Ormai da sette anni, potenti macchine producono rumori roboanti sotto un tratto di mare che potremmo definire come principale passerella automobilistica a vantaggio di balene e gabbiani dell’Atlantico del Nord. Là dove i veicoli del consorzio umano vengono ordinatamente caricati sopra imbarcazioni del fiordo di Bokn, quindi condotti all’altro capo come parte di un viaggio di gran lunga troppo ordinario per poter essere chiamato avventuroso. Troppo frequentemente ripetuto, onde mantenere sufficientemente alta la soglia d’interesse dei suoi annoiati praticanti. Il quale tenderà nei prossimi anni, in forza di ciò, a diventare totalmente obsoleto. Quando i grandi bruchi sotterranei sotto il fondale, partiti rispettivamente da Randaberg e Bokn, s’incontreranno al centro esatto di quel sito sotterraneo, completando i 27 Km del più lungo e profondo tunnel sottomarino costruito nella storia del mondo. Un buon punto d’arrivo se non fosse, più che altro, tappa intermedia verso il più ambizioso degli obiettivi comunitari.
Uno degli stereotipi perpetuati a livello internazionale può riassumersi nell’opinione secondo cui gli abitanti d’Europa non capirebbero le lunghe distanze. Di un continente relativamente piccolo e compatto, dove la relativa densità dei confini nazionali e centri urbani privilegia ulteriormente gli spostamenti brevi, favorendo l’acquisto di automobili meno potenti, l’utilizzo dei mezzi pubblici e le aspettative in merito a infrastrutture stradali capillari e ben funzionanti. Laddove il punto chiave è situato proprio in corrispondenza di quest’ultimo aspetto, coadiuvato dal modo in cui ben pochi luoghi nel centro pulsante del Vecchio Mondo possano essere paragonati ai grandi tratti pianeggianti nelle zone centrali di Nordamerica, Russia o Cina. E questo senza entrare poi nel merito di luoghi dalle problematiche ed aspetti particolari, come la parte esterna della propaggine abitabile chiamata complessivamente “Scandinavia” di cui la nazione norvegese presenta svariati aspetti paesaggistici del tutto privi di paragoni. Tra cui un entroterra troppo accidentato ed una costa, modellata dagli eoni geologici di ghiacciai e scongelamento, scoscesa e frastagliata quanto il taglio di un vecchio attrezzo da giardino. Trattandosi cionondimeno del settore longilineo maggiormente popoloso ed economicamente rilevante al di sotto del Circolo Polare Artico, grazie alla disposizione, come anelli di una lunga collana, di una significativa serie d’insediamenti dalle dimensioni più disparate. Così da motivare già agli albori dell’epoca moderna, lungo un asse che si estende per 1.330 Km, la costruzione di una delle arterie stradali più importanti, assumendo in seguito l’appellativo di Europavei o “Strada Europea” 39. La quale presentava, d’altra parte, un significativo problema nella lunga quantità di attraversamenti tramite l’impiego di traghetti con un tempo di percorrenza medio tra i 20 e 40 minuti, in grado di incrementare i tempi di percorrenza per l’intero tragitto a fino a 21 ore per un automobilista moderno. Praticamente il tempo equivalente a percorrere circa il doppio del tragitto spostandosi tra le città statunitensi di New York e Dallas…
Il progetto denominato Ferjefri E39 o Strada Europea Senza Traghetti riesce dunque finalmente a prendere forma nel 2013, durante il secondo governo dell’amministrazione del Primo Ministro Jens Stoltenberg, laburista fortemente incline a sostenere la spesa pubblica nella costruzione di opere dall’alto grado di visibilità e presunto ritorno del capitale investito. Sebbene i detrattori in patria non manchino, relativamente alla natura estremamente dispendiosa degli ammodernamenti praticati lungo il corso delle ultime decadi entro questa terra dalle molte complessità paesaggistiche latenti. Con già quattro attraversamenti navali della strada sostituiti, a partire dagli anni ’90, mediante l’utilizzo di tunnel e ponti, la parte se vogliamo più accessibile aveva già in effetti raggiunto il suo obiettivo finale. Portando sotto i riflettori il successivo stanziamento di copiosi fondi per progetti dal grado di complessità esponenzialmente maggiore, con il maggiormente spettacolare incline a concretizzarsi nella provincia del Rogaland, entro un vasto e aperto fiordo marino situato in posizione strategica tale da impedirne l’efficiente aggiramento. Da cui l’idea per qualcosa di già installato con successo in altri luoghi, sebbene mai con proporzioni e complessità paragonabili al caso attuale. Nasce in questo modo il Rogaland fastforbindelse o più in breve “tunnel di Rogfast”, destinato a superare di ben 3 Km i già notevoli 24 del Lærdal nell’entroterra ad Aurland, l’attuale tunnel stradale più lungo al mondo. Nonché il più esteso tra quelli condizionati da uno specifico, “trascurabile” dettaglio: il fatto di trovarsi quasi integralmente a svariate centinaia di metri (fino a 392) sotto il livello del mare, qualcosa di assolutamente non trascurabile quando si sta parlando di una distanza pari a quella dei trafori del Gottardo e del Monte Bianco messi l’uno di seguito all’altro. Con la conseguente serie di difficoltà e sfide ingegneristiche che potrete facilmente immaginare. Dato lo stanziamento iniziale di circa 1,70 miliardi di euro in larga parte prestati dallo stato, i lavori ebbero maniera di concretizzarsi a questo punto nell’inverno del 2019, per poi essere bloccati al sopraggiungere della prima stagione calda causa stime rinnovate in base a costi e tempi di completamento prospettati su carta. Con un totale rivisto ai 2,1 miliardi e l’arretramento significativo della data d’inaugurazione fino al 2033, dall’originale ed ottimistico 2026-27. Con molte pratiche ragioni individuabili nella complessità geologica del terreno oggetto del traforo, discontinuamente composto di fillade, scisti, arenaria e gneiss. Oltre alle difficoltà logistiche nell’approvvigionamento di strumentazione e materiali. Di particolare rilievo, in tal senso, la prevista installazione di uno svincolo a forma di rotatoria con uscita intermedia verso l’isola da soli 500 abitanti di Kvitsøy, che con la propria collocazione a 260 metri di profondità risulterà la più profonda soluzione infrastrutturale di tale categoria mai prospettata prima del caso in oggetto. Per un approccio non del tutto privo di precedenti nel territorialmente complesso paese nordico, quasi certamente quello con maggior esperienza nella viabilità sotterranea nell’interno panorama globalizzato vigente.
Avendo ripreso gradualmente a partire dall’anno 2020, indifferenti per quanto possibile agli anni del Covid, i lavori oggi procedono a regime mediante per entrambi i “tubi” paralleli da due corsie ciascuno, attraverso l’uso del sistema combinato di drilling and blasting, basato sull’impiego copiose quantità di esplosivi subito seguiti dall’installazione di tratti di galleria prefabbricata e strutturalmente autosufficiente, largamente lasciata aperta ai lati per mostrare a vista la nuda roccia grezza, come da tipica tradizione delle gallerie norvegesi. Con il vantaggio largamente acclarato di rendere il tragitto più interessante agli automobilisti, minimizzando per quanto possibile il rischio di noia e conseguente calo della soglia di attenzione o vero e proprio addormentamento. Ancorché sia opinabile il fatto che un’esperienza simile superi da questo punto di vista l’eccezionale panorama offerto dall’attraversamento navale di un fiordo. Ma non tutti gli obiettivi possono essere perseguiti allo stesso tempo, giusto? E quasi sempre l’avvicinamento ed effettiva cancellazione delle distanze deve prendere il sopravvento sull’osservazione del nostro familiare mondo. Essendo giunta a costituire, da ogni punto di vista rilevante, l’approssimazione maggiormente apprezzabile, tra quelle di cui possiamo disporre, al viaggio accelerato nel tempo.


