La spiacevole laguna azzurra in mezzo alla campagna inglese

Harpur Hill

Splendida e invitante, la vecchia miniera allagata presso Buxton, nel Derbyshire attrae i locali con promesse di svago estivo ed acque che, dalla colorazione, parrebbero magicamente estratte da un ambiente tropicale. Cerulea increspatura sulla superficie, sotto la quale, l’immaginazione vuole, nuotavano i pesci di una tipica barriera corallina? Bello? Ma invece giacciono, tra la ruggine e le lacrime, rottami di generazioni d’automobili, rimasugli indescrivibili di attività industriali e soprattutto lei, quella particolare pietra calcarea che fu usata negli ultimi tre secoli per far la calce viva. E che adesso si agita ed emana il suo veleno, rovinando la giornata e l’acqua degli stolti: guarda, è una vera disgrazia ereditata dal passato. Uno splendido luogo per bagnarsi. Peccato soltanto che…Abbia un pH pari o superiore a quello di un prodotto chimico decolorante: più che sufficiente ad ustionare la pelle umana, per lo meno dopo un tempo di contatto medio. Davvero rinfrescante.
Il gabbiano che vola sopra la discarica, pronunciando il suo richiamo coercitivo, non lo fa per dimostrare qualche cosa. No, non è di certo la sua, una forma di protesta contro l’ingiustizia che rovina le precipue circostanze: quell’uccello viene perché ha fame. Dal suo punto di vista soggettivo, per quanto si possa parlare d’ego in esseri guidati dall’istinto, gli permette di capire chiaramente la terribile realtà. Ecco, fra le fresche frasche dietro alla città, un accumulo fenomenale di risorse, in parte orribili, in parte velenose, ma soprattutto, nella residua maggioranza delle parti, commestibili e preziose. Per egli questa non è puzza, ma un profumo ricco d’opportunità e soddisfazione smisurata. Mentre persino la diossina fumigante, che permane in una fitta coltre sotto i sacchi neri cotti al sole, appare alle sue piume un mero male transitorio, il piccolo portale verso l’estasi dello sfrenato nutrimento. Provate voi a spiegare, a quell’allegra bestia, che sta procedendo col sorriso nel suo becco verso la sicura distruzione. Fategli capire, se ci riuscite, come tutti i nuovi nati della sua genìa, usciti dalle uova deposte in un numero maggiore per l’immisurabile abbondanza, siano destinati ad assorbire, per il corso della propria intera vita, solamente spazzatura. E così è stata questa venefica e attraente pozza di Harpur Hill, per noialtri bipedi sapienti, nell’ultima manciata di generazioni. Perché dico, l’avete vista? Siamo di fronte a una caldera artificiale che, raccogliendo mensilmente l’acqua piovana, riesce a trasformarla in modo straordinario ed attraente. Prima ancora che di una stregoneria, si tratta dell’effetto di uno strato di precipitato del carbonato di calcio, che liberato per effetto della naturale erosione dal fondale tende a riemergere, agendo come un filtro sulla rifrazione della luce. Se un simile fenomeno avesse agito sullo spettro luminoso producendo un inquietante rosso sangue, o un verde malsano, nessuno si sarebbe mai sognato di venire qui a nuotare. Ma il problema è che la fisica applicata in questo caso vuole, con inconsapevole dispetto ai coabitanti, che il fluido risultante assuma un’invitante tinta azzurrina, associata nella mente a candide visioni di località turistiche da sempre oggetto del pubblico desiderio.
Ne parla brevemente il divulgatore inglese Tom Scott, nell’ultimo episodio della sua serie per YouTube, Things You Might Not Know (Cose che potresti non sapere) qui sopra riportato, per poi passare al punto cardine della questione: la gente che regolarmente, nonostante tutto, nella miniera della cara vecchia Buxton ci fa il bagno. È un problema assai particolare, nei fatti: ecco un lago che non ha immediati effetti deleteri ma è soprattutto privo, nei fatti, di alcun tipo di segnale naturale. A cui dovrebbero supplire quelli affissi puntualmente, ogni estate, ad opera dell’amministrazione dei vicini centri abitati, con diciture tipo “Attenzione, acque inquinate, presenza di rottami e carcasse d’animali.” Ma naturalmente, quando mai un cartello può fermare il tuffo di chi imita i gabbiani…

Harpur Hill 2
In un filmato del 2012 si possono osservare alcuni bagnanti che si godono allegramente la “laguna azzurra di Buxton” senza una minima preoccupazione per le conseguenze. Soltanto due anni prima Ryan Walker, un loro giovane predecessore, aveva perso la vita in queste stesse acque. Oggi sua madre è una delle principali promotrici della ricerca di una soluzione a questo insolito problema.

Tra le molte informazioni contenute nel dossier realizzato nel 2013 dall’Istituto Geologico Inglese, liberamente consultabile presso il sito dell’NDA (autorità per lo smaltimento delle scorie nucleari) è presente un quadro storico dell’intera sfortunata situazione. La miniera di Harpur Hill, completata verso la metà del XVII secolo, fu un’importante risorsa della regione durante il corso della modernizzazione del paese. Stando alle cronache coéve, già nel 1662, infatti, era presente un rilevante impianto industriale per l’estrazione e il trattamento della pietra calcarea presso Grin Low, nel sito dell’attuale parco cittadino della cittadina di Buxton. Proprio qui, i blocchi faticosamente estratti dal substrato acquifero venivano inseriti all’interno di grandi forni, dove una cottura a 1000 gradi ca. garantiva il verificarsi del processo di calcinazione, al termine del quale la composizione chimica del materiale variava, donandogli quella particolare capacità di adesione che può renderlo estremamente utile in architettura. Inoltre, per tutto il XVII secolo, la calce viva fu anche usata in agricoltura, come alternativa ai ben più problematici e relativamente costosi concimi naturali. Proprio per questo, numerose cave del tutto comparabili a questa vennero scavate in buona parte dell’Inghilterra che, come è noto, si andava già instradando verso quella complessa serie di trasformazioni tecniche e sociali che avrebbero condotto con certezza inevitabile alla rivoluzione dell’industria. Ma poiché non si può fare un’omelette senza rompere qualche uova (tipico detto anglosassone) e tanto meno è possibile cambiare le regole stesse del mondo civile, senza sacrificare qualche cosa in cambio, tale produzione ingente traeva la genesi da una particolare prassi operativa, detta tilting (sversamento). Dovete considerare che dal processo di cottura della calce, immancabilmente, scaturisce un residuo inutilizzabile di materiali argillosi, carbonato di magnesio e dolomite. Tale impasto, fino alla metà del secolo scorso, veniva considerato una semplice polvere pietrosa, la mera rimescolanza di una serie di elementi già presenti in natura. E dunque che male avrebbe potuto causare, rovesciarli giù a valle, senza stare a farsi troppe fisime e preoccupazioni?

Harpur Hill 3
Un lago nero, cupo e solitario. C’è ben poco di gradevole, nel colore che si addice maggiormente ad Harpur Hill.

Per una, molte generazioni non successe nulla. Chiaramente, finché la cava era impiegata dalle compagnie di estrazione locali, questa veniva drenata regolarmente, senza permettere la formazione dell’odierno lago. E il residuo della calce viva, per fortuna o semplice inconsapevolezza, non sembrava aver contaminato in alcun modo le falde acquifere sfruttate dagli umani. Ciò detto, persino ai tempi del lungo regno della regina Vittoria, a nessuno sarebbe venuto in mente di andare a fare una scampagnata tra i rifiuti di una tale industria, respirando a pieni polmoni una simile inquietante polverina bianca. Ma gli anni passano e con essi la memoria, mentre l’estrazione della calce ad Harpur Hill, che continuò fino all’epoca ben più recente del 1952, si faceva più discreta e sofisticata. Senza più versare clamorosamente le scorie dentro alle verdeggianti valli circostanti, gli operatori sceglievano invece di compattarle, seppellendole lontano dagli occhi e dal cuore dei loro vicini. Ma come potrebbe ben testimoniare il già citato ente dell’NDA, simili soluzioni non sono mai eterne. E ciò che era stato dimenticato, prima o poi ha questa strana abitudine, di tornare letteralmente a galla.
Ad oggi la cosiddetta laguna non ha effetti normalmente gravi: i suoi bagnanti, in genere, sperimentano il sopraggiungere di un immediato senso di prurito diffuso, accompagnato talvolta da problemi digestivi, probabilmente causati dall’ingestione accidentale dell’orribile, ma così attraente acqua inquinata. Benché vada detto che gli effetti a lungo termine non siano noti, mentre le stesse particolari circostanze della miniera allagata basterebbero a renderla pericolosa: le sue acque gelide e profonde hanno colto impreparata più di una persona, che stancandosi in un tempo insolitamente breve è andata incontro alla sua potenziale rovina (effettiva, almeno in un caso). Inoltre la sua natura mai superata di vera e propria discarica allagata gli ha fornito negli anni un fondale disseminato di rottami d’automobili, pneumatici, bottiglie rotte ed altre amenità, pronte ad accogliere in un tagliente abbraccio qualsivoglia tuffatore troppo enfatico. Lo stesso dossier dell’Istituto Geologico ne ha realizzato un’affascinante catalogo, votato alla dimostrazione scientifica degli effetti di un liquido ad alto contenuto alcalino su vari tipi di metalli e materiali, per un tempo chiaramente misurabile e spesso più che decennale. Alcune ruote di Go-Kart, ad esempio, vengono fatte risalire alla chiusura di un vicino impianto, mentre i cassoni dei computer sono attentamente classificati per anno di produzione e stato d’usura della loro superficie metallica un tempo galvanizzata. Proprio quest’ultimo lavoro all’interno del dossier geologico l’ha reso interessante per l’ente che si occupa di gestire le scorie nucleari, che ne ha finanziato la realizzazione per dimostrare, grazie allo strumento dell’analogia, le possibili conseguenze di uno smaltimento non idoneo di rifiuti derivanti da un qualsivoglia tipo d’industria, anche se relativamente antica come quella della calce viva.
L’episodio più curioso a margine della storia di Harpur Hill si è verificato nel 2013, quando in risposta di una serrata campagna di protesta degli abitanti del luogo ha indotto l’amministrazione del Derbyshire a valutare alcune ipotesi di risanamento. Il problema del sito è che poiché l’alterazione nociva dell’acqua viene causato dal substrato roccioso, non è possibile in effetti limitarsi a drenare la vecchia miniera. L’acqua piovana, ricreando il lago, ridiventerebbe presto velenosa come prima. Inoltre permarrebbe il piccolo problema di DOVE mettere le centinaia d’ettolitri di liquido rimosso. Si è quindi deciso, con massima sorpresa di tutte le parti coinvolte, di trattare l’intera laguna con una vistosa tinta nera, privandola quindi di quell’invitante colore azzurrino che tanti danni ebbe a causare tra coloro che non leggono, o considerano, i cartelli di pericolo. Ma come si può facilmente osservare nel video di apertura di Tom Scott, ad oggi quella sicurezza è andata persa, scivolando via per l’effetto del vento e della pioggia. Già lui prevede per la prossima estate, con condivisibile pessimismo, una rinascita del mito dell’orribile “laguna”.

Lascia un commento