L’elicottero distruggimontagne

Sunndalsora

Un boato straordinario riecheggia all’interno del fiordo di Sunndalsøra, nella regione norvegese di Nordmøre. Si tratta di un elicottero dell’amministrazione pubblica stradale, che assolve coraggiosamente alla sua missione più difficile: scardinare dalla parete rocciosa di un monte, a strapiombo sul mare, un grosso macigno, prossimo alla caduta sulla via di Oppdølstranda, costituendo un grave rischio per la sicurezza. Il tuono assordante proviene, mirabilmente, da una grossa sfera da demolizione rossa, agganciata mediante l’uso di un lungo cavo al velivolo, come una sorta di pesante mazza medievale. Si riesce facilmente ad intuire l’abilità del pilota, dotato anche di una freddezza d’animo non indifferente, nonché l’ingegno necessario alla preparazione di una simile impresa, forse il modo più spettacolare e pratico per risolvere un così significativo problema. Eppure questa non è che l’ultima puntata dell’eterna guerra fra uomo e natura, che all’interno di un tale emiciclo naturale, con le caratteristiche innate di un vero teatro, pare assumere un tono epico, quasi riecheggiante del sapore delle antiche leggende norrene.
Jörmungandr, il serpente che circonda il mondo, si agita nelle profondità marine, creando poderose ondate e maremoti. I giganti, progenie di Ymir, attendono pazienti il momento di scendere dalle cime nebbiose che ci sovrastano, per poter finalmente saziare la loro tremenda fame di carne umana. Sospesa nel mezzo, indifferente alle acque turbinose e all’incombente pietra, si estende la strada asfaltata, spavaldo simbolo del regno umano di Midgard. Come avviene nell’epos di ogni cultura e paese, tuttavia, i confini che separano il mito dalla materia non restano mai del tutto inviolati. Può capitare che un troll dei boschi d’altura, colto all’improvviso dalla luce dell’alba, si trasformi in un pietrone in bilico, pericoloso per se stesso e gli altri. Oggi la soluzione va ricercata nel mondo della tecnologia. C’è stato un tempo, invece, in cui ci saremmo affidati ad un altro tipo di eroi.

Thor, il più nobile e fiero tra i signori di Asgard, è sempre stato un dio affine agli esseri umani. Molti sono stati gli orribili mostri sconfitti grazie all’ardore che aveva in battaglia, ai suoi muscoli possenti e ai tre oggetti magici che portava sempre con se: la cintura della forza, Megingjörð; i guanti della possenza, Járngreipr; il martello che tornava indietro una volta lanciato, l’essenziale Mjölnir. E fu proprio usando quella fortissima arma, raffigurata spesso nei simboli delle diverse religioni scandinave, che lui riusciva nelle sue più grandi imprese, le sanguinose gigantomachie o le uccisioni di draghi, eotenas, grendel e altre ferrigne creature che sconfinavano oltre le loro profonde tane, minacciando noi deboli mortali.
Il figlio di Odino, per chi è in grado di riconoscerlo, ancora galoppa incontro ai nostri nemici. Soltanto, al posto della cintura ha un motore. A far la vece dei guanti ci sono un paio di eliche vorticose. Il suo carro volante, trainato da capre, ha preso la forma imprevista di una moderna macchina dei cieli. La pietra-troll di Sunndalsøra crolla ben presto sotto la sua furia, scomparendo nei flutti senza poter più arrecare alcun danno. Una profezia afferma, tuttavia, che un giorno persino quel dio formidabile dovrà farsi da parte. Quando il sole e la luna saranno divorati dai lupi, il grande albero sacro avvizzito e la progenie immortale andrà incontro al crepuscolo, non avremo che l’elicottero a salvarci dal disastro. Non per niente si dice: Ragnarök. O meglio Ragnarock…Rag-na-rock(pietra). Per sopravvivere a quella particolare frana, dunque, qualcun altro dovrà imporsi come dominatore dei fenomeni naturali. Oltre i dogmi e le credenze superstiziose, armato unicamente del potere della scienza.

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