Rivelato il trailer di Dynasty Warriors 8: le origini di un mito

La Terra di Mezzo non è solo quella di Elfi, Goblin, Hobbit e antichi Stregoni. Nel mondo reale infatti esiste una nazione lontana, nota da millenni con il nome di Paese Centrale (中國) i cui miti e leggende superano persino la più sfrenata e moderna fantasy d’autore. Stiamo parlando della Cina, e in modo particolare di un periodo tra i più famosi della sua storia millenaria. L’anno è il 220 d.C, coèvo all’incirca a quello in cui l’Impero Romano si avviava verso la totale anarchia militare. Nel grande Oriente la dinastia Han, che regnava incontrastata da ben quattro secoli, si trova improvvisamente in crisi. Una serie di gravi e sanguinose ribellioni, non del tutto dissimili da quelle più recenti dei Taiping e dei cosiddetti Boxer, stanno gettando nel caos il paese, mentre prodigi e disastri naturali rendono chiaro che l’Imperatore ha perso il Mandato Celeste, ovvero la concessione divina a governare. Sullo sfondo di un paese ormai in piena guerra civile, tre eroi si incontrano in un giardino di peschi e pronunciano un solenne giuramento: da quel giorno in poi, come fratelli di sangue, combatteranno per unificare nuovamente la Cina e restituire al popolo la pace. Sono Liu Bei, legittimo erede al trono imperiale, Zhang Fei, temibile guerriero e Guan Yu, l’uomo dalla favolosa barba, colui che verrà un giorno canonizzato come divinità cinese della guerra.

Ci sono giochi che non rispettano il loro materiale di partenza. Il classico tie-in cinematografico o letterario, per poter fornire un’esperienza più ludicamente funzionale, aggiunge scene d’azione, allunga le battaglie, riduce la storia ad appena qualche scenetta d’intermezzo e per di più cambia ruolo e potenzialità dei personaggi principali. Non è raro vedere complessi racconti traformarsi in beat’em’up frenetici e insensati, in cui si corre da un lato all’altro della mappa abbattendo un nemico dopo l’altro, come fossimo invincibili supereroi da fumetto. Proprio come succede nella serie Dynasty Warriors, ma con una significativa differenza: qui è tutto perfettamente logico e giustificato, tanto valido nel mondo dei bytes interattivi quanto profondamente radicato nell’epica e nel materiale di partenza. Perchè questa serie di giochi è dichiaratamente tratta dal Romanzo dei Tre Regniclassico della letteratura del XIV secolo ricco di allegorie taoiste, prodigi e guerrieri straordinari. Quando il giocatore carica con la sua lancia centinaia di soldati nemici alla porta di Hu Lao, scavalca le murate in fiamme di affollati battelli fluviali presso Chi Bi o assiste alle gesta straordinarie di Zhao Yun, il generale che sfidò da solo un esercito intero per salvare il figlio del suo signore, potrà quindi farlo con una certezza: ciascuna di queste scene è assolutamente logica nel suo contesto, nonchè già stata oggetto di innumerevoli rappresentazioni teatrali, pittura d’epoca, poesie, sceneggiati televisivi e film di successo. Dynasty Warriors non è semplicemente un picchiaduro a scorrimento per le nuove generazioni, caotico e un pò ripetitivo, ma la perfetta rappresentazione moderna di un’antica saga. Ripetuto all’infinito come le leggende trasmesse per via orale, ma ogni volta leggermente diverso per il modo in cui i protagonisti si comportano, agiscono e nell’importanza data a ciascuno degli episodi che compongono la storia. Anche l’utilizzo di evidenti anacronismi e soluzioni fantastiche per costumi ed armi può trovare giustificazioni nella cultura giapponese, da sempre abile nel reinterpretare l’estetica dei loro vicini continentali con fantasia sfrenata e una particolare creatività scenografica.

In Dynasty Warriors ci sono personaggi, come il grande stratega Zhuge Liang, che sono con noi fin dall’inizio, ed altri che compaiono volta dopo volta in espansioni incrementali, per quello che rimane comunque un videogioco soggetto ad esigenze e costi di sviluppo moderni. In questo nuovo episodio, presentato finalmente con un trailer in occasione del 7777esimo follow dell’account ufficiale su Twitter, assisteremo tra gli altri all’entrata in battaglia di Li Dian, generale al servizio dell’usurpatore Cao Cao (pronuncia Tsao Tsao) armato di una spropositata alabarda circolare rotante, nonchè dell’improbabile Lu Su, un consigliere del re di Wu che qui compare impugnando forse il primo ed unico rastrello da guerra della storia. Tra le nuove caratteristiche del gioco, annunciate con entusiasmo invidiabile dall’iperattiva voce giapponese fuori campo, una tecnica di contrattacco definita variable counter, la nuova classe di super-mosse dette storm rush e la possibilità di potenziare temporaneamente il personaggio effettuando una awakening action.
Considerato a volte dalla critica come un esempio di tutto ciò che non va nei videogiochi giapponesi moderni, sempre uguale a se stesso e poco innovativo, Dynasty Warriors è invece a mio parere un gioco divertente nella sua immediatezza, difficile quando necessario e dall’ambientazione particolarmente interessante. Sarebbe un peccato relegarlo a margine, insieme agli innumerevoli spin-off basati su manga e cartoni animati, spesso più conosciuti e apprezzati in Occidente ma non altrettanto significativi e divertenti.

 

 

 

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