Il video della casa conquistata dai ragni

Opilionidi

Quanti angeli possono stare sulla punta di uno spillo? Certamente meno del numero complessivo di aracnidi che possono infestare una singola abitazione in quel di Puebla, regione del Messico centro-meridionale. È una visione paradossale. Talmente tante zampe ondeggianti, attaccate a soffitti e pareti, da non sembrare più singole parti di un tutto, ma un singolo manto nerastro, come una muffa o una macchia d’umidità. Finché qualcuno, incautamente, obiettivo alla mano, non apre la fatidica porta, dando il segnale che è tempo di muoversi e trovare riparo. Ma dove potrebbero mai nascondersi molte centinaia, migliaia di creature da uno o due centimetri l’una? Se non in piena vista, grazie all’anonimato che viene dal numero, la folla che danza invasata! Ciascun singolo individuo, nei fatti, potrà così contare sulla legge dei grandi numeri, mentre la probabilità che rimanga vittima di un predatore è calata, di pari passo con l’aumento della popolazione. Ed ora sono, sostanzialmente, intoccabili dalla natura. Una colonia spropositata, destinata a crescere ancora, che nei periodi di magra consuma se stessa, in una sorta di barbarico cannibalismo, eppure prospera senza problemi di sorta. Nessun uccello, lucertola o topo, potrà mai divorare, senza uno sforzo determinato e plurimo, l’esistenza distribuita dei cosiddetti trampolieri, ovvero quelli che per molti erano e sono infiniti “Papà Gambalunga” (Daddy longlegs) dal titolo del romanzo epistolare di Jean Webster del 1912, sul misterioso benefattore di una bambina d’orfanotrofio, particolarmente alto e magro. Si, un’analogia piuttosto improbabile. Tanto per cominciare, di bastone, cane e cappello, non esistono corrispondenze.
Né servirebbero agli emuli brulicanti, visto il modo in cui questi piccoli abusivi risultano monomaniacali e determinati, nei soli tre compiti di mangiare, dormire e riprodursi. Soprattutto quest’ultimo punto, a quanto sembrerebbe, espletato attraverso un accoppiamento diretto che nei fatti risulta estremamente più semplice, ed efficace, del metodo dei veri ragni, basato sul delicato passaggio di uno spermatoforo tra il maschio e la femmina. E non è questa l’unica semplificazione: dal punto di vista evolutivo, gli appartenenti all’ordine degli Opiliones (oltre 6.000 specie differenti) sono al tempo stesso più semplici, e in qualche maniera efficienti, dell’aracnide per eccellenza, amato e temuto dagli adulti e bambini di tutti i paesi. Hanno il corpo privo di segmentazione, tra testa ed addome, che assume quindi l’aspetto di una sfera, generalmente marrone, per meglio mimetizzarsi in caso di pericolo. Presentano due soli occhi, contrariamente alla profusione concessa ai loro cugini, mentre si affidano per la percezione ai due sensibili pedipalpi posti nell’ultimo segmento della seconda coppia di zampe, spesso più lunghe delle altre sei, benché un tale tratto risulti ben poco apparente nelle specie più piccole. Non presentano il complesso apparato respiratorio dei polmoni a libro, né una saliva corrosiva, a cui affidarsi per liquefare e risucchiare le sostanze nutritive all’interno delle loro prede. Proprio in funzione di questo, piuttosto che che andare a caccia, preferiscono perlustrare l’ambiente in lungo e in largo, procurandosi scarti, rimasugli, avanzi scartati dalle altre creature. Sono, sostanzialmente, spazzini onnivori ed operosi. Del resto, il loro unico strumento difensivo sono delle ghiandole poste lateralmente al corpo, in grado di emettere un odore che dovrebbe, almeno in teoria, scoraggiare i propri nemici, mentre mancano ghiandole velenifere o la capacità di tessere una tela. Benché esista una leggenda metropolitana, del tutto infondata, secondo cui sarebbero in potenza”l’animale più velenoso del mondo” ma dalle zanne troppo corte e deboli per poter nuocere agli umani, una storia che probabilmente trae l’origine dal ragno dei solai (Pholcus phalangioides) che gli assomiglia, è dotato di un pur lieve veleno e mantiene un comportamento più spiccatamente territoriale. Eppure, guarda qui: di opilionidi ce ne sono milioni, ammucchiati l’uno sull’altro. Ci sarà pure, un perché?

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