Premiato il grattacielo che coniuga passato e futuro messicani

Ogni grande opera architettonica è il prodotto della sua funzione, come rappresentazione ergonomica di un’effettiva necessità, ma anche e sopratutto una risultanza del suo specifico ambiente di appartenenza. E in nessun caso questo può dirsi maggiormente vero che in quello della Torre Reforma, palazzo di 65 piani 246 metri ultimato a Città del Messico nel 2016 e incoronato pochi giorni fa presso il Deutsches Architekturmuseum (DAM) di Francoforte con il prestigioso titolo di grattacielo dell’anno 2018, battendo altri 1.000 proposte provenienti dai quattro angoli del mondo. Dimostrando come una tale massima risulti ben lontana, in effetti, dal porre limiti alla portata della creatività umana, offrendo piuttosto una base su cui collocare il prodotto funzionale della propria idea di partenza. La quale consisteva, per quanto riguarda l’architetto Benjamin Romano della LBR&A, nella creazione del più alto palazzo del suo paese, proprio in un luogo in cui le regole urbanistiche prevedono che i palazzi non possano superare il doppio della larghezza della strada presso cui sono stati collocati. Il che ha richiesto, in primo luogo, la scelta di una strada molto larga, quel Paseo de la Reforma che, a partire dal 1864, taglia diagonalmente per ordine dell’imperatore asburgico Massimiliano I del Messico la capitale del suo vasto regno. E per battere la Torre del Mayo, sua “torre non gemella” che sorge esattamente dall’altro lato del viale raggiungendo i comunque considerevoli 236 metri, l’applicazione di un espediente davvero insolito e interessante. Chiunque osservi lo skyline di questo centro da quasi nove milioni di abitanti allo stato dei fatti correnti, in effetti, non tarderà a scorgere la forma esatta di un colossale scalpello. La cui forma obliqua corrisponde alla linea ideale, limite massimo secondo le leggi vigenti, che può essere disegnata dal margine del Paseo fino al tetto dell’edificio. E questa non è l’unica concessione alle regole imposte dal suo contesto: poiché nella parte inferiore della svettante aggiunta paesaggistica, figura la forma riconoscibile di una casa storica degli anni ’30, la quale piuttosto che venire demolita ha trovato una nuova vita, secondo una precisa richiesta governativa, come letterale foyer del gigante.
Ciò che ha permesso all’architetto Romano di ricevere il prestigioso riconoscimento annuale più di ogni altra cosa, tuttavia, piuttosto che la sua abilità nell’integrare o sfruttare a suo vantaggio i regolamenti vigenti, è stato l’ampio ventaglio di soluzioni tecniche profondamente innovative, sfruttate con evidente profitto dall’edificio. In primo luogo, la sua spiccata qualità antisismica, caratteristica considerata fondamentale per la frequenza dei terremoti che colpiscono localmente, arrecando danni significativi anche a palazzi ben più bassi e meno vulnerabili del Reforma. Le fondamenta stesse del quale, nei fatti, non trovano l’impiego di alcun tipo di palo profondo, del tipo impiegato nella maggior parte degli edifici più alti nella storia dell’architettura moderna, ma piuttosto un impiego del concetto d’infinita flessibilità, con un singolo elemento strutturale monoblocco dal quale si dipana una complessa ragnatela metallica, che irradiandosi dal centro esatto del piano terra si estende all’intera facciata dell’edificio. Il che ha permesso di eliminare del tutto la necessità di colonne o sostegni d’altro tipo, garantendo la disponibilità di enormi spazi all’interno, dissimili da quelli offerti in qualsiasi altro grattacielo. Oltre ad offrire alcune particolarità estetiche tutt’altro che trascurabili, tra cui l’esposizione tramite pavimento trasparente di questa “radice” in prossimità dell’ingresso, e una facciata definita dallo stesso autore come una sorta di “chiusura lampo titanica” sullo scenario verticale della città. Ma è quando si gira attorno al palazzo, per osservarne l’altra facciata, che appare evidente la sua singola caratteristica più particolare: il fatto di essere stato costruito, per la massima parte, in un materiale d’altri tempi: l’umile cemento…

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