L’animale arancione apre lentamente i suoi occhi, facendo ruotare le gigantesche pupille avanti, poi indietro. Un sommesso ruggito si ode provenire dal profondo del suo corpo scaglioso, mentre le fauci iniziano, molto lentamente, ad aprirsi. La bocca era stata, infatti, legata ad un grande carrello, come del resto le zampe, le ali e gli aculei del mostro, indubbiamente catturato al termine di un lunga e tenace battaglia. All’improvviso, uno sbuffo di fumo fuoriesce dalle sue nari, lasciando intuire ai presenti l’orribile verità: di lì a pochi secondi, una scia di fuoco brucerà l’asfalto, e con esso chiunque sia troppo lento per correre via. Gli addetti al trasporto pesante, colti dal panico, si affollano attorno alla prua del mezzo, tentando di afferrare le cinghie per trattenere la preda. Il pubblico in delirio, che si affolla ai lati della scena, batte le mani e grida il suo entusiasmo. Il disastro appare sempre più inevitabile, nonché vicino.
Zundert è un paese di circa 20.000 persone sito nella parte meridionale del Brabante, provincia olandese che confina col Belgio. Proprio qui nacque, il 30 marzo del 1853, il grande pittore Vincent van Gogh. Ma ora Zundert ha un problema! O forse sarebbe meglio definirla una questione, per così dire, di natura floreale: ogni anno la prima domenica di settembre, le sue strade vengono invase da mostri giganti dall’aria terrificante. Rettili e rane, porcospini, cani, volpi, draghi, bufali lunghi fino a 19 metri, larghi 4,5 ed alti 9. Misure piuttosto specifiche, nevvero? Proprio così. Dopo tutto, gliele hanno imposte. A partire dalla metà degli anni ’80, quando sembrava che l’ultima e più spropositata creatura avrebbe finito per strabordare dai lati del Corso, schiacciando sotto le zampe artigliate il pubblico accorso da ogni parte del mondo. Per vedere i fiori, e con essi le fiere, di uno zoo fantastico ed annualmente rinnovato. Quello di una festa, e la relativa competizione, che è diventata un simbolo dell’intera regione ed invero del suo stesso paese, fin da quando, il 15 maggio del 2012, fu annoverata dall’UNESCO tra i Patrimoni Culturali Intangibili dell’Umanità. Con validissime e condivisibili ragioni: ciascuno dei grandi carri allegorici, spesso animati (perché è di questo che stiamo parlando, quindi rimettete a posto i fucili col tranquillante) si compone non soltanto di uno scheletro in metalli, cartapesta e polistirolo. Bensì anche di molte migliaia di fiori profumati, nient’altro che dalie fatte crescere appositamente negli orti circostanti l’intera città. Per molte miglia in ciascuna direzione, nulla meno di questo, poiché il Bloemencorso è in effetti frutto del lavoro collettivo degli abitanti di ben 20 borghi della regione, periodicamente rivisti ed aumentati attraverso gli anni dalla fondazione dell’evento, risalente al 1936. Tutti uniti, e divisi, dalla giocosa rivalità di questo confronto, in cui una giuria di artisti e scenografi professionisti, alla conclusione dell’epica giornata, stileranno una classifica spietatamente completa ordinata dal migliore al peggiore dei carri. Ed è stato per l’appunto così, che quest’anno ha trionfato Trasporti Pericolosi, il carro col drago proveniente dal borgo di Tiggelaar, distanziando di ben 33 punti su 647 il secondo classificato “La forza di 12 uomini” (MENSKRACHT 12) la spettacolare e fantasiosa rappresentazione di una tempesta in mare, con tanto di imbarcazione in bilico sopra le onde e nubi fosche in tempesta, ciascun elemento fatto muovere ed agitare a manovella dalla brava gente di Helpt Elkander, mentre un loro collega, sul retro dell’apparato, batteva fragorosamente sopra una lastra di metallo, tentando d’imitare il suono del tuono e del fulmine e riuscendoci pure, pensate un po’. Tutto sempre rigorosamente mosso manualmente, incluso il carro stesso, che come i suoi simili non prevede l’impiego di trattori o altri metodi di locomozione che i muscoli umani. E sono queste, normalmente, le trovate che fanno vincere il Corso di Zundert: grosse componenti mobili, magari con attori che recitano una parte ben precisa, mirando alla creazione di un vero e proprio spettacolo improvvisato, effimero come la durata dei fiori recisi ed attaccati alla figura di turno. Ma chi dovesse pensare che gli altri carri, più statici e figurativi, siano in qualche maniera inferiori, farà meglio a guardare il seguente video, con l’intera parata di quest’anno…
mostri
Google porta il suo migliore alieno “virtuale” su YouTube
Conseguire risultati tangibili in un tempo ragionevole, quindi cambiare il proprio target, l’obiettivo. È questo un metodo operativo che, per quanto possa sembrare all’opposto di un tipico iter creativo, non può che essere alla base di qualunque impresa commerciale del contemporaneo. Che poi vorrebbe dire, il gesto proficuo o la missione di qualsiasi grande compagnia, sia questa operativa nell’ambiente tecnologico, ludico oppure cinematografico. Ed era quindi naturale e inevitabile, ad esattamente un anno dal suo rilascio in esclusiva per alcuni cellulari Motorola poi allargato all’intera area degli Android, che il cortometraggio interattivo ad alto tasso di effetti speciali HELP giungesse infine presso la più celebre ed aperta piattaforma di distribuzione video, usata fianco a fianco dalle major dell’entertainment e dai proprietari di… Micetti, che fanno cose carine. Proprio così: c’è qualcosa di nuovo su YouTube, che non è un felino, e che potreste anche non avere visto. Ed è un kolossal nel suo settore, dei video di effetti speciali lunghi poco più di tre minuti, un vero genere creatosi negli ultimi anni per dare soddisfazione alla curva d’attenzione dei moderni, che sempre più spesso incorpora una gobba brusca come quella di un cammello; sarebbe a dire, irrimediabile entusiasmo, seguito da immediata noia e un cambio di canale. Ma vi sfido, io, a guardare soltanto una parte di questa vicenda a 360 gradi! Definibile in tal modo, non tanto nel modo in cui disanima la familiare questione della bestiolina aliena, un tema che comunque affronta con stile, quanto per la maniera in cui lo spettatore era chiamato, per lo meno nella sua versione originale, a riorientare l’inquadratura grazie a bruschi movimenti del suo smartphone, tanto per, nell’idea pubblicamente nota della sua istigatrice a capo del dipartimento Google ATAP (Advanced Technology and Projects) “Sfruttare finalmente il processore video e gli accelerometri fin troppo spesso trascurati” Beh, si. Da chi non gioca affatto ai videogame, aggiungerei. Ora, nella versione proposta al pubblico dell’ormai vecchio web cliccabile col mouse, questo particolare aspetto funzionale è ovviamente venuto a mancare. [Per] ora, si controlla con il mouse. E forse è anche meglio così! Una tale meraviglia visuale, ridotta alla grandezza di 7, al massimo 10 pollici di schermo, magari posizionati dinnanzi agli occhi grazie all’uso di una scatoletta di cartone? Quale indubbia crudeltà. Soprattutto con l’incombente tecnologia dei nuovi splendidi visori virtuali all’orizzonte, vedi Oculus, HTC Vive e tutto il resto della compagnia.
Definito brevemente l’interessante fenomeno, passiamo ora al corto propriamente detto. Che è l’opera per una volta, va notato, di comprovati professionisti di Hollywood, tra i quali spicca niente meno che il regista di Fast & Furious 4, 5, e 6, nonché del prossimo film in uscita appartenente all’interminabile serie di Star Trek. Il quale, accogliendo con gioia la proposta e la sfida del colosso delle ricerche online verso l’inizio del 2014, ha affrontato l’occasione creativa come una sorta di sfida, cercando un piglio emozionale che potremmo definire quasi Spielberg-iano. È dopotutto innegabile che la breve vicenda di HELP, infarcita d’azione ultra-moderna nello stile del franchise Man in Black, presenti anche degli evidenti richiami ai due classici del maestro Incontri ravvicinati del terzo tipo (1977) ed E.T. l’extra-terrestre (1982) sopratutto nei momenti d’apertura e nel suo epilogo, in qualche maniera, positivo. Anche la scelta del luogo dell’azione è significativa: niente meno che Los Angeles, la vasta città simbolo dell’industria cinematografica occidentale, tra le cui strade, e nei cui canali di drenaggio, si sono svolti alcuni dei più fantastici e memorabili inseguimenti nella storia della cellulosa narrativa. Ma forse mai prima d’ora, con questa specifica metodologia stilistica…
Streghe resuscitate e spiriti del fuoco della notte
Dicono che l’Inferno sia soltanto un luogo e che compiendo buone azioni, con intento o spirito devoto al mondo, si possa riuscire ad evitare di finirci dentro. Ebbene, in verità le dico: beato chi ci crede. La dimensione del possibile terrore occupa precise coordinate su degli assi cartesiani, alla stessa maniera in cui può farlo un sentimento, il ricordo di un giorno ormai lontano. Poiché basta un attimo di distrazione, l’allentamento momentaneo delle proprie difese psichiche, per far scivolare innanzi il rotolante macigno delle catacombe, verso cui non resta che gridare, finché sopraggiunge la follia. Si, piacere mio. Victor Von Vorpalkrauserstein, cacciatore d’incubi, perforatore dei cuori polverosi nelle antiche bare, scioglitore delle rare ragnatele tra le dimensioni. Di certo avrà sentito parlare di me, altrimenti, ah! Non sarebbe qui. Spero che il mastino che si manifesta negli ombrosi pomeriggi della mia tenute non le abbia morso le caviglie. Jeff è un tipo a modo, basta fornirgli a giorni alterni un femore umano da sgranocchiare. Oh, oh, oh. Sto scherzando, naturalmente. Jeff non mangia…Cose…Morte.
Dunque, mi sembra che per telefono si stesse parlando di un evento ectoplasmico di classe due. O mi sbaglio? Niente affatto. Ecco, una “bambina” pressappoco e tanto per parlare per metafore. Ridicola astrazione. È chiaro che un’esemplare giovane appartenente alla razza di vo-ah-EHM, noialtri non abbia ragioni per vagare solitaria nella notte della brughiera inglese, presso Blackburn nel Lancashire. A meno, naturalmente, che non si fosse persa o che facesse parte di una troupe televisiva, impegnata nella realizzazione dell’ultimo reality per pinzilloccheri e merletti, la gioiosa presa in giro delle aspettative pubbliche o del senso comune. Molto, molto divertente. Pensi che una volta conoscevo una simpatica signora della vecchia guardia, la quale addirittura: ottantasette anni, due bypass, ma l’avesse vista! Ancora si svegliava tutti i fine settimana alle 6:30, per andare a correre sui campi da golf vicino casa sua. Ebbene un giorno, per farle uno “scherzo” suo nipote si è vestito con la pelle di un alligatore. E uscendo all’improvviso dalla trappola di sabbia, gli ha fatto: “BUH”. Si, proprio così…. Conoscevo una signora, finché l’ombra oscura della fine, temporaneamente manifesta tra gli alberi decidui, non ha posto fine alla sua lunga vita senza-scaglie né speranze di rivalsa. Certi scherzi tendono a evocare le creature con gli spiriti del male, agevolando la pericolosa progressione degli eventi. Non si può dire che esista, in questo cupo mondo, un solo fiabesco lupo in grado di resistere alla tentazione di lasciare il segno, soprattutto su chi chiama impunemente la sua orribile presenza. E come dicevamo, la bambina. Di certo lei potrà capire: mestieri simili al mio tendono a cambiare per l’impatto del progresso tecnologico. Per esempio, il mio celebre antenato Vilnius Vorpalkrauserstein, sulle prime battute di una richiesta d’assistenza come la sua, avrebbe già iniziato a oliare la preziosa lancia-sega delle anime tramandata per secoli di padre in figlio nella famiglia. Strumento che oggi, se vuole, lei può facilmente ammirare alle mie spalle, all’interno della bacheca che si trova a 1,70 m da terra alle mie spalle, proprio accanto all’orologio d’ambra e dragonite iridescente. Pensi che secondo la leggenda, certi fantasmi impallidivano alla semplice vista di un tale implemento benedetto, dissolvendosi in una nube carica di pestilenze. Si, capisco. No, non sto parlando di quello che IO, consiglio in questo caso. Ma se vuole…D’accordo, come non detto. Ecco, la pistola con proiettili d’argento, pure quella può servire! Però ancora più utile, per chi percorre quotidianamente il sentiero del sovrannaturale, è un rapido giro esplorativo tra le pieghe del mondo digitale, lo scaricamento di qualche decina, dozzina, cinquantina di sequenze video da YouTube, per costituire un repertorio di esperienze pregresse, onde comprendere quando usare il pugno di ferro, oppure quello di velluto. Ma veniamo-al-punto: la strega di Blackburn, in effetti, si era già resa manifesta, verso il mese di gennaio, come ampiamente documentato sui siti dei giornali di zona. All’epoca l’evento fu scartato come un semplice scherzo studentesco ad opera dei frequentatore della vicina università, proprio così. Però dunque, lasci che le racconti del mio ultimo lavoro, appena completato in quel di Chita, proprio sopra la Mongolia, verso le propaggini più orientali della vasta Russia senza fine…
La fonderia dei mostri e robot scalcagnati
Lasciali per terra, sprechi lo spazio e il tempo. Non puoi pensare di collezionare pezzettini di automobili dismesse, borchie deformate. Viti, bulloni, chiodi arrugginiti nello spazio-tempo. Sgorbi sghembi e pezzi spuri. E tutti mi dicevano: un pistone oppure due, senza una camera di scoppio a cosa potrai mai servire! Buttalo via con tutto il resto dei rottami, il suo posto è nella spazzatura. Perché costoro non sapevano la verità. Che anche gli scarti parlano e la loro voce è carica di seduzione: “Brr, siamo tiepidi di un sangue ricco di sistemi, abbiamo una RAGIONE, tanto ancora da DARE…” Se i rimasugli di qualcuno sono il tesoro dell’operoso resto dell’umanità, quando rovistare tra i cumuli dello sfasciacarrozze non è soltanto una semplice scelta ma il futuro possibile delle ragioni di un artista, allora Phairote ha dato la ragion d’essere a un vero e proprio Rinascimento delle cose di recupero. Che va oltre il semplice riciclo, che non ricostruisce meramente, ma proietta innanzi ciò che gli spettatori si aspettano dal bric-a-brac di quei programmi televisivi sul fai-da-te coscienzioso e solidale. Più ti avvicini, meno resti indifferente.
Perché nel suo grande capannone fuori Pattaya, città di 100.000 abitanti nel nord-est della Thailandia sita a circa 130 Km dalla capitale Bangkok, albergano rivisitazioni dei sogni e delle visioni di un’intera generazione, anzi facciamo pure tre. Diversi dal consueto eppure in qualche modo pienamente realizzati: dinosauri vagamente ornati, pecore e cavalli fatti di bulloni, un alieno xenomorfo come quello che seppe regalarci H.R. Giger ma con l’aggiunta delle sospensioni, almeno tre versioni dell’incredibile Hulk: rosso, giallo e grigio scuro. Transformers variopinti in scala oppure rigorosamente monocromatici e almeno da lontano, virtualmente indistinguibili dalla versione cinematografica (in fondo cos’erano quei tecno-guerrieri, se non creazioni antropomorfe fatte in pezzi misti d’automobili…) Ma più ti avvicini a quel recinto, maggiormente scopri piccoli dettagli appassionanti, sopra quelle e tutte le altre cose. Le scaglie sulla schiena dei mostri sono candele d’accensione, mentre sugli arti delle bestie, tendini e tono muscolare vengono resi con innumerevoli catene della bicicletta. I capelli sono frutto d’ingranaggi sovrapposti. Le superfici curvilinee delle schiene arcuate si palesano come un vero e proprio susseguirsi di dadini filettati, forme ottagonali allineate su matrici cristalline, intervallate dall’inserto di qualche gustosa chiave inglese, tanto per spezzare il ritmo delle aspettative. Ogni personaggio è in effetti frutto di dozzine di elementi, raccolti, selezionati e combinati tra di loro, poi saldati, puliti e infine ricoperti da una mano di vernice, per amalgamar quel tutto sconvolgente. Ed è questo un risultato assolutamente degno di nota, nonché adatto al commercio, anche su larga scala….