Bevi lo splendore tenebroso della vodka d’unicorno

Viniq

Quattro colpi sulla porta, una pausa, due mezze girate di maniglia, una pausa, due colpi sullo stipite della finestra. “Alchimista! Portaci una pinta della tua ultima invenzione.” Tempi duri a Rasholok, la terra dei cinghiali zannuti con due teste. Dopo l’interruzione dei rifornimenti di mercurio, dovuta alla guerra prolungata con i regni del nord, lo Spirito Arcano si è esaurito ormai da tempo. Causando la rovina finanziaria di tutti quegli stregoni, guaritori, farmacisti da banco e addetti ai calderoni di stato che negli ultimi anni, grazie alla furbizia e l’intuizione, avevano cavalcato l’onda dell’entusiasmo collettivo per il trasformismo temporaneo ai fini d’intrattenimento. Impossibile, di questi tempi cupi e sfortunati, preparare Kora-Olah la pozione ambrata, spumosa e un po’ frizzante, che può donar la guisa di un orso polare quando fuori c’è la luna piena (o in particolari periodi dell’anno, di un vecchio barbuto con l’abito imbottito, grande amico delle renne). Come del resto, anche della mistica lattina del Toro Bordeaux, in grado di far spuntare gli arti piumati degli uccelli e usarli per spiccare il volo, ahimé: non v’era traccia residua. Così mentre tutti i migliori guerrieri, paladini, negromanti e cacciatori di vampiri del regno finivano per arruolarsi e andare al fronte, al semplice scopo di poter provare ancora quella splendida emozione nei bar degli altri territori, il gusto e il senso d’essere qualcosa d’altro, erano sempre meno i liberi praticanti dell’antica arte, di alambicchi, botticelle e beveraggi, che accaparrandosi un carro di contrabbando, giù nelle cantine, cuocevano l’equivalente mistico della moonshine. I puri, veri e duri addetti al beveraggio. In grado di mescolare aromi e mescere emozioni, si, ma anche recarsi nel profondo della foresta, spada alla mano, alla ricerca travagliata di nuovi ingredienti. “Allo Stegosauro Loquace. Lot, dove mi hai portato? Questo posto è una totale fesseria.” Tintinnando lievemente, l’uomo in armatura si voltò a tre quarti, portando istintivamente la sinistra sul pomello della spada da fianco. Lo stregone squattrinato Loath’eb, dall’ombra del cappuccio stellato, rispose senza guardarlo negli occhi “Se ti dico che è vero, tu non dubitare. Me l’ha sussurato un topolino del quartiere del porto, sai gli informatori del vecchio Bokothai? Si, lo strigo. Beh, non voglio fartela troppo complicata…Ma gli sto dando la caccia, per conto del governo.” Una lieve folata di vento fa muovere l’insegna, appesa appena sotto il nuovo cartello del TUTTO ESAURITO; “Tu COSA? Capisco aver bisogno di soldi, ma è la cosa più ridicola…” SBRANG. Un tuono roboante dall’interno della casa, seguìto dal rumore di qualcuno che sale le scale della cantina, seguìto da un leggero cigolio, della porta che si apre per mostrare una ragazza in abito completamente bianco, con i capelli acconciati nello stile di una sacerdotessa numeriana. “Ah, ah, è qui il laboratorio dello sghembo zoppicante? Gentile signora, sto cercando l’orbo gobbuto!” Fece Loath’eb, battendo il suo bastone magico a terra, in un trionfo di scintille inutilmente scenografiche dalla sommità della grossa sfera d’ossidiana sulla cima. Chi si fosse voltato, in quei momenti, verso il grande e grosso Stan, guerriero di accompagnamento della gilda degli avventurieri, l’avrebbe visto mentre si copriva gli occhi con un moto di vergogna, la bocca distorta in una smorfia. “Al-chi-mi-sta” mimava intanto l’altro, all’indirizzo della giovane, facendo il gesto di versare. D’un tratto, la candida e voluttuosa figura si fece da parte, indicando con lo sguardo verso il fondo del salone. Lì, una scala scompariva nell’oscurità. Ma prima di scoprire cosa c’era sotto, beviamo.
Luoghi mistici e perversi, antri segreti, discoteche roboanti della febbre del sabato sera (39° 40° e 41°) tutti luoghi che hanno in comune un singolo e stupefacente tratto distintivo: proprio lì, può succedere qualunque cosa. Addirittura di trovarsi di fronte all’impossibile, contemplare la sua fluida e splendida presenza, per poi decidere, con il superamento del momento di sorpresa, che è giunta l’ora di mettersi a trangugiare. Imbibarsi, carburare, tracannare cosa? Gli esperti produttori lo chiamano… Viniq. È la sostanza vagamente perlacea che vedete nel video qui sopra, turbinante in un bicchiere, in forza di quella che sembra una pulsione misteriosa. Potrebbe sembrarvi, questo, un fluido totalmente nuovo, infuso di un sapore mai provato, ma in realtà si compone in massima parte di comune premium vodka, abbinata con l’aroma lieve del vino muscat. Meno male, aggiungerei: niente di sovrannaturale. Ma quivi è stata aggiunta, chiaramente, una certa dose di quello che viene definito dal marketing aziendale “Un luccichìo del tutto unico” Wow, assolutamente irrinunciabile! Del tutto, incredibilmente invitante! Guardate che storia: un bicchiere ricolmo di questo nettare, se fatto oscillare, sviluppa un’evidente cursus rotatorio, con il suo contenuto che pare mimare il movimento delle nubi in un uragano, oppure il turbine di una tempesta nell’oceano. Le particelle procedono con moto perfettamente parallelo (anche detto lamellare) finché due di loro, per l’effetto inevitabile del Caos, non finiscono per scontrarsi, generando una reazione a catena che conduce a una totale turbolenza. Quindi, nel bicchiere nascono zone distinte, in cui la luce viene riflessa più o meno, e il movimento della superficie appare regolare, poi indistinto. Qualcuno intravede in simili dinamiche, addirittura, il lento comportamento della nostra Via Lattea, questa spirale dalle proporzioni galattiche, le cui braccia sono [polvere di] stelle. esattamente come ciò che si agita dentro l’invitante fluido, da mescere con cura, affinché l’effetto ipnotico non porti a sbagliare disastrosamente mira. E chi potrebbe mai resistere, al richiamo lubrico del cosmo infinito?

Sostanzialmente, questo Viniq altro non sarebbe che l’applicazione al vasto campo del food & beverage di un vecchio sistema per dimostrare il comportamento dei fluidi, definito in gergo approccio reoscopico, dal greco rheos (corrente) e scopos (osservare). Processo generalmente messo in atto con sostanze tutt’altro che commestibili, come la polvere di mica o di alluminio, e che ha costituito per anni un’importante passaggio nello studio dell’idrodinamica, sfruttato ad esempio per sperimentare l’efficienza del progetto di uno scafo nautico, grazie all’immersione in una vasca trasparente ricolma di queste sostanze. Almeno fino all’invenzione dei sistemi di simulazione informatica, che hanno permesso di trovare approccio più flessibili ed immediati per implementare una più vasta gamma di situazioni e possibilità. Ma la mica, che non è affatto tossica anche se non commestibile, poi altro non sarebbe, nei fatti, che la polvere impiegata in molti cosmetici per dargli brillantezza, talvolta assieme a dei composti chimici di vario tipo, ed in altri casi sospesa nelle bottiglie di shampoo per creare l’effetto di attraenti brillantini, letterali specchietti per le allodole sugli scaffali dei supermercati. Tutt’altro che difficile, dunque, da ordinare in grandi quantità, per sperimentarne l’utilizzo in qualsivoglia tipo d’esperimento possa essere partorito dalla mente più fervida e pericolosa al mondo: quella degli hobbisti creativi, alla ricerca di svago durante il proprio tempo libero. Personaggi come Ben Krasner, ex-impiegato del settore realtà virtuale della Valve, nonché costruttore di questo fenomenale (o fenomenologico) tavolino da caffé, all’interno del quale vortica l’incommensurabile segreto della creazione. E cosa potrebbe mai esserci di meglio, per sedersi e bere con visitatori inaspettati un sorso di Viniq?

Rheoscopic Fluid Table
È importante notare come l’invenzione di un recipiente di osservazione reoscopica non sia nuova, ma risalga almeno al 1968, quando l’artista Paul Matisse brevettò la sua serie dei Kalliroscopi, opere interattive basate sulla mica e l’alcol tetrachloroethylene, che oggi valgono cifre estremamente considerevoli.

“È un modo affascinante di passare il tempo, vi dico.” Sotto il suolo di Rasholok, nella fabbrica oscura dei sogni, il vecchio Bokothai gira ancora il contenuto fumigante del suo grande cratere in bronzo lavorato. Seduti attorno a un tavolo, gli ospiti fissavano il vuoto, chiaramente indecisi sul da farsi. “Vedi Stan, amico mio per sempre fedele? E vedi, Lot, stregone mendace e traditore che firma stupidi contratti con la gendarmeria del Re?” Se un’ombra poteva accigliarsi, in quel momento, il volto indistinto sotto il cappuccio sembrò farlo con trasporto. “Il contenuto di questo calderone, in effetti, non è nulla di nocivo. Nonostante l’embargo dovuto alle mire di conquista dei nostri augusti generali, sul mercato della Quinta Dimensione permangono due tipi di sostanze.” A questo punto, il padrone di casa lasciò il mestolo, per recarsi al suo portale di comunicazione astrale. L’oggetto, appoggiato su di un mobile dall’aspetto niente affatto impressionante, aveva una forma grossomodo rettangolare, perennemente riempita da una luce intensa e colorata. Sedutosi di fronte al meccanismo, lo strigo fece scorrere un apposito ripiano, con sopra la versione in piccolo della pianola di un organo da chiesa. Non che i due bruti all’altro lato della stanza ne avessero mai visitata una. Impugnando con la mano destra il selezionatore di elementi, cliccando un paio di volte, Bokhotai esclamò: “Guardate, stolti, AMAZONIUS.” Loaht’eb, gli occhi sbarrati, a quel punto aveva compreso la realtà. Voltandosi verso l’amico guerriero, iniziò a spiegare: “Questo è certamente…Inaspettato. Il nostro amico birraio non ha semplicemente ucciso un equino cornuto nella tenuta del castello, ah, magari l’avesse fatto! Ha invece violato le leggi stesse della natura, ordinando gli ingredienti dal regno dei demoni al confine del continente di fuoco. Sa…Sacrilegio?” Nel frattempo Stan, lungi dall’essere impressionato, fece cenno allo strigo di continuare: “Ecco, appunto, non perdi mai l’occasione. Leggete qui: Wiltons-Sparkle-Gel. È un prodotto che gli abitanti del regno della Terra usano per decorare le loro torte. Nonostante l’aspetto sovrannaturale, non contiene altro che glucosio e grassi animali, assieme a degli additivi che appartengono al regno della CHI-MI-CA, la versione demònica dell’alchimia. Gli abitanti della quinta dimensione, stando alle mie ricerche, lo usano anche per dare brillantezza ad un particolare tipo di dolci, concepiti per rassomigliare al carbone e dati in particolari ricorrenze ai loro bambini che si sono comportati male.” Loath’eb trasalì: “Ma è terribile!” “No, in realtà il sapore è piuttosto gradevole, anche se vanno masticati con estrema attenzione. Se vuoi assaggiarli, ne ho ancora qualcuno dall’ultimo…” Uno schianto improvviso seguito dal suono della maglia metallica contro le piastre, mentre Stan si alzò di scatto, lasciando cadere la sedia a terra: “Tu! Io! Tu hai… Vuoi dire che…” Dalla cima della scala per scendere in cantina, la fanciulla in bianco era tornata, all’apparenza soltanto per fare atto di presenza sulla scena. Dopo un’attimo d’esitazione, ella nitrì.

Viniq DIY
Il Viniq non è particolarmente difficile da riprodurre, come qui fatto da lanas_tails di TasteMyBar, anche visto che “l’ingrediente segreto”, se così si può chiamare, è un tubetto di gel liberamente venduto sul mercato. La forza del prodotto, semmai, si trova nella presentazione e nello stile degli espositori usati nei bar, che impiegano una coppia di magneti per indurre una continua rotazione delle sue ipnotiche volute.

Le opinioni reperibili sul web, in merito a questa bevanda originaria della California (la Viniq Company si trova a Parlier) sono piuttosto discordanti. Ne esistono tre gusti o “colori”: tradizionale viola, rosso all’aroma di frutti di bosco e giallo GLOW, che nonostante quello che potremmo essere portati a sperare, purtroppo NON brilla al buio. Anche se resta pur sempre possibile realizzare dei fluidi reoscopici fluorescenti, benché siano purtroppo destinati a risultare ben poco gustosi o invero, commestibili.
Mentre questa non è male, secondo qualcuno: il gusto ha un retrogusto d’uva che si sposa in maniera soddisfacente con il sapore intenso della vodka. Il grado alcolico, stando ai dati non ufficiali reperibili online, è del 20%, rientrando per poco nella classificazione di vino fortificato/liquore, mentre il costo si aggira sui venti dollari a bottiglia. Non pochissimo, vista la semplicità degli ingredienti e del processo produttivo. Ma anche l’idea dovrà pur essere pagata, giusto? E poi, determinate sostanze assumono un significato differente in base al luogo in cui vengono bevute. Permane nello scibile anche il caso improbabile di un mondo parallelo, in cui bere i drink porti a strane mutazioni nell’aspetto e nei propositi delle creature. La landa desolata di Rasholok. Dove c’erano gli zoccoli, appaiono scarpe d’argento. E i corni sulla fronte rifioriscono, ricadendo all’indietro nell’accenno di  una lunga e folta chioma.

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