La catarsi insospettabile dell’orsacchiotto Winnie Pooh

Russian steals bear

Da: Presidente Intergalattico A: Profligato metamorfizzante del Secondo Braccio Oggetto: un orso, soltanto un dannato orso e chissà poi perché STOP Buongiorno agente distaccato del governo della Grande Diaspora Spaziale, spero che il mio drone abbia raggiunto l’astronave GranchioBolla prima che effettuasse il balzo verso la galassia di Andromeda, altrimenti la nostra civiltà potrebbe essere già condannata. A proposito, ti trovo bene? Non ho alcun dubbio in merito. Come potresti aver già sentito dal notiziario non-probabilistico della fascia iperspaziale, abbiamo un problema di entità piuttosto grave. Il tuo collega dell’altro lato di Orione, investito degli stessi poteri e risorse energetiche di tutti gli appartenenti alla classe dei metamorfizzanti, ha sganciato una bomba all’antimateria sul terzo pianeta della stella Colpis Gamma 3, cancellandolo nei fatti dalle carte del settore. Diverse centinaia di migliaia di coloni sono stati costretti a ripristinare la propria mente in un secondo corpo fisico, mentre almeno 3 persone hanno perso la vita. Non sappiamo di fatto come ciò sia potuto succedere, ma lasciamelo dire: ho i miei sospetti. Ad ogni modo, circa 14 ore fa l’impianto di scansione della Cittadella è riuscito a rilevare un’impronta energetica ucronistica sulla fascia spettrale del primo sistema, riconducibile all’attivazione di un dispositivo d’improbabilità di classe 5. Capisci cosa sta succedendo? Il profligato si è spostato in modo reatroattivo sull’asse del rapporto causa-effetto. In poche parole, si trova al momento nel nostro passato, in corrispondenza di quello che secondo alcuni sarebbe stato il primo pianeta abitato dagli umani, epoca terrestre del 2015. Amico mio, tu meglio di chiunque altro sai cosa potrebbe succedere a questo punto, e di certo ben ricordi il caso di quattordicimila anni fa, quando un viaggiatore spaziotemporale ha accidentalmente annichilito l’intera civiltà dei dinosauri. Nessuno può fermare quell’entità Rogue, tranne te. Sei autorizzato a procedere, ma ricorda: tenta di limitare i danni collaterali, Space Cowboy.
Ah! Facile a dirsi, pensa ProfMeta, mentre attende il raffreddamento del nucleo a fusione della sua astronave, prossimo al sovraccarico dopo lo spostamento ucronistico di qualche milione di anni o giù di lì. Lo schermo raffigurante il messaggio che l’ha spinto fino a qui, oltre al briefing di missione, mostrava una mappa piuttosto dettagliata della città bielorussa ante-diaspora di Minsk, ove il suo impossibile nemico dovrebbe aver collocato la sua base. Ad una seconda e terza occhiata, l’unico possibile posizionamento è il centro commerciale sul confine nord-est dell’agglomerato, ben collocato in prossimità di una delle leylines energetiche del 53° parallelo. Se davvero questo è il posizionamento del nemico, l’intento distruttivo apparirebbe alquanto chiaro. Da esploratore a giustiziere, che ironia. Proprio sull’esaurirsi della carica di annullamento dell’impronta termica e invisibilità, o CAITI, ProfMeta spalancò il portellone posteriore della GranchioBolla, trovandosi immediatamente sotto attacco. Uno di quei giorni: l’entità Rogue aveva già ridirezionato l’intera energia elettrica della regione verso il suo nucleo Finnegan, procurandosi la fonte ideale per produrre un materializzatore di classe quattordici. Ora, generate le onde cationiche del caso, era pronta a rigettare su ProfMeta l’equivalente di un mezzo arsenale planetario. Appena il tempo per un gesto di stizza, poi “Scudo agli ioni, attivazione!” Dalla direzione generica del centro commerciale, si alzarono in volo quattordici testate nucleari, come lanciate da una primitiva catapulta. All’occhio degli spettatori umani, la scena dovette sembrare alquanto strana. Nonché breve: pochi secondi dopo, le prime quattro bombe erano state assorbite dallo scudo, mentre le rimanenti dieci, grazie all’impiego del sistema di teletrasporto integrato nella tuta da battaglia, spostate nei luoghi meno abitati del pianeta. Un intero tratto di deserto del Sahara fu istantaneamente vetrificato, mentre l’acqua nella fossa delle Marianne ribollì per diversi minuti di un’orrenda furia apocalittica (fortunatamente, la fusione impiegata ai tempi della diaspora era di tipo niente affatto radioattivo) “Attenzione, energia al 75%” la voce femminile del suo nucleo Finnegan senziente pareva tradire un certo stato d’ansia, tutt’altro che immotivato. A quel punto ProfMeta estrasse la sua arma, preparandosi al pericoloso contrattacco.

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Un verme velenoso espelle l’appendice aliena

Nemertea

Gli anelli sono fuori, i bracciali, i polsini ricamati, i tatuaggi fatti con l’henné. Che noia, le unghie finte colorate, i mezzi guanti col ricamo di un pupazzo oppure l’astro del mattino…. E non parliamo di Apple Watch! La migliore decorazione per la mano umana, almeno agli occhi di chi ha doti di discernimento: un verme rosso lungo quindici centimetri, la testa gonfia, il corpo piatto ma bitorzoluto. Le migliaia di minuscole ciglia che si agitano sopra l’epidermide, spingendolo a spostarsi sopra un velo di sottile muco appicciccoso. Proprio così. Avvicinati mia cara, che ho un regalo qui, per te. È un piccolo rappresentante del phylum Nemerteail cui appellativo proviene dalla ninfa omonima del mare, figlia di Doris e del principe del Ponto. Quale grazia che ha nel suo strisciare! Che profumo deliziosamente marcescente… E questo non è tutto: il meglio ha ancora da venire. Già la molle mano si alza di sua propria volontà, quasi a porgerti un tal frutto della pesca particolarmente fortunata. Non far caso al modo a cui si gonfiano la bocca e l’ano, scuri estremità agli antipodi dell’animale. Piuttosto aspetta con pazienza che si calmi per un attimo, quindi appoggia delicatamente un dito sulla sua magnifica eminenza. Lo senti, com’è liscio? Questo è veramente il re dei vermi. Pensa che sott’acqua, non necessita di branchie ma respira già dalla sua pelle, che assorbe pure il plankton di passaggio. Semplicemente esiste, mentre filtra l’acqua e vegeta i momenti del suo tempo. Tranne quando ha voglia di un boccone sostanzioso! Ecco, ci siamo. È venuto il suo momento. Si è arrabbiato, non riesce a contenersi…Il verme vibra con veemenza veramente virulenta. Sei pronta allo spettacolo? Ssss-PLAT.
Indurre l’inversione dell’organo proboscidale, detto rincocele, di un verme appartenente a simili genìe non è davvero complicato. Si tratta dopo tutto di una reazione automatica dei quattro gangli nervosi posti a coronamento della bocca, ciò che passa per cervello in questo lato della classificazione tipologica di ogni essere che striscia, si agita o nuota fra le onde. Forse maggiormente nota è la reazione simile dei cosiddetti cetrioli di mare (Holothuroidea) lumache dei fondali che, nell’attimo in cui si sentono minacciate espellono improvvisamente l’intestino, i polmoni e la gonade riproduttiva, affinché l’eventuale predatore se ne nutra, mentre loro fuggono lontane. Per poi rigenerare quasi subito tali importanti componenti, verso nuovi limiti e diversi presupposti d’avventura. Comoda, la vita degli organismi semplici, nevvero? Ma il Nemertea, anche detto verme a nastro, è differente. Innanzi tutto, perché è esso stesso, un predatore. Ed è infatti solito nutrirsi, in aggiunta alla sua dieta di micro-organismi, di altri anellidi o Polychaeta, magari piccoli granchietti di passaggio. Una qualunque, insomma, delle variopinte e diversificate forme di vita che percorrono il fondale di ogni regione terrestre, gradualmente digerite nel suo piccolo ma efficiente sistema di stomaco e intestini, posti proprio dietro il rincocele. Che costituisce, per così dire, il massimo segreto del suo successo: basti guardare, come riferimento, il video misterioso che sta spopolando in questi giorni sui diversi blog e board generaliste, in cui una creatura misteriosa, appoggiata sulla mano di una ancor più ignoto individuo (dove ci troviamo? Qual’è la sua nazionalità?) Dimostra spontaneamente il suo metodo di caccia preferito. E sembra un mostro proveniente da galassie inusitate, per il modo in cui d’un tratto si raddoppia d’estensione, lasciando fuoriuscire le diverse ramificazioni di questa orrenda lingua biancastra, affine al propagarsi di una figura di Lichtenberg attraverso un solido trasparente, il metodo ufficiale per intrappolare una corrente elettrica a vantaggio degli spettatori. Almeno potenzialmente, quasi altrettanto dolorosa.

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La rivoluzione delle macchine inconsuete

Rotational golf cart

Il coraggio di esserci, provare ciò che mai era stato dimostrato prima d’ora: è possibile indurre un moto rotativo in un furgoncino elettrico ed erratico, affinché lo spazio necessario per percorrere un chilometro, due, quattordici persino, ammonti grossomodo a quello di una piccola piazzola? L’area rimanente di un parcheggio, la corsia d’ingresso solamente, quella, nello specifico, del parcheggio affiliato al campus dell’University of Loyola, in quel di Chicago Illinois. Visione tolemaica: le apparenze dimostrano con chiarezza innegabile la realtà dei fatti: coi piedi saldamente sull’aiuola, siamo fermi ad osservare questa dannata cosa, del cavallo senza cavaliere, il carro privo di un cocchiere, stranamente abbandonata al suo/nostro destino. Intuizione galileiana: il soggetto del nostro stupore, quel carrello pazzerello, sembra soltanto che si sposti, mentre in effetti è il mondo che vi ruota attorno (sarà invero applicabile, una simile premessa, al caso qui rappresentato…) Madornale, Wilkinson. Perfettamente grossolano, degno di una cella in Vaticano. Ciò che conta non è il moto del contesto, bensì la ragione delle circostanze.  Ecco le domande che dobbiamo porci: cosa trasportava quel furgone? Chi lo guidava, qual’erano i suoi sogni e le sue aspirazioni? Perché il primo poliziotto, accorso sulla scena con fervore, invece di aprire semplicemente lo sportello, colpisce il finestrino con il manganello, spaccando quel che non aveva un simile bisogno. Ah. Comprendere i remoti sentimenti di chi si trovi al cospetto di una tale circostanza non è facile, guardando da lontano. La tremenda frustrazione. L’odio transitorio per gli stolti ed i folli che l’hanno causata. Come, come, Kingdon Come (Sia Fatto il Tuo Regno) si è arrivati ad una simile ingiustizia verso l’uomo e la natura? Quale serie di sfortunati eventi, per usare l’espressione Snicketiana, può averci condotto a a un tale grado d’eccessiva sofferenza! Mi rivolgo a te, supremo demiurgo degli automi ed i sistemi meccanizzati, Skynet. Chè se pure T. Genysis, l’ennesima iterazione dell’antica saga, dovesse rivelarsi derivativo ed insoddisfacente, poco abbiamo da temere: i segni sono manifesti, i tempi assai maturi. Presto avremo l’occasione di sperimentare sulla nostra pelle quella stessa narrazione di macchine pericolosamente intelligenti, destinate a replicarsi all’infinito. Ed allora chi ci salverà, dal segno orrendo della fine, tranne gli eroici addetti alla sicurezza ed all’IT management!
In qualche modo, lungo la sequela dei momenti che compongono quel video, si finisce per assimilare la propria visione a quella degli astanti, i giovani testimoni accidentali che sottolineano la scena con commenti quali “Non ho mai visto niente di simile.” e “Questa è la cosa più fantastica che mi sia mai capitata!” E beato l’entusiasmo di chi non conosce i casi della vita. Nessuno aspira per la sua carriera futura, a consegnar ciambelle nei diversi bar dell’università. E/o portare via la spazzatura dei dipartimenti di chimica e di biologia (possiamo soltanto sperare che i furgoni usati per le due mansioni siano differenti!) Eppure il mondo è pieno di bisogni, e nulla può corroborarli meglio, che il sudore della propria fronte. Letterale, qualche volta, o assai più frequentemente, ai nostri giorni tecnologici e automatizzati, emanazione metaforica del gesto lieve che manovra il meccanismo, preme quel pulsante, ruota il pegno del volante. Preme l’acceleratore e ti trasforma, per un tempo limitato, nell’oggetto e l’ingranaggio di un sistema, due binari della stessa cosa. Apposizione e predicato al verbo che è il verbalizzare: rendere per oggi manifesta l’intenzione collettiva di risolvere un problema. Così, esso è stato, per colui che puote(va). Osserviamo dunque un breve attimo di silenzio, per il povero Richardson (tanto per usare un nome di fantasia) questo ormai ex-corriere di certo chiaramente identificabile, cui era stato affidato il compito di far spostare la massa del presente furgoncino, con la qualifica di mini-trasportatore. Che per un caso imprevisto del destino, d’improvviso è stato volatilizzato dagli eventi, proprio mentre vigorosamente si appoggiava sul pedale, manovrando per immettersi su quel viale. Non è certo colpa tua, mio caro Richardson se quel veicolo, pochi secondi dopo, ha sviluppato un irrefrenabile desiderio di salvarsi dallo stesso orribile destino.

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Con la casa invasa da un intero stormo di rondoni

Chimney Swift
Oh, che strana situazione. Ma che pomeriggio inaspettato! Uscito brevemente a far la spesa, torno a casa e cosa trovo? 25-30 uccelli neri che rimbalzano nel mio salotto, defecano sulla poltrona. Aggrappati ai muri ed al soffitto, gridano con furia il desiderio di tornare fuori, battono le ali e mi colpiscono sul viso. Non c’è pace per i peccatori. Sono i casi inaspettati della primavera. Ogni anno, puntuali come gli odiati pollini che saturano l’aria attorno agli alberi da fiore, animali d’ogni tipo si risvegliano e percorrono di nuovo il mondo condiviso con gli umani. Scolopendre o millepiedi, silenziosamente, strisciano fuori dai propri buchi. Gli orsi di Yellowstone, pigramente intorpiditi, ricominciano la lunga cerca di un cestino abbandonato. Le formiche finalmente, dopo l’esaurimento dell’accumulo dell’anno scorso, mettono la testa all’aria e si spandono, zampettano allegramente sopra il pavimento della tua cucina. Ma se quello che era “dentro” torna finalmente “fuori” ciò non sempre si applica a creature dalle folte, lunghe piume, che già stavano fra i flussi dei remoti venti, e dunque… La rondine (swallow) e il rondone (swift). Bestie differenti nelle dimensioni ma con almeno un punto in comune: entrambe vivono (quasi) perennemente in volo, battendo le lunghe ali a falce per raggiungere i momenti e movimenti della propria avventurosa vita. Quando bevono, dragando l’acqua con il becco, nello stile tipico di un Canadair, come quando mangiano, ghermendo insetti o ragni di passaggio, ben inquadrati con la vista acuta dei due grossi e scuri e tondi occhi. Uccelli come questi, che si posano soltanto presso il proprio nido, trascorrono la propria vita sempre in viaggio, grosso modo come i proverbiali marinai. Non per niente tra i rappresentanti della famiglia ritroviamo questa specie assai diffusa negli Stati Uniti: Chaetura pelagica dal termine in lingua greca pelagikos, che significa “del mare”. Definizione altamente poetica, questa, che tuttavia non poteva bastare per lo stile maggiormente descrittivo della lingua d’uso comune, che vorrebbe almeno un qualche tipo di vaga associazione tra la creatura e la sua vera, pura essenza. Perché rondoni  come questi, dopo tutto, non hanno un particolare tipo di rapporto con l’Oceano, alla maniera per esempio dei gabbiani. Ciò che amano, piuttosto, sono i lunghi fori verticali delle abitazioni, ciò che usiamo quando c’è da risucchiare il fumo. Canne fumarie, comignoli, ciminiere. Da cui il nome di rondone dei camini.
Tu, romano, certamente ben conosci la drammatica venuta dello storno comune, volatile gregario per sua massima eccellenza, l’augusto esecutore di straordinarie quanto mutevoli figure in pieno cielo, frutto degli spostamenti dai giardini della cibazione ai propri dormitori, sopra gli alberi e i canneti del centro città. E se non l’hai ancora visto, un simile spettacolo geometrico, sul periodo di rinascita della natura (primavera! Prima e vera!) Quanto meno noterai, con gioia incomparabile, il tappeto solido di guano che si estende dalla zona Prati fino a quel di Trastevere, dall’Eur alla Stazione Termini, tutt’altro che interrotto da presenze quali “veicoli” o “panchine”. Per chi abita in simili quartieri, chiaramente, l’occasione di assistere alle evoluzioni aeree dello S. Vulgaris non è che il preambolo di una lunga e tormentata saga stagionale. Ma lo sai, come si dice: il peggio non è mai morto. Immagina il plotone che si metta nella forma di un imbuto, quindi punti con precisione millimetrica verso un pertugio che conduce dritto dentro casa tua. Ecco, grosso modo, quello che è successo a James Akers, sfortunato abitante del Texas, protagonista della singolare circostanza qui rappresentata. C’è anche un secondo video, in cui ci si prepara alle prime battute dell’operazione Caccia-all’uccello-invasore.

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