli strani antenati dei moderni navigatori satellitari

È curioso e magnifico a vedersi: quel momento, durante un’occasione familiare o un pranzo di lavoro, in cui uno dei presenti nomina, intenzionalmente o per caso, la presenza amica nel traffico, quella signora contenuta nel cubo, l’essere virtuale che porta il suggestivo nome ripetuto: Tom, Tom. In una frase che suona in genere simile a: “E poi, c’è il TomTom, che…” Ed è lì, come da programma, che la situazione tende a sfuggire di mano: “Ooh, mi ricordo quando dovevo andare da…” Il navigatore è una meraviglia della tecnica che risolve ogni problema… Il navigatore è un diabolico marchingegno, concepito per mandare fuori strada le persone! Tutti sembrano avere un “aneddoto” o un “caso” da aggiungere alla discussione. “Quella volta in cui ho dovuto allungare, soltanto perché gli <algoritmi> di un dannato sistema <intelligente> avevano ricevuto notizie del traffico sulla tangenziale.” Ma sarà stato veramente così? OPPURE, quella volta in cui mi ha fatto imboccare un dedalo di vicoletti a senso unico, svoltando a destra, a destra, a sinistra, a destra, quando sarebbe bastato allungare di 2 Km per metterci la metà. Ah, quello stolto, imbelle “TomTom”. Di certo le specifiche del discorso possono variare, e qualche volta il colpevole viene identificato come Mr. Garmin, o addirittura qualcosa di avveniristico come l’app per cellulari Waze (nel quale, signora mia, le mappe vengono fornite dagli UTENTI, gli UTENTI si rende conto? E chi controlla la qualità!?) mentre l’opinione comune, un po’ come quella sui “disumanizzanti centri commerciali” o “l’inutile televisione” sembrano convergere sempre verso un consenso marcatamente negativo. Eppure, come l’oppio nelle fumerie del XIX secolo in quel di Macao, nessuno sembra poter fare a meno di questa gateway drug, l’allucinogeno che ci fa pensare, per qualche esilarante minuto, di conoscere veramente un itinerario verso destinazioni precedentemente inesplorate. La verità trasversale resta comunque configurata sul fatto che un moderno navigatore GPS, pur restando inferiore ad avere la strada perfettamente impressa nella memoria, consiste di un concentrato di tecnologia tutt’altro che indifferente. E la gente non comprende, davvero, la fortuna che abbiamo oggi, rispetto ai nostri predecessori generazionali.
L’uomo ha iniziato a perdersi, per strada o per mare, fin da quando esistono la ruota e il timone. Ma potremmo dire, in un certo senso, che una vera e propria soluzione abbia iniziato ad essere ricercata solamente a partire dal 1971, quando un’ignota azienda inglese, secondo questo video coévo del programma Tomorrow’s World presentato da Michael Rodd, produsse qualcosa di precedentemente considerato assolutamente inimmaginabile. Un sistema capace d’indicarti la strada. Già, ma come? Stiamo parlando di un’epoca in cui il posizionamento satellitare era ancora una tecnologia militare segreta di nome TRANSIT, usata per localizzare i sottomarini sovietici. Il che voleva dire che nessuna automobile, per quanto intelligente, avrebbe potuto comprendere di sua iniziativa dove si trovasse effettivamente in un dato momento X. Ma l’ingegnoso inventore di questo meccanismo, dal canto suo, seppe dimostrare un’interpretazione specifica del problema: “La necessità di sapere dove siamo serve soltanto se sbagliamo strada. Altrimenti, tutto quello che occorre per raggiungere l’obiettivo è un copione.” Il che significa in altri termini che l’apparato mostrato orgogliosamente nel video, in senso lato, non è altro che un mangianastri con diverse cassette corrispondenti ad altrettanti tragitti da A e B, oppure C e D. “Svolta a destra tra 100 metri, a sinistra alla rotatoria” e così via. Soltanto che, per ovvie ragioni, la registrazione non poteva essere riprodotta in maniera continua, e neppure si poteva chiedere al guidatore, mentre guidava l’automobile e cambiava le marce, di agire continuamente sui tasti stop, play e rewind della sua autoradio. Ed è qui che risiedeva, in buona sostanza, l’idea innovativa: poiché ciascuna di queste cassette presentava all’inizio di ciascuna indicazione un beep di lunghezza crescente, che poteva essere identificato automaticamente. Mentre il mangianastri in questione risultava collegato, tramite un sistema elettrico, al contachilometri dell’automobile, mentre una serie di schede perforate rimovibili permettevano di selezionare il diametro degli pneumatici sottostanti. Il che voleva dire che il sistema poteva conoscere l’estensione del tragitto già percorso dall’automobile, ed adattare le sue indicazioni di conseguenza. Naturalmente, un simile approccio diventava completamente inutile nel caso di variazioni benché minime dal sentiero preposto, come esemplificato dal presentatore che a causa di un cantiere  finisce per seguire indicazioni errate fino in fondo a un molo e giù, oltre gli argini del Tamigi. E scherzi a parte, tutti sembravano comprendere che al mondo servisse qualcosa di più…

Leggi tutto

Tagliaerba robotici contro il pericolo dei pendii erbosi

Il mondo moderno può riservarci a volte sorprese davvero straordinarie. Sapevate che è possibile acquistare oggi, a poco prezzo, un dispositivo che tosa l’erba in maniera straordinariamente efficiente? Dotato di quattro zampe indipendenti e una “testa” che risucchia via, letteralmente, la vegetazione indesiderata da ogni tipo di terreno, anche quelli più complicati… Mentre l’apposito dispositivo retroattivo rotante si occupa di scacciare le mosche e gli zoccoli sorpassano lievi ogni tipo di asperità. Ma Ca.Pra 15 è un tipo di soluzione oggettivamente, non alla portata di tutti. Ci sono persone che posseggono un appezzamento verdeggiante in situazioni urbane, dove la creatura belante potrebbe trovare difficoltà ad adattarsi o venire disturbata dal suono del traffico di passaggio. Per non parlare dei cani. E poi, che dire di chi ama andare in vacanza per periodi relativamente prolungati? Quel tipo di modello ha bisogno di un certo numero di attenzioni. Chi si occuperà, allora, di un simile Tamagotchi gigante?
Il problema del prato, per quanto si tratti di un’elemento dal notevole pregio decorativo ed arriverei a dire persino, inevitabile, è che non smette proprio MAI di crescere. Inverno, Autunno, Estate, Primavera. Come nei confronti settimanali con mostri giganti dei cartoon giapponesi, questa è una guerra che non può essere vinta in una sola, fulminea battaglia, ma che richiede dedizione costante, dal primo risveglio fino al giorno dell’imperscrutabile eternità. Ed è nell’abitudine, come sempre accade, che può attecchire il seme della disattenzione e a partire da esso, il fiore rosso del cappottamento imprevisto del trattore e purtroppo, il frutto dell’improvvido decesso. Immaginate voi, lo scenario: un uomo deve occuparsi del suo giardino sul retro, a partire dal portico fino alla recinzione situata strategicamente, sulla cima di una collina. Costui ha sempre amato l’apporto scenografico del dislivello di fino a 55° visto dalle finestre della vasta sala da pranzo, ma molto meno, invece, la fatica necessaria a tosarlo periodicamente tramite l’impiego di strumenti manuali. Così ecco che, per un giorno soltanto, decide di usare l’artiglieria pesante. Salendo la strada della condanna, a bordo del trono di comando, il motore a diesel che borbotta un avviso non ascoltato. Carrello di una montagna russa particolarmente malaugurata, il veicolo sale fin sulla cima, quindi inizia sistematicamente a percorrere il fianco della collina. Destra, sinistra, destra, sinistra… E una pietra non vista, d’un tratto, si frappone sul suo cammino. Le ruote anteriori si sollevano. Il mezzo, dal baricentro pericolosamente alto, inizia a inclinarsi su un lato. L’uomo trasale lasciando il volante e… STOP.
Fine della scena? Fine della SINGOLA scena. Perché se questa fosse una pubblicità del tipo “Dov’è finita la Coca-Cola” (I famosi infomercial statunitensi in cui il presentatore sembra aver perso ogni tipo di coordinazione motoria) si passerebbe adesso alla giusta soluzione di un tale imponente problema. Che passa, letteralmente, per il sentiero ideale del succitato animale barbuto. Per una Ca.Pra che può pesare, nello specifico, fino a 367 Kg. Certo, il tipico tagliaerba della pluri-premiata serie cecoslovacca Spider generalmente non ha le corna, ma è indubbio che il suo funzionamento possa dimostrarsi particolarmente risolutivo in tutti quei casi in cui il terreno è troppo inclinato per un trattore convenzionale, oppure non si desideri, per ovvie ragioni, di sedere in mezzo agli scarichi fumosi di un borbottante riciclatore d’anidride carbonica col volante. Il punto principale di un simile dispositivo, disponibile in varie dimensioni e prezzi, è che permette di separare il pilota dal meccanismo, riducendo notevolmente i possibili rischi a cui va incontro, sia nell’immediato che a lungo termine. Unendo inoltre l’esperienza di svago della guida di un grosso attrezzo radiocomandato con quella di una gradevole passeggiata in mezzo alla natura. E poi, ci sono tutti quei casi in cui di un simile approccio, semplicemente, non si POTEVA fare a meno…

Leggi tutto