La cosa che divora i nostri cari pescecani

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Pubblicato da Smithsonian Channel

Chissà cosa avrà provato il ricercatore marino Dave Riggs, sulla bianca spiaggia di un’Australia incontaminata, nel momento fatidico in cui recuperava la targhetta usata per l’amica carcarodonte, la ruvida ragazza comunemente detta Grande Squalo(a) Bianco(a). Certamente avrà pensato a quanto saldamente l’aveva assicurato, quel dispositivo, sulla candida pinna dorsale della ricevente, mediante l’utilizzo dell’apposito bastone. La memoria di una fiocina pietosa, questa, che rimandava giustappunto lì vicino: a sole due miglia e mezzo di distanza. E poi l’uomo avrà iniziato, perché no, a congratularsi con se stesso per il successo della sua operazione etologica/marina, portata a termine proprio in quei preziosi giorni. Attività, questa, concepita per studiare i movimenti degli squali attorno alle isole dell’Oceania. Un altra scatola nera da scartare, miracolosamente ritrovata grazie al GPS! Il profilo termico, i movimenti verso il ripido fondale…Che meraviglia, wow, la tecnologia. Finché: ohibò, però, strano! Avrà esclamato strabuzzando gli occhi: “Lei dov’è?”
Una domanda veramente preoccupante.
Nelle paludi ristagnanti dell’isola di Sumatra, tra vegetazione putrida e arbusti marcescenti, nuotano i paedocypris progenetica. Non c’è alcun pesce, in tutto il mondo, dal profilo meno significativo. La femmina di questa specie misura meno di otto millimetri, mentre il maschio, al massimo, se vogliamo esagerare, una decina. Muovendosi all’ombra delle serpeggianti radici di mangrovia, le due piccole metà si nutrono di organismi microscopici, pseudo-plankton d’acqua dolce, gamberetti non più grandi di un pidocchio. O altri peduncoli invisibili, per noi bipedi quadrìmani, senza l’uso di una lente. Quindi, al culmine della loro breve vita, questi ciprinidi depongono le 20 uova trasparenti. E sono immortali per definizione, simili creature grame, proprio perché insignificanti, degne per un pelo solamente, d’essere eucariote. Se la loro membrana cellulare fosse stata un poco più sottile o la spina dorsale meno sviluppata, probabilmente, non li avremmo neanche detti “pesci”. Stanno a un passo prima dell’artropode ameboide. E questo è certamente il minimo comune denominatore, di un qualunque ipotetico contesto evolutivo. Anche extraterrestre. Mentre l’opposto, il culminare delle cose gigantesche, ebbene…Non lo conosciamo affatto! Ossa ponderose, lunghe quanto sommergibili, ci parlano di bestie titaniche, dimenticate. Al tempo del Devoniano, o ancora prima, sul finire del remoto Siluriano, i pesci avevano mascelle corazzate. Erano detti placodermi, simili possenti nuotatori, ed avevano la dentatura comparabile a quella di un futuro discendente operativo: il tirannosauro. Torniamo per un attimo a 370 milioni di anni fa, per dire, giusto l’altro ieri: presso le coste del neonato continente Nordamericano, come a largo dell’Europa, si aggirava un mostro marino lungo 10 metri, dal peso niente affatto trascurabile. Fino a 7 tonnellate. Era lento, l’impervio dunkleosteus, quanto inesorabile. Nessuna piovra delle origini, né affamato iper-carnivoro avrebbe mai potuto penetrare le sue placche ossee, mentre lui, tranquillamente, divorava il mondo intero. E lo fece, fino all’ultimo dei suoi perduti giorni. 

Dunkleosteus
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Il problema del super-predatore, alla fine, è che prospera senza limitazioni. Immaginatevi un panda gigante, lasciato alle sue tipiche macchinazioni. Liberato in un boschetto di bambù largo 31 metri quadri, così, damblé. Masticando tutto il giorno, famelico, l’orsetto sgranocchierebbe ancora e ancora, aprendosi il sentiero della sua soddisfazione. In due settimane, tre, finirebbe tutto il cibo ed anche la sua stessa storia. Ed è proprio questo qui, il problema. L’evoluzione non ha un limite di dimensioni; quanti coleotteri, farfalle, formiche avrebbero potuto usare quelle foglioline… E invece arrivò lui. È sempre una questione di fondamentali proporzioni.
Il trasmettitore di Dave Riggs, alquanto avanzato a quanto sembra, conteneva il resoconto di una storia tragica e terrificante. La femmina di squalo lunga oltre tre metri e in ottima salute al momento dell’involontario upgrade informatico, aveva continuato la sua vita indisturbata. Fino al giorno di Natale. Quando qualcosa, all’improvviso, cambiò la sua vita. Secondo i dati di profondità e posizione, non ci sarebbe alcun dubbio: la maestosa creatura si è improvvisamente tuffata, oppure è stata trascinata bruscamente, verso il fondo di una scogliera sommersa. Giunta a 580 metri di profondità, questa grande signora dei mari aveva quindi sperimentato….Un’esperienza… Di qualche tipo.
Perché a quel punto, inspiegabilmente, la temperatura registrata dal dispositivo aumenta bruscamente fino al valore significativo di 25 gradi. A una simile oscura profondità, c’è una sola cosa che li possa sviluppare. Lo stomaco di un organismo vivente. Iniziamo con le teorie più probabili. Forse la targhetta si è staccata. Per poi finire, a mo’ di falsa preda,  in pancia a un’altro squalo? A un’orca? A un cefalopode? Beh, nessuna creatura nota, tra quelle che abitano simili abissi di pelagica perdizione, raggiunge una temperatura corporale tanto elevata. Inoltre lo squalo era sparito. Quindi, beh, fate voi.

The Bloop

Nel 1997, i microfoni sommersi statunitensi a largo del Sudamerica, installati come contromisura contro i sottomarini russi, rilevarono qualcosa. Il Bloop è il suono più potente che sia mai stato registrato da apparecchi umani e resta, tutt’oggi, tra i più significativi misteri della Terra. Qualcosa, a 5.000 Km di distanza, aveva generato una frequenza orribilmente bassa e regolare, come una sorta di bizzarra locuzione. Ben diversa dalla lingua delle balene, che del resto erano TROPPO PICCOLE per emettere un simile boato roboante. Ovviamente, esistono le coincidenze, come le associazioni fantasiose.
Squadre di scienziati in ordinati camici bianchi, cartellina e penna strettamente salda nella mano, qualificarono quel suono come un prodotto dello scontro remotissimo tra i massicci iceberg del Pacifico, nascosti ai nostri occhi neanche fossero pianeti del profondo spazio ultrastellare. Altri, come spesso capita, insinuarono un potente seme del sospetto. La loro fonte era di natura letteraria. Nel canone mitologico dello scrittore americano Howard Phillips Lovecraft, famoso per il ciclo fanta-horror di Cthulhu, si parla di una città sommersa dove dormirebbero gli dei malevoli di un’altra dimensione. La quale era stata collocata a posteriori, guarda il caso, proprio sull’emergere del Bloop. Sarebbero, simili abitanti, tanto inconcepibili dalle nostre comuni menti, da portare alla follia tutti coloro che ne scrutano accidentalmente il volto. Milioni di tentacoli, la testa polipoide, le grida dei dannati che risuonano nell’etere sommerso e poi…Godzilla, anche lui, certamente. Chi meglio dell’eterno buontempone giapponese, potrebbe divorare il sushi freschissimo di uno squalo dissennato! Con tanto di cadeaux, un piccola sorpresa. Quel trasmettitore presto defecato, poi riapparso in superficie.”Così imparano, quegli abitanti dell’asciutto suolo, a diffamare le creature del profondo — RRRAURGH” La verità è nel Necronomicon, probabilmente.

Basking Shark
Lo squalo elefante, recentemente incontrato e documentato presso la costa inglese da Lew Smart, è il secondo pesce (non mammifero) del pianeta per dimensioni. Rientra anche tra i più innocui, visto che si nutre quasi esclusivamente di plankton, come il suo cugino maggiore, lo squalo balena.

Dalla presunta esperienza di Squalo Alfa, questo il nome temporaneo dato alla carcarodonte di Dave Riggs, si può trarre una valida lezione: c’è sempre un predatore più grosso di te nel vasto mare, nessuna eccezione. Nessuna. Ciò vale anche per noi, cosiddetti esseri umani, che immancabilmente ci affidiamo alle percezione dei sistemi tecnologici, fallibili quanto chi li ha messi assieme. Nessuno sa sia veramente accaduto, alla fine, quanto registrato dal termometro/scatola nera di un singolo studioso. Ciò vale anche per l’orrido suono rilevato dagli idrofoni anti-sottomarino, antiquati residui di una cupa e Fredda guerra. E forse un giorno tornerà. Lei, intendo.
Però una cosa è certa: le risorse sono limitate, come i pesci predatori. E nella sua dimora a R’lyeh il morto Cthulhu attende sognando. Sarà meglio masticare piccoli bocconi, come fa lo squalo elefante, per non far venire fame, per associazione, pure a certe Cose innominabili! E perverse.

Paedocypris progenetica
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