L’occasione di salvare un’iguana sperduta in mare

È stata una realizzazione per gradi, quella che ha colpito Steve della Key West Kayak Fishing, mentre si muoveva con la sua piccola imbarcazione a largo della Florida, oltre la sottile striscia di isole che si trovano ai confini settentrionali del Mar dei Caraibi, vicino all’isola di Cuba. Voglio dire, quando ti trovi a 6 Km e mezzo dalla costa, e vedi una sagoma frastagliata fra le onde, che cosa mai potresti tendere a pensare? Se non che si tratti di una foglia di palma, magari, o un pesce recentemente deceduto, in attesa di finire nello stomaco di un qualche uccello che dovesse passare di lì. Finché la corrente non ti porta più vicino, e inizi a scorgere come la “cosa” in questione sia dotata di zampe, una testa, la lunga e sinuosa coda da lucertola verde prato. E tutto questo non è ancora tutto: poiché la creatura si sta muovendo, è viva, nuota faticosamente nella vana speranza di tornare in vista dell’ormai irraggiungibile riva. E allora, quando la vedi che annaspa vicino al tuo scafo con la testa tenuta a malapena fuori dall’acqua, c’è soltanto una cosa da fare: allungargli un remo ed aiutarla a salire a bordo, nella speranza che si fidi abbastanza da riuscire a portarla fino a riva. Voglio dire, credo che in molti avremmo fatto esattamente lo stesso. È assolutamente noto come l’iguana verde americana (Iguana iguana) sia una creatura rigorosamente di terra, che vive sugli alberi e mangia placidamente l’insalata, fiori, frutti e al massimo qualche insetto che accidentalmente si trova sopra il suo pasto vegetariano. Come diamine è possibile, dunque, che abbia finito per ritrovarsi qui? La teoria elaborata da Steve parla delle forti maree che colpiscono le più vicine terre emerse, sopratutto nei periodi in cui la Luna si trova al perigeo. È allora possibile che l’animale, immerso appena nel bagnasciuga per regolare la sua temperatura corporea, sia stato catturato dalla corrente e trascinato via al largo, verso l’azzurra ed impietosa immensità. Fortuna che l’uomo, chiaramente una guida turistica con competenze nel settore della pesca, si è presentato con l’intenzione di rimediare a questo scherzo di un fato più che mai crudele. Inizia quindi un lungo viaggio di ritorno, con lo scaglioso passeggero che si aggrappa sul pilone del galleggiante di stabilizzazione, prima di spostarsi sulla posizione più sicura della scatola per le esche, posta sul retro dell’imbarcazione. Lì posizionato, come una polena all’inverso, s’immobilizza, alla maniera tipica dei rettili che cercano di trarre energia dal Sole.
L’iguana verde del resto, o gallina de palo, come la chiamano gli abitanti di lingua spagnola dei dintorni, la cui cucina tipica tende a  trattarla come un equivalente del pollo, non sono creatura dotate di grande spirito d’iniziativa, quanto piuttosto propense a reagire alle casualità del mondo con una flemma e una pacatezza che le ha rese, nel corso delle ultime generazioni, anche un prediletto animale domestico. Ciò detto, è anche dotata di una serie di denti larghi e frastagliati, piatti come una foglia, che possono arrecare danni tutt’altro che indifferenti ad un essere umano. Con l’avvicinarsi alla terra ferma quindi Steve inizia a chiedersi inevitabilmente come farà, alla fine, a farla scendere dalla sua proprietà senza colpirla col remo, se soltanto quella si mettesse in testa di eleggerla a suo nuovo luogo d’abitazione. Se non che fortunatamente, al comparire di una fila di alberi semi-sommersi a sinistra dell’insolito duo, l’iguana si tuffa spontaneamente, riprendendo a dirigersi verso la Florida grazie al suo ritrovato vigore. Missione compiuta, giusto? La buona azione quotidiana è stata compiuta? Più o meno. C’è un intera categoria sociale, in effetti, che su questo gesto altruista avrebbe avuto più di qualcosa da ridire. Questo perché le iguane, nella più famosa penisola degli Stati Uniti non sono certamente native (provengono dall’America centrale e meridionale) e la loro natura estremamente prolifica sta causando ormai da tempo notevoli problemi agli agricoltori. Considerate che una iguana femmina depone tra le 20 e le 71 uova disposte in qualche buco nel terreno, che poi abbandona immediatamente per continuare la sua vita per lo più solitaria. E se pure non tutti i piccoli arrivino al momento della schiusa, causa l’intervento di vari tipi di predatori, potete facilmente immaginare il danno che un paio di dozzine di questi animali possano arrecare a un’azienda rurale, agendo come la versione sovradimensionata di un gruppo di bruchi che non diventano mai farfalle. Ma continuano a consumare tutto quello che gli riesce di scorgere coi loro piccoli occhietti neri…

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Il veleno che ferma lo scorrimento del sangue umano

Nel celebre racconto di Edgar Allan Poe “Il pozzo e il pendolo”, un prigioniero dal crimine misterioso viene sottoposto a una particolare forma di tortura dall’Inquisizione Spagnola: chiuso in una stanza completamente buia, legato ad un tavolo di legno, si ritrova a percepire il movimento di una lama oscillante, affilata come un rasoio, che ad ogni passaggio si avvicina al suo corpo, finché ad un certo punto, giungerà per ucciderlo molto, molto lentamente. Quando per una casistica inaspettata, alcuni ratti non rosicchiano le corde che lo tenevano intrappolato, permettendogli di cercare rifugio verso i margini della sua cella. Ma è allora che le pareti diventano incandescenti, ed iniziano a stringersi, costringendolo verso un buco profondissimo nel pavimento che all’interno della sua mente, finirà per corrispondere al più profondo abisso dell’animo umano. L’evoluzione di determinati animali velenosi, in un certo senso, è come la cella orribile immaginata dallo scrittore americano: gradualmente, la selezione naturale dona al serpente uno strumento d’offesa che gli permetta di cacciare, pur essendo un animale relativamente piccolo e privo di zampe, che dispone di un singolo attacco per catturare la sua preda. È questo il momento in cui il pendolo tagliente raggiunge l’estremità di Levante, caricandosi per effettuare la sua prima oscillazione. Dopo che un numero sufficiente di esemplari/preda viene quindi avvelenato e fagocitato, attraverso le generazioni viene tra loro selezionato un gene che permette alle vittime, gradualmente, di sviluppare l’immunità. In questo momento il pendolo si trova a Ponente. Ma è allora che, senza falla, di nuovo i serpenti trovano un modo per rendere il loro veleno ancor più letale, dando inizio ad un ulteriore, e più basso passaggio della lama torturatrice. E così via… Il pozzo all’interno del quale cadere, nel frattempo, rappresenta l’occasione in cui un essere umano dovesse venire morso, per autodifesa o una semplice sfortunata coincidenza. Possibile che a quel punto, un angelo giunga a salvarlo?
Per la legge infinita della Natura, è letteralmente impossibile che un qualcosa resti uguale. Così anche i serpenti, secolo dopo millennio, possono soltanto adeguarsi al moto del pendolo, diventando sempre più letali. O sempre meno. Ma nel primo caso, la questione è più complicata che la mera elaborazione di “un veleno peggiore”. Poiché una sostanza creata per uccidere qualsivoglia forma di vita, è inerentemente affine all’attacco di un hacker: per quanto esso aumenti il grado di sofisticazione del suo cavallo di Troia, esso non potrà passare per sempre dalla stessa backdoor. Così avviene la diversificazione, essenzialmente attraverso tre vie distinte. Nel primo caso (citotossine) il serpente attacca le membrane delle cellule stesse, sostanzialmente i mattoni costitutivi della vita stessa, iniziando un qualcosa di affine al processo di digestione ancor prima di fagocitare la preda. Si tratta della forma di veleno più primitiva, creata a partire dalla saliva e generalmente associata a zanne corte ed arretrate nella bocca dell’animale. Più pericolosa è la seconda alternativa (neurotossine) che attacca i nervi causando una paralisi immediata, generalmente seguìta dalla morte per soffocamento del soggetto colpito. Alcuni dei serpenti più pericolosi del mondo sono dotati di questo strumento d’offesa. Oggi siamo qui a parlare, tuttavia, di un’alternativa più rara, e per certi versi ancora più terrificante: l’emotossina, ovvero il veleno che attacca direttamente il sangue. Periodicamente, su Internet, compaiono questi video in cui una figura di esperto preleva una certa quantità del suo stesso sangue, lo versa all’interno di un recipiente e vi aggiunge una singola goccia di veleno, immancabilmente appartenente ad un qualche spietato essere strisciante. E ed è allora, nel giro di meno che un minuto, che la sostanza rossa perde quasi completamente la sua forma liquida, trasformandosi in un ammasso gelatinoso: il sangue, in parole povere, si è coagulato. Ve lo immaginate l’effetto di un simile evento all’interno dell’organismo… Quasi istantaneamente, si formerà un trombo, bloccando il regolare funzionamento della circolazione nell’estremità colpita. Quel che è peggio, tuttavia, è il suo potenziale trasformarsi in embolo, per viaggiare lungo le autostrade venose fino ad un organo importante, come il cuore, il cervello o i polmoni. Ed a quel punto, quanto credete che possa restarvi da vivere, anche ricevendo assistenza medica pressoché immediata?
Ma quel che è peggio è che tra l’altro, un singolo serpente non ha bisogno di scegliere soltanto una delle tossine possibili, a discapito delle altre. È anzi piuttosto diffuso il caso di specie che dispongono di due, o tutti e tre i tipi allo stesso tempo, causando uno shock su più fronti che nel giro di letterali minuti, non lasciano alcuna via di scampo all’organismo colpito…

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Uomo libera mille grilli nella sua stanza

Quel senso di gioia ed innegabile soddisfazione, l’attimo dell’aspettativa saziata per il momento in cui suona la porta e tu sai, nel profondo della tua coscienza, che si tratta del corriere che fa il suo giro. E ti consegna, finalmente, la cosa. Che cosa? Dipende dai tuoi interessi. Il mondo di Internet è ormai diventato una fantastica palude della cuccagna, da cui emergono a seconda dei casi tesori appartenenti ad ogni branca dello scibile umano. C’è chi ordina libri, chi film, videogiochi. Persone comprano colle, vernici, smalti per la pittura. Ed altri acquistano il cibo. Non sempre per loro stessi. La questione relativa a questo appassionato ed entusiastico Noonie, alias “Reptiles Uncaged” è che lui costituisce una persona particolare, con esigenze particolari. O forse sarebbe meglio dire che le esigenze appartengono ai suoi animali domestici, la più favolosa selezione di lucertole, serpenti e batraci, tenuti liberi in quella che un tempo era forse una stanza da letto. E adesso…. Quanti siano esattamente i suoi ospiti allo stato dei fatti, forse nessuno lo sa (escluso il padrone) ma almeno adesso possiamo fare una stima sulla base di ciò che mangiano. Dell’estrema QUANTITÀ di quello che mangiano. È in effetti piuttosto insolito che una scatola emetta, durante la consegna, un rumore. Noi conosciamo molto bene questo rumore: cri-cri, cri-cri […] ad infinitum e dall’intensità crescente, fino al raggiungimento della soddisfazione erotica e sessuale. Ma se questo pacco reca la scritta 1.000 medium crickets sarebbe difficile metterlo in dubbio: l’accoppiamento c’è già stato. Più e più volte, al punto che molto presto, il numero delle creature è destinato a risultare drasticamente superiore. Sarà certamente meglio dunque, iniziare la procedura.
Per chi se lo fosse già chiesto, senza disporre di una risposta soddisfacente, chiariamo a questo punto la fondamentale questione: si, non costano molto mille grilli medi. Appena una trentina di dollari, pagati con carta di credito al distributore specializzato che si rivolge agli erpetologi più o meno in erba. Perché non regalare, dunque, una volta ogni tanto, un favoloso banchetto alla schiera dei propri iridescenti beniamini…. Una volta indossato un paio di guanti sotto il vistoso orologio d’oro, Noonie apre facilmente la scatola, mostrando in camera il suo favoloso contenuto: la brulicante, inusitata quantità d’ensiferi, accuratamente disseminati all’interno di un separatore simile a quello per le uova. Normalmente, si tratterebbe di un’operazione piuttosto complessa, mirata a tirarne fuori soltanto una parte, evitando la fuga dei grilli dal terrario della loro dipartita. Quando invece hai un’intera stanza dedicata a tale mansione, e abbastanza grilli da divorare l’intero contenuto in tempi ragionevolmente brevi, perché mai dovresti preoccuparti ADESSO? Il problema tenderà a presentarsi piuttosto, ogni qual volta devi aprire la porta per entrare o uscire dalla stanza del rettilario. Il capitolo successivo risulta essere, del resto, assai indicativo. Diversamente da quanto avverrebbe con cani e gatti, non c’è l’entusiasmo del popolo, che cala come i barbari sopra la “ciotola” del grande dono concesso dal loro padrone. Quanto piuttosto una metodica flemma, che cresce come un’onda di marea, finché tutto quel frinire viene sostituito da crepitìo della masticazione, portata avanti nei più angusti recessi della piccola giungla artificiale. I primi a raggiungere l’obiettivo, sono inevitabilmente gli anolidi, verdi e marroni, fauna della Florida nota per la sua feroce territorialità (per lo meno, coi membri della loro stessa specie). Con ritmici balzi in avanti, le piccole lucertole catturano grilli qui e là, senza che a questi ultimi resti alcuna possibilità di scampo. Gli scinidi nel frattempo, riconoscibili dal tozzo corpo e la lunga coda, usano lo strumento del sotterfugio, nascondendosi sotto le foglie o la sterpaglia per fare un buon uso delle proprie fauci raptatorie. Una fantastica lucertola asiatica d’erba, dalla coda lunga tre volte il corpo, si aggira circospetta alla ricerca della sua dose, mentre un serpentello verde brillante della specie Opheodrys aestivus si mette in agguato sui rami, estendendo il suo corpo al massimo per catturare la maggior quantità possibile d’artropodi-merendina. Nessuna traccia invece delle rane leopardo mostrate precedentemente in un video: pare infatti che queste ultime, piuttosto che i grilli, fossero solite divorare le lucertole stesse.
Si tratta di un vero e proprio risveglio della Natura in un luogo in cui, normalmente, neppure dovrebbe esserci, la natura. Ed è proprio questo il motivo per cui ci vorrebbe la voglia, ed il tempo, di arrivare un certo punto a capire come ti sei trovato in quello specifico momento della tua vita, per compiere il gesto di liberare 1.000 grilli all’interno delle mura di casa tua…

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Quante dita ha una lucertola verme messicana?

“VERDE, una lucertola VERDE? Quattro zampe, una testa, una o zero code, a seconda che abbia incontrato o meno un predatore. Ma se tutto volge al meglio, ricrescerà…” Nel piccolo parco giochi nella periferia di Tijuana, il bambino era accovacciato in terra, a lato della panchina, mentre con una lente d’ingrandimento scrutava attento tra l’erba: “Nonno, no. Nonno, non. Hai. Capito. Una lucertola che STRISCIA.” L’anziano gentiluomo col cappello e il gran paio di baffi balzò agilmente in piedi: “Una BISCIA? DOVE?” Lui, che aveva insegnato biologia all’università per oltre 30 anni e ben sapeva che in quell’assolata penisola vivevano oltre 100 specie di serpenti velenosi. “Ascolta figliolo. Se c’è un serpente, sarà meglio spostarci un po’ più in là. Non è facile identificare i rettili, lo sai!” Un fruscìo tra l’erba, in quel momento, sottolineò la sua affermazione, mentre un cardinale rosso, uccello passerino dalla riconoscibile cresta aerodinamica, si posava delicatamente tra l’erba. Strano, pensò in quel momento il vecchio professore. Perché mai l’uccello non scappa dal serpente? Possibile che… “E poi, non è nemmeno verde, te l’ho detto. È una piccola cosina rosa, tutta fatta ad anelli…” Non fece in tempo a finire la frase, che la nebulosa descrizione parve improvvisamente prendere vita. Dall’erba rada spuntò fuori una saettante forma lunga all’incirca 25 cm, sottile come una cannuccia. Eppure, nonostante la forma, essa non pareva affatto muoversi sinuosamente. Bensì correva dritta dritta verso l’obiettivo, come un minuscolo emulo di Speey Gonzales. Al secondo sguardo, la ragione apparve più che mai chiara: l’essere si stava aiutando con le zampe davanti. “Oooh, lo sai cos’è quella? Una biporus, oppure una canaliculutus. O ancora, uno splendido esemplare di triductylus. Sbrigati, conta le dita!” Tempo che il nipote dell’uomo puntasse di nuovo la sua lente verso la creaturina, questa aveva già raggiunto l’area sabbiosa vicino allo scivolo e le altalene. Con un piccolo sbuffo di polvere, quindi, la sua testa era sparita. Il passero dal piumaggio vivace lanciò un pigolìo irato, quindi si alzò rapidamente in volo. Effettuando una vertiginosa picchiata, più simile alla parte finale di un balzo, serrò il suo becco dove, fino a pochi istanti prima, si trovava la coda del misterioso animale. Ma tutto quello che riuscì a prendere fu l’aria. Della strana lucertola non rimaneva che il ricordo.
Scaglie, ne abbiamo. Un lungo corpo dalle proporzioni serpentiformi. E una testa dal muso arrotondato, quasi perfettamente simile alla coda. Tanto che gli antichi erano soliti chiamare i suoi simili mediterranei Amphisbaenia dal nome di una creatura mitologica che si diceva fosse nata spontaneamente a partire dal sangue di Medusa, mentre la sua testa mozzata veniva trasportata dall’eroe Perseo sul cavallo alato, volando sopra il deserto della Libia. Era questo il principio della generazione spontanea, in cui numerosi filosofi dell’epoca greca e romana credevano fermamente: fai cadere del miele a terra, presto lo troverai coperto di formiche. Da dove vengono gli insetti? Nessuna parte. Essi sono stati generati dall’aria stessa. E l’Amphisbaenia veniva chiamata, infatti, re delle formiche (di cui si nutriva) benché potesse assumere, a seconda del leggendario preso in considerazione, proporzioni tali da minacciare un’intera comunità umana. Nelle avventure del Witcher Geralt, cacciatore di demoni protagonista di una serie di romanzi e videogame, uno di questi esseri viene menzionato dal protagonista, come un pericoloso demone eliminato con successo nel corso dei suoi viaggi precedenti alla narrazione. E questa potrebbe essere considerata, vista provenienza del personaggio, come un’interpretazione di matrice slava, geograficamente ben lontana dalla penisola iberica dell’effettivo habitat di queste insolite creature. Mentre nel Messico all’altro capo del vasto Oceano, assai probabilmente le popolazioni precolombiane ne avrebbero dato un’interpretazione ben diversa della strisciante presenza dei prati. Questo perché l’aspetto stesso della loro versione dell’animale risultava essere radicalmente differente, guarda caso, per presenza di un bel paio di zampe. E chi avrebbe mai potuto negare che queste fossero, in qualche maniera più che mai inaspettata, sufficienti a dargli un’aria carina? Le lucertole verme, qualche volta chiamate anche lucertole talpa, sono in effetti delle forti scavatrici, che usano i loro forti artigli per ricavare nel terreno profondi tunnel verticali. Quindi, silenziosamente, spariscono all’ombra della terra, molto al di fuori della portata dei predatori. Esse non sono, però, pacifiche: in questo le interpretazioni classiche potrebbero definirsi corrette. Formiche, uova di formiche, scarafaggi, termiti e larve di vario tipo… Qualsiasi cosa dovesse malauguratamente pararsi di fronte alle graziose fauci dell’insolito camminatore, ed a quegli occhietti a malapena in grado di distinguere il movimento,  sarebbe stata diabolicamente fagocitata. Questa è la forza, del resto, degli animali fossòri che trascorrono la propria vita nel sottosuolo: trarre il massimo da una limitata varietà di fonti di cibo. Ma una domanda, inevitabilmente, resta preponderante. Che fine hanno fatto le sue zampe di dietro?

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