La vita con un mini-termitaio sulla scrivania

Termitat

Siamo recentemente giunti in prossimità di quel periodo dell’anno in cui si pensa, soprattutto, a cosa regalare. Ed è difficile, nell’odierno panorama del commercio informatizzato, non essere sviati dalle mille offerte, dalle strane merci e dai poliedrici gadget divergenti, offerti da tanti portali e siti dell’E-Commerce, di un domani senza centri commerciali, né negozi, ma soltanto schermi, il gesto di cliccare e soprattutto l’intenzione di spuntarla ancora. Cosa regalerai a tuo suocero, se non un drone a forma di banana? E a tua cognata un orsetto gommoso di 30 cm, rosso e verde e giallo, tremulo quanto una tazza di budino. Ma il dono più importante, questo è noto, frutto della percentuale maggiormente ragguardevole d’ogni comune tredicesima, sarà per noi medesimi homines novi, tutt’altro che immuni dai richiami del possente marketing virale. E qui, apriti cielo e corda del borsello. Perché tutti sono pronti a venderti qualunque cosa, addirittura: un sogno. Parliamone per due minuti.
Chris Poehlmann, dall’alto della sua fiammante campagna di Kickstarter, ci offre la possibilità di possedere il più incredibile dei passatempi. Immaginate un topolino bianco, sotto una campana di vetro, con un pezzo di prezioso camembert. L’intero apparato, come da preciso manuale, fatto per essere esposto in casa vostra, da guardare e rimirare, onde trarne un gran divertimento. Sarà, questo piccolo animaletto, perfetto e sempre in salute, per un tempo esatto di tre anni. Non dovrete mai pulirlo. Ogni giorno mangerà il formaggio, senza che questo, miracolosamente, accenni ad esaurirsi. Ed ogni sera lui vi guarderà, coi suoi teneri occhi neri, ringraziandovi di una così gradita prigionia. Ecco, Termitat: quasi la stessa cosa. Con una piccola distinzione: se per caso, non volesse il Fato, vi dovesse cadere la campana, ed infrangersi, potreste perdere la casa. Ebbene si. Whoops! L’ho chiamato topolino bianco? Ecco, l’errore è quasi perdonabile, visto come questi esserini rosicchino, anche loro, tutto il santo giorno. Senza contare che anche il colore è uguale: puta caso ci trovassimo in Australia, queste qui le chiameremmo, senza timore di fraintendimento, le piccole Formiche Bianche. E in America, dove le case sono tanto spesso in legno, forse con maggior sofismo d’espressione: il terrore di chi abita, il nemico del geometra, l’orrido demonio che sminuzza. Ma non ci formalizziamo e poi del resto, le abbiamo nominate già nel titolo! Termiti tipiche, tutte quante tese a sopravvivere, mangiando.
La distinzione, che normalmente è il dove, questa volta è invece il come. Giacché nessuno mai, nel corso della storia nota, ha mai portato insetti di questa genìa tra le proprie quattro mura. Preferendo dopo tutto, persino i biologi incalliti, gli entomologi e tutti gli altri curiosi, di andarsele a cercare nel profondo di svettanti boschi, tra la polvere ed il nulla delle praterie, ‘ste animelle. E per forza! Non c’era Termitat, aha. Chris Poehlmann, nel suo video di presentazione, illustra l’origine ed i punti chiave dell’idea. Che gli venne qualche tempo fà, a seguito dell’interessante esperienza lavorativa di mettere assieme un habitat per insetti sociali in un museo californiano. Lui allora, che aveva lavorato in questo particolare campo da oltre 25 anni ed era ormai stanco delle solite formiche, prese lì l’iniziativa, senza precedenti, di affettare un grosso ramo di abete e chiuderlo nel plexiglass, assieme a qualche ottimo esemplare di Zootermopsis angusticollis, le termiti della costa del Pacifico, largamente odiate dall’Oregon allo stato di Washington, dal Montana alla Columbia Inglese. Il risultato fu fantastico, a vedersi.

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Il destino della Coca-Cola nella lava fusa

Lavapix

Ed altre fiammeggianti sperimentazioni. Bibita e bevanda, la prima fredda, la seconda calda. Nessuno, nel grave istante della pausa di metà mattina, riempirebbe la sua tazzina con del gelido caffé, appena uscito dal surgelatore. Né la lattina ghiacciata, salvo spiacevoli imprevisti conviviali, dovrebbe perdere quel senso di frescura, che guadagna dentro al frigo dal gas freon. Per lo meno, idealmente. D’estate, come d’inverno: la birra, l’aranciata frizzante, non le metteresti dentro al forno a microonde. Mai le appoggeresti sulla stufa, o in prossimità del tuo termosifone. Soltanto il tè, fluido del distante Oriente, nettare di piante venerate, può essere a temperatura ambiente, oppure no, perché incorpora lo spirito del drago al tempo stesso del serpente. Come la sublime Coca-Cola, ma soltanto in dei frangenti straordinari, o per l’occorrenza di un particolare evento. Tipo, quando andavi per un’escursione documentaristica, sulle ripide pendici del vulcano Kīlauea e d’un tratto sul sentiero scorgi un vecchio amico, pāhoehoe: la pietra fusa al calor rosso, che ti viene incontro. Allora tanto è calda la montagna, che a qualcuno vien da dirgli: “Vuoi una Coca?” E lei ti risponde, silenziosamente: “ʻAʻā
In questo video-esperimento effettuato dal portale Lavapix, parte di uno sconfinato repertorio, ci viene data l’opportunità di assistere all’effetto della pura lava delle Hawaii, 1000-1200 °C circa, che s’incontra con una delle lattine più famose al mondo. Due scenari, ci vengono proposti, con esiti altrettanto memorabili, ma va detto, leggermente deludenti. Nel primo caso, il cilindretto di alluminio è stato bucato sulla sommità, per evitare l’immediato scoppio dovuto all’escursione termica. Il fotografo spiega nella descrizione di aver sperato in una sorta di svettante geyser con le bollicine, ma di aver poi ottenuto, piuttosto, un timido zampillo. Ci riprova quindi subito, senza praticare il foro, però la natura lo sorprende pure in quello: si squaglia il fondo, la bibita scivola via, la montagna la ricopre. Forse, un giorno, qualcuno la ritroverà, imperscrutabile residuo di epoche passate? Non ci riguarda, passiamo altre cose. Abbiamo molto da vedere;

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