Finito come un gambero dentro il cappuccio della lumaca inglobatrice

“Per te, il giorno in cui Melibe ha filtrato il tuo tratto di fondale fu il giorno più importante della tua vita. Ma per me… Era soltanto martedì”. Occorre prestare attenzione. Conviene coltivare rispetto. Nei confronti della Cosa che sia Allarga, spalmandosi ed aprendosi con chiaro intento, sopra la sabbia ruvida di una distesa carica di vita. Larve; vermi; isopodi; piccoli crostacei; microrganismi di almeno due dozzine di tipologie. Tutto sparisce, in una progressione rapida e implacabilmente reiterata, mentre la lumaca avanza e mette in pratica l’azione per cui è stata messa al mondo: soavemente nutrirsi, una boccata alla volta, “ripulendo” l’area brulicante da ogni forma o caratteristica in grado di renderla tale. Non è proprio fame o voglia di qualcosa, quanto l’essenza stessa del suo modus vivendi ovvero il senso logico secondo cui se sei davvero bravo nel fare qualcosa, tanto vale continuare a farlo, finché non potrai affermare d’essere il migliore. E caso vuole che parlando di questa creatura, un possibile Melibe viridis da una quindicina di centimetri ripreso dall’utente EmericBen nei pressi dell’isola di Bali, tale gesto sia rappresentato dall’aprire ed allargare la sua testa globulare, fino all’ottenimento di una letterale spatola con preminenze acuminate ai bordi paralleli. Che chiudendosi e aprendosi, poi chiudendosi di nuovo, assicura che le Cose Fuori si trasformino in Bocconi validi ad alimentare un tanto insolito organismo privo di un guscio. L’intenzione di costui, stimato membro dell’ordine dei nudibranchi, è del resto trasparente non soltanto perché costruita in base all’inevitabile obiettivo, ma anche in vero e proprio senso letterale, vista l’assenza di pigmentazione che permette di osservare ciò che ha recentemente fagocitato. Il che non è tanto un gesto di pura cortesia gastronomica, quanto un metodo, piuttosto efficiente, per mimetizzarsi da un potenziale nemico. Questo perché le lumache carnivore di mare sono solite proteggersi con un solo approccio: l’implementazione, all’interno del proprio stesso corpo, dei nematocisti o cellule urticanti prelevate direttamente dal corpo di un sifonoforo come la Caravella Portoghese, approccio in realtà inaccessibile per chi è solito, come il Melibe, nutrirsi degli esseri che vivono in mezzo alle sabbie, piuttosto che in corrispondenza della superficie marina. In materia di deambulazione, d’altra parte, l’effettiva efficienza di questa creatura potrebbe facilmente trarre in inganno, data la presenza delle 12 estrusioni laterali simili a “zampe” in realtà semplici esempi di quella parte anatomica definita ceras (pl. cerata) il cui scopo è ornare e caratterizzare le diverse specie di lumaca, venendo autonomamente rimosse e date in pasto a eventuali aggressori, un po’ come avviene con la coda della lucertola di terra. Mentre il nuoto, comunque possibile, avviene in genere mediante l’apertura e chiusura ritmica della grande bocca. L’M. viridis, dal canto suo, non è un esempio particolarmente grande, agile o veloce della sua categoria; soltanto un umile spazzino trasparente, il cui lavoro sembra consistere accidentalmente nel far piazza pulita d’incolpevoli entità incapaci di protestare. Ed anche questo, in fin dei conti, è la natura…

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Granchio inscatolato mostra perché timido non vuol dire indifeso

Molto delicatamente, il suono dello shamisen riecheggia negli oscuri abissi artificiali dell’acquario di Sapporo. Mentre una forma candida sembra osservare il ritmo della danza dell’epoca dei samurai. Grande, piccolo, forte, debole. Fanno differenza soltanto all’interno di una mente impreparata. Perché in verità, per dominare qualcosa occorre DIVENTARE qualcosa, riuscendo a mantenere il proprio senso dell’orientamento e l’intenzione originaria. Ma questo non significa che un tonno in scatola sia in senso lato, il padrone della scatola. Così come un bruco che si mimetizza sulla foglia, non può dirsi parte inscindibile dell’albero. Eppure proprio lui, con le sue mandibole specializzate, in qualche modo riesce a migliorare la sua condizione. Egli diventa strisciando, acqua-fuoco-vento ma non terra, poiché da quest’ultima, tende ad elevarsi. Sapete cosa invece parte nella forma di una larva zooplanctonica fluttuante, quindi vede crescere ben otto zampe per mettersi a camminare, più una coppia di possenti chelipedi per far del mondo il suo snack? Proprio lui, Calappa il granchio a scatola oppur granchio-dalla-faccia-timida, poiché sembra quasi nasconderla con la principale coppia d’arti, piatta e larga, che termina con quella doppia forbice dalla potenza significativa. Poiché questo intero genus, nato con lo scopo di nutrirsi di molluschi ed altri esseri dal guscio resistente, ha imparato attraverso i lunghi secoli a diventare come loro, ovvero ragionevolmente impenetrabile, coperto da uno spesso strato protettivo. Armatura delle epoche, corazza delle ostili circostanze: l’animale che possiede non soltanto la capacità di negare gli assalti, ma persino deviarli a lato, minimizzando il contraccolpo. Poiché se lo guardi, nell’accezione di una delle 43 specie riconosciute diffuse attraverso i mari tropicali del mondo, egli si presenta come un tutt’uno straordinariamente compatto, dalla forma trapezoidale con gli occhi sulla cima, e le zampette deambulatorie che fuoriescono a scompaiono a seconda del bisogno. Tali predatori e potenziali vittime dell’altrui fame (benché molti pochi pesci si cimentino nell’arduo tentativo di riuscire a masticarli) possiedono una dimensione che va dai 40 mm ai 120-130 del C. japonica, il gigante dalle macchie utili a mimetizzarsi sul fondale. Questo perché, nelle ore dall’alba al tramonto, egli è solito seppellirsi nella sabbia del fondale, ritornando a cacciare solamente col favore delle tenebre, benché un’espressione più specifica possa risultare, nei fatti, “distruggere cose”. Se ci fosse qualcuno pronto ad ascoltare, infatti, questa creaturina piena d’operosa voracità produrrebbe per le sue orecchie un ritmo sincopato simile a quello di un cantiere, mentre con la tecnica ben collaudata, s’industria nel crepare e fare a pezzi gusci di lumaca in rapida sequenza, prima di succhiare la gustosa carne contenuta all’interno. Poiché notoriamente l’asimmetria paga, per chi si sposta lateralmente attraverso le distese sabbiose del vasto mare…

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Un lupo, un ghiottone e un corvo entrano in un bar…

Avete mai osservato uno scenario naturale talmente perfetto ed interessante, così esteticamente raffinato, da assomigliare in ogni suo possibile dettaglio alla scena d’apertura di un film? Il misterioso utente di YouTube AJ Survey, paese di residenza la penisola della Chukotka, sembra averne postati diversi sul suo canale, grazie all’evidente combinazione d’istinto, ottimi strumenti fotografici ed il fascino di un territorio tanto diverso da ogni altro del nostro pianeta. Così ricorrono, nelle sequenze registrate da costui, le variegate figure di tre protagonisti particolarmente eterogenei, almeno in apparenza uniti dalla condivisione del proprio destino. Il più grande lo conosciamo particolarmente bene, poiché altro non è che l’antenato selvatico, geneticamente quasi indistinguibile del Canis lupus familiaris rimuovendo la penultima delle parole, per tornare all’archetipico nemico e divoratore dell’ingenua trasportatrice di cestini attraverso la foresta delle fiabe a noi più note. E togliendo anche quest’ultima, per non parlare della tecnica del branco almeno in molte circostanze, poiché forse a queste latitudini trovare il cibo è sufficientemente arduo per un singolo individuo, senza doversi preoccupare dell’ordine sociale dei propri simili & compagni. Al punto che la propria controparte operativa, tanto spesso, è rintracciabile nella figura simile ma diversa del Gulo gulo alias ghiottone o volverina, unico rappresentante del suo genus ma parte inscindibile della vasta famiglia dei mustelidi, di cui costituisce il più grande e pericoloso. Creatura carnivora certamente più piccola del lupo, ma altrettanto forte e forse ancor più ardua da soverchiare, come esemplificato dal suo morso temibile, capace di abbattere senza particolari difficoltà esseri della dimensione di un cervo ed un caribù. Tanto che in normali circostanze, mai e poi mai verrebbe in mente al canide di disturbarlo, se non fosse per il demone che induce in tentazione, occhi attenti ed ali dalle piume nere, interpretato nelle circostanze da un massiccio esemplare di Corvus corax (c. imperiale) che poggiando silenziosamente i propri piedi sulla neve intonsa, punta il proprio becco all’indirizzo del pegno di turno, osso chiaramente rimanente dall’ultima vittima del ferocissimo tasso delle nevi. Al che tensione, pericolo e una certa suspense, mentre il canide si allunga da lontano, per stringer tra le fauci un tale pegno prima che il rivale possa intercettarlo, facendo quindi una rapida inversione di marcia, prima di discendere dalla collina a gran velocità. Ma non fa in tempo, il nostro amico non-più-fido a ritrovarsi solo col maltolto, che l’alato messaggero giunge presto a disturbarlo, accompagnato da una coppia d’aiutanti dalle simili persuasioni corvine. Così si trova perpetrato, giorno dopo giorno, un sistema trofico chiuso e remoto, che vede frequente l’interazione delle tre creature, ciascuna a suo modo posta a suo modo in cima alla catena alimentare poiché priva di nemici in grado di arrecargli un qualsivoglia tipo di danno (fatta eccezione, ovviamente, per l’uomo). Situato molto appropriatamente presso le propaggini orientali del continente eurasiatico, dove i continenti sono prossimi a incontrarsi così come le ideologie e culture idealmente in contrapposizione di Russia e Stati Uniti. Per i quali fortunatamente, attraverso le generazioni e ancora adesso, manca da sempre la figura potenzialmente problematica di un corvo che sussurri soluzioni dall’economia ostile…

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L’astuto mimetismo del chimerico ragno formica della Malesia

Fondamentale nella classificazione di un animale risulta essere, in qualsiasi circostanza, il conteggio delle sue zampe ed altre parti anatomiche della sua dotazione complessiva. Quadrupede o bipede, mammifero ed uccello (generalmente) insetto ed aracnide (rispettivamente, 6 ed 8) per concludere con il decapode (si tratta normalmente di un crostaceo). Ecco, dunque, un enigma degno di essere affrontato: possiedo dodici zampe, 8 occhi e due teste. Cosa sono? Potremmo aggiungere ulteriori elementi alla descrizione, come la forma allungata dell’addome, le tonalità variopinte della mia livrea metallizzata o la maniera improvvisa con cui effettuo i miei balzi verso i margini della momentanea foglia di residenza. Ma tutto ciò non è realmente ed a tutti gli effetti necessario, per definire a scanso d’equivoci il surreale Orsima ichneumon, particolare specie di ragno salticida non più lungo di 5-8 mm e diffuso principalmente in Malesia, il cui aspetto fortemente distintivo anticipa alcune caratteristiche insolite del suo comportamento e stile di vita. Membro meno conosciuto della stessa famiglia del cosiddetto ragno pavone (Maratus Volans) dalle variopinte estensioni dell’opistosoma vagamente simili alla coda dell’uccello in questione, utilizzate durante un elaborato rituale d’accoppiamento, questa surreale creatura è infatti membra di un diverso genus composto esclusivamente di tre varietà, con le altre due diffuse, rispettivamente, in Indonesia ed Africa orientale. Altrettanto capaci, sebbene in maniera meno pronunciata, di sfruttare nella vita di tutti i giorni la propria somiglianza a particolari specie di imenotteri, generalmente varie tipologie di vespe e formiche, con prospettive mimetiche valide a scoraggiare varie tipologie di predatori. Ma soprattutto capaci di favorire la convivenza con membre di quest’ultimo, aggressivo raggruppamento d’insetti, le cui abitudini sociali non lasciano normalmente spazio alla convivenza con appartenenti a un diverso strato della foresta. Eppure eccolo, il nostro sgargiante ragno-vespa o ragno-formica che dir si voglia, sopra le foglie di piante o alberi ai margini della macchia boschiva, dove la luce del sole riesce a penetrare garantendogli una migliore visibilità diurna, mentre si aggira danzando nel territorio dell’uno o l’altro formicaio riuscendo a mantenere un monopolio delle foglie contenenti ghiandole nettarifere extra-floreali di bassi arbusti come il Clerodendrum, mediante l’approccio sistematico del suo aggressivo stile per procacciarsi il cibo. Già perché, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, tutte le specie di Orsima dotate dell’intrigante sistema mimetico sono erbivore in caso di necessità, avendo imparato attraverso i secoli a nutrirsi di nettare ogni qualvolta le prede viventi scarseggiano, per la potenziale presenza di altri più organizzati, aggressivi e feroci predatori. Il che conduce all’inevitabile domanda del perché, in considerazione di questo, il ragno non scelga di spostarsi su un’altra pianta mediante l’impiego della capacità di spiccare balzi grazie alla pressione dell’emolinfa contenuta nelle articolazioni, piuttosto che rimanere nell’area oggetto di tale competizione continua e pressione ecologica del formicaio. Almeno finché non si prende atto del suo particolare nonché risolutivo approccio al problema…

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