Alberi volanti di Natale

Elicottero di Natale

Grossi, rossi, visibilmente barbuti, con un sacco in juta sulla schiena, rigonfio di splendide o segrete regalìe. Un floscio cappello, dalla fodera in pelo d’orso polare. Possibilmente forniti con pesante ascia, oppure armati di multiple squillanti motoseghe, che amabilmente brandiscono cantando Jingle Bells. I boscaioli di Natale, raffigurati in molti testi per bambini, dovrebbero rispondere ad uno stereotipo stilistico, che è poi lo stesso di quel famoso personaggio stagionale. Che strana coincidenza. Anteriormente all’invenzione della Coca Cola, prima pure dell’antesignano santo e vescovo di Bari, le popolazioni dei paesi freddi, delle regioni artiche o sperdute, ben sapevano chi celebrare: l’intrepido sfidante dell’inverno, il cacciatore di legna utile a scaldarsi, bruciarsi, lo scavatore semi-selvatico della robusta corteccia vegetale. Colui che, con le sue armi, abbatteva gli altri abitatori del più profondo bosco. “Un’altra vittoria per il nostro taglialegna” proclamavano, salutandolo al ritorno, mentre trascinava la conifera sacrificale. Forse pure qualche volpe, un lupo (mannaro), anatre selvatiche o varia selvaggina, trasformata, mediante l’uso di proiettili, in squisito cibo per la festa. “…E almeno datemi una mano!” Borbottava lui, sotto quel carico pesante, fra gli attrezzi venatori, l’ascia e l’albero, le bestie stecchite nel suo sacco. Fortunatamente, lo spirito del Natale fu da sempre fonte di profonda reciprocità, se non di un senso avventuroso personale.
E gradualmente, dunque, siamo giunti a questo vezzo vagamente commerciale. La passione dell’albero, che puntualmente riceve le sue palle variopinte. Proprio come quando, poco prima del solstizio, dello Yule o del Sol Invictus, gli amici del boscaiolo prendevano l’abético virgulto, se lo portavano dentro la propria casa lunga, luogo di assemblea comunitaria, e lo vestivano di acciaio, d’oro, lo costellavano di argentei manufatti. Per una notte, celebrando la natura, così accrescevano i meriti del suo dominatore. Che con orgoglio poteva definirsi: Babbo Forestiere. E che oggi, invece, pilota gli elicotteri. Senza renne dal naso bio-luminescente, senza elfi, senza slitta e pure senza mani (quando gli squilla il cellulare) vola lieve sopra la foresta. Si cala verso terra, sradica un arbusto. Per presentarcelo in regalo.

Leggi tutto

Bolide giallo dei cieli di fuoco canadesi

43 Grupo

In tempo di pace come in guerra, dal permafrost polare fin sulle sponde nordiche dei Grandi Laghi americani, risuona l’inno della rossa foglia d’acero su quadro bianco: “O Canada, we stand on guard for thee. / God keep our land glorious and free!” L’immagine di quel grande paese, terra di lunghi fiumi, larghe foreste, alte montagne e antiche tradizioni, può talvolta sembrare remota, persino difficile da interpretare. Basti, ad esempio, ricordare l’irriverente rappresentazione che ne faceva il cartone di South Park, beneamato prodotto creativo, tra l’altro, dei loro stessi vicini degli Stati Uniti. Il fatto, da un certo punto di vista, potrebbe essere il seguente: circondati dalla natura splendida e incontaminata, rassicurati dalle più valide espressioni d’economia provvidenziale, da un sistema sanitario all’avanguardia e da una cultura collettiva straordinariamente tollerante, si comincia a ragionare in un modo avulso dal grigiore della cosiddetta globalizzazione. Dunque, in quell’immotivata diffidenza delle allegorie satiriche televisive, ci saranno tracce dell’invidia di chi aspira a simili valori, senza poterli riprodurre altrove. O magari, piuttosto, sarà il succo di quegli stupendi alberi, i dolcissimi Acer saccharum, a rendere i più fortunati dei loro consumatori…Fornendo strutture di pensiero trasversale, diverse da quelle di noi altri. Fatto sta che, ad oggi, dalle terre d’Occidente fin sulle spiagge del Mar del Giappone, mi sovvengono almeno meno tre motivi per ringraziare l’inventiva dei nostri amici del vasto settentrione: la tenda, la canoa e l’aereo.
E sorvolando tra le prime due, in modo particolare, vorrei spender due parole sul citrino Canadair CL-415, l’aereo a turboelica, con ala alta e scafo galleggiante, che nel 1990 ha raccolto la torcia (ignifuga) dei suoi predecessori, ponendosi in prima linea nell’eterna guerra contro l’elemento più amato-odiato dall’intera razza umana. Il fuoco! La ragione scatenante, nello specifico, sarebbe questo affascinante video, ripreso con telecamere di bordo, pubblicato tempo fa sui siti e sui portali del leggendario 43 Grupo de Fuerzas Aéreas, il corpo degli spengi-fiamme volanti dell’esercito spagnolo, tra i più celebri utilizzatori del temerario uccello idrico in oggetto. Passaggi rasoterra, calate vertiginose nella baia e rilasci d’ettolitri sul minuto; il tutto condito da un montaggio video d’eccezione. E se pure il Canada è uso ad alludere, nel suo inno, a guardiani non meglio precisati, nell’immaginazione collettiva la soluzione del mistero è presto chiara: si tratterebbe di piloti d’eccezione come questi, sulle loro macchine volanti, gialle quanto il sole.

Leggi tutto

Elicottero che svuota una piscina

Pool Helicopter

Braga brucia. Nelle aree urbane, moderni assembramenti di edifici con grandi masse di persone, l’incendio è una minaccia costante. Può bastare un incidente stradale, una fuga di gas o un falò di foglie sfuggito al controllo del giardiniere di turno per generare una situazione potenzialmente grave, in grado di arrecare ingenti danni alla proprietà, se non addirittura pericolosa per tutti coloro che dovessero trovarsi o passare da quelle parti. Gli espedienti preventivi sono sempre quelli. L’amministrazione comunale piazza gli idranti sugli incroci. I privati e le aziende dispongono gli estintori all’interno dell’edificio; si fanno esercitazioni, si tracciano piani d’emergenza. Poi, nel momento della verità, un attimo di negligenza e a conti fatti possono succedere due cose: tutto risolto in pochi minuti, oppure l’imprevisto. Tempo di chiamare gli specialisti, che affrontino la situazione per terra e perché no, anche dal cielo. In fondo, come si dice, per salvarti la casa ci vuole l’elicottero. Se ne vedono molti, fra luglio e agosto, che sfrecciano da un arido disastro all’altro con l’iconico secchione pieno d’acqua, da versare spietatamente sui figli più spropositati del dio Efesto, signore mitologico di tutto ciò che possa dirsi in qualche modo igneo o divampante. Purché trovino il fondamentale quibus. Un rapido sguardo all’immagine satellitare della terza più grande città del Portogallo, culturalmente latina fin dai tempi dell’imperatore Augusto, dimostra facilmente l’origine del problema. Perché se c’è una cosa che manca, attorno allo scenario di questo improvvido fenomeno di combustione, sono gli specchi limpidi da cui attingere l’essenziale risorsa H2O. A mali estremi… Ecco un pilota che non ama farsi degli scrupoli. Se c’è bisogno di acqua, lui sa sempre come fare. Anche a costo di doverla tirarla fuori dalla piscina di una casa privata, tagliando quasi, con le sue pale, la verdeggiante cima di una siepe.

Leggi tutto

Vecchia rassegna di strane macchine volanti

Flying machines

Quante persone hanno perso la vita tentando di librarsi? Geniali inventori, temerari, avventurosi sperimentatori dediti a un sogno, la sublime visione dell’uomo che restituisce al mittente l’imprescindibile vincolo della gravità. Raggiungere l’obiettivo di un’idea avveniristica, il più delle volte, richiede un certo numero di sacrifici. Jean-François Pilâtre de Rozier, pilota di una delle prime mongolfiere, sospinto dal vento delle sue brame precipitò con il suo mezzo, mentre tentava di attraversare il canale della Manica, sul finire di un cupo 1785. Franz Reichelt, sarto di origini austriache e inventore del paracadute, nel 1912 ottenne dalle autorità francesi il permesso di provarlo mediante l’impiego di un manichino. L’avrebbe lanciato da sopra la svettante torre Eiffel; un tonfo terribile annunciò la sua sconfitta. Eppure era così certo… Tanto da essersi scambiato col pupazzo, rimettendoci le ali, il futuro e il bene prezioso della sua stessa vita. Mongolfiere, dirigibili, ornitotteri a pedali, bizzarre viti volanti… Nel regno di una scienza esatta, l’aerodinamica, non c’è un grande spazio per gli eccessi di una mente sregolata. Oggi, un centinaio di anni dopo, ci ricordiamo dei migliori prodotti e dei più sfortunati pionieri, sacrificatisi presso l’altare del progresso, le cui creazioni hanno sancito valide scoperte e nuovi approcci metodologici al problema; guardiamo indietro al genio di costoro, soddisfatti e cautamente grati, seduti durante un comodo volo tra i diversi continenti. Che secolo, quello dell’aviazione! Nessuno potrebbe mai disconoscere tali e tanti meriti, empirici e trascendenti, sospesi tra la filosofia e il più profondo suolo. C’è un qualcosa, però, che non viene spesso celebrato. Tutte le vie di mezzo, i mille alti e bassi di chi ha sfidato ogni regola, creando qualcosa di straordinario come la neve di agosto, altrettanto destinato a sciogliersi per l’effetto di un clima avverso. I dissennati, i capoccioni e i pitagorici costruttori di aggeggi sconclusionati. “Quei temerari, sulle loro [strane] macchine volanti”. La folle raccolta di cinegiornali in cima al presente post, gentilmente pubblicata dal Museo dell’Aviazione di San Diego, ci aiuta nel rimetterli sul giusto piedistallo.

Leggi tutto