Con la fattoria delle formiche dentro la cucina

Mikey Bustos

“Se ci tenete a saperlo, sono single” esordisce Mikey Bustos: “E non vivo neanche con una madre, che magari potrebbe dirmi: togli questi insetti dal dannato frigorifero, oppure: che ci fanno le formiche sopra il tavolo da pranzo…” Quindi si scusa con gli spettatori perché Sango, il suo maiale vietnamita, sta russando rumorosamente sullo sfondo. Questo giovane dimostra chiaramente l’entusiasmo e la soddisfazione tipica di chi una volta scelta una passione, non importa quanto eccentrica, ha il coraggio di seguirla fino in fondo. E possiede due animali domestici, uno relativamente semplice, l’altro complicato. Stiamo parlando di un vasto formicarium, gente! Un intero Labirinto, in senso assolutamente minoico, di saloni, strade tubolari, vaste stanze, corridoi. Fatto nella piccola misura delle Solenopsis geminata, una delle 200 specie appartenenti al genus delle pungenti, venefiche formiche rosse. Chissà che direbbero i vicini, se sapessero che stanno rischiando…
È un sistema, questo, veramente interessante. Si chiama Omninest ed ha fatto la sua invidiabile fortuna, negli ultimi anni, grazie al negozio di e-commerce AntsCanada (si, spediamo in tutto il mondo!) Un’invenzione in grado di rendere accessibile l’allevamento di un’intera colonia, attraverso approcci e metodologie particolari. Le sue capsule trasparenti e modulari, pienamente smontabili, consentono di seguire ogni stadio dello sviluppo della titolare comunità di insetti, capire quando è giunto il momento di fare pulizia e soprattutto di introdurre il cibo e l’acqua senza il rischio di problematiche evasioni. Con simili strumenti a disposizione, diventa facile perdersi in quel misterioso micro-universo, variegato ed imprevedibile quanto un complesso videogame. A quel punto, evidentemente, si raggiunge un nuovo livello di comprensione di questi minuscoli animali, che da sempre hanno ispirato e condizionato lo sviluppo umano. La scienza migliore, come si usa dire, non nasce da continui sforzi, bensì da singoli e meravigliosi lampi d’illuminazione: “Vedete questa stanza remota? Qui le formiche hanno portato i loro morti e tutti gli altri scarti, come fanno quasi sempre. Ciò gli permette di generare un flusso per convezione.” In pratica, la decomposizione genera anidride carbonica, che a sua volte muove l’aria. Questa colonia di formiche, grazie al caldo ambiente delle Filippine, ha scoperto l’aria condizionata.
E da lì è una vera quanto inarrestabile mitraglia di informazioni. Sembra quasi che Mikey, da quando si è ritrasferito nel paese dei suoi genitori, si sia dedicato pienamente al suo campo principale d’interesse, trasformando ciò che era prima un’hobby ed un commercio nella principale attività delle sue giornate. Ci vuole, del resto, una notevole costanza, per portare a meta una simile metropoli di zampe e antenne operative. Anche se l’integrazione dei diversi componenti della fattoria, con i suoi scompartimenti e l’ampio serbatoio concepito per simulare il mondo esterno, ricorda da vicino quella di un computer, quello si, privo di particolari problematiche di convivenza. E forse anche questa è tra le ragioni del suo successo commerciale online: la facilità di accesso e la difficoltà nel rinunciare a un simile divertimento, una volta che lo si è provato per un certo tempo. Il processore, ovvero la regina. Il cassone di contenimento, la scheda video e poi, la RAM… È comunque sconsigliato, soprattutto per un principiante, l’adozione di formiche tropicali come queste, specie se non autoctone del suo paese. I danni potenziali verso l’ecosistema, in caso di incidenti anche non troppo gravi di percorso, sarebbero tremendi.
Lui ci mostra, con orgoglio, le diverse meraviglie: le stanze con le larve, portate in giro ad innumerevoli operaie, ciascuna dotata del puntino bianco che contiene gli escrementi solidi della sua passiva gioventù. Questo elemento, che viene definito fecal pellet, sarà rimosso il giorno del raggiungimento dello stadio adulto, in una sorta di cerimonia eternamente ripetuta. Poi parla a lungo del modo in cui la disposizione del formicaio cambia di continuo, senza apparente soluzione di continuità. Eppure, con la massima precisione operativa: un gruppo di formiche si riunisce, all’improvviso, stabilendo un comitato. A queste, gradualmente, se ne aggiungono delle altre; per dare, infine, il via al trasloco. Riserve di cibo dove prima c’erano le scorie, oppure viceversa. Perché? Chi lo sa! Non c’è pace tra gli artropodi sociali, presso cui il lavoro nobilita (anche) l’uomo.

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Il dilemma del cavolo e del cane

Maymo Vegetables

E del broccolo e della banana. Del porro, della rutabaga e della salvia. O della mezza melanzana. Può il cane, divorare i peperoni? Il limone da cui prende il suo colore? La scaròla, un pezzo di radicchio, lo spinacio e la biancastra foglia dell’indivia belga? Certamente, che domande. Se gli piace, addirittura. Ma non tutto fa verdura: ogni valida primizia della terra, nell’ultimo video di Maymo “The Cute Dog”, viene posta sulla cima della sua graziosa testa e soppesato. Affinché i principi maggiormente nutritivi di ciascuna cosa possano acquisirsi per osmosi, dallo sguardo di quel muso bianco e un pò rosato. Carico di un bizzarro sentimento, della devozione e di pazienza, soprattutto quest’ultima, nonostante le bizzarre imposizioni del padrone, in dura marcia verso la celebrità. Sembra di sentirlo articolare una parola, a un tale cane…A me, ancora! (Di salvezza).
È del resto un lemon-beagle, questo, che ben conosce le ragioni della fama digitale: ogni settimana, sospinto dall’aspettativa di ricevere una manciata di biscotti, si lascia coinvolgere in diverse situazioni. Molto differenti dalla vita quotidiana, l’insegna di un quadrupede comune. Ti sorprenderò. Disse l’uomo senza volto al suo migliore amico: c’è un continuo crescere dei presupposti, tra lo tsunami di palline, l’incontro con lo squalo-dirigibile, gli abiti ridicoli e le corna di renna e così via. Che, per l’appunto, mai furono particolari come questi dell’ultimo exploit, né tanto carichi di controsensi. In quanto è noto che, nonostante sia teoricamente onnivoro, il cane non gradisce le verdure. Nella ciotola, né tantomeno innanzi ai propri occhi, come capita coi cuccioli, posti a confronto con oggetti poco adatti ai loro teneri palati. Ma che lo sembrano, dal primo sguardo e dall’odore. E chi non ha presente la classica scena del cagnolino, oppure cagnolone mai cresciuto, che saltella intorno ad un limone, ad un fagiolo o una noce dentro il guscio. Devo…mangiare…ma?! Il nesso ultimo di un irreale show: dare prova finalmente, in barba a tutti i cani militari sottoposti a duri addestramenti, che l’unica salsiccia che profuma è quella della mente. Ed è inutile, invero, sventolarla come prova irresistibile d’autocontrollo. Il cane vuole, sopra ogni altra cosa, che sia soddisfatto il suo padrone. Non la patria, né la divisa o il medaglione del suo battaglione. Soltanto quando ciò è impossibile, talune volte pensa a se. [Bark, bark!] E così via, cocomero e carota. Quanto dura, dannazione? Cento, CENTO tra frutti e verdure, dall’A di asparago alla Z di zucchina, l’aureo cane ha ricevuto, alla media di uno per secondo, collocati attraverso alcuni lunghi mesi di lavoro, tentativi e la ricerca, lo sviluppo di particolari soluzioni. Alcuni degli oggetti alimentari in questione, troppo tondeggianti per poter trovare posto sopra il cranico emisfero della belva, sono stati lavorati come fossero cappelli. Da una mano sempre posta fuori della scena, affinché sia chiaro chi è il protagonista: solamente lo stupendo tavolino, vivido e vivente, ma pacifico, latente. Che parrà, di volta in volta, un pompiere o un poliziotto, il centrotavola di un pranzo luculliano. Piuttosto che l’improbabile ballerino, di un pomeriggio a perder peli, presso il carnevale di Rio de Janeiro. Quanta calma, ci dimostra. E quale pace d’animo assoluta. Finché, dopo un lungo pazientare, non riceve in dono un cavolo indifeso, da fagocitare:

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Una macchina per scaraventare i salmoni

Fish Cannon

La vita dei pesci di allevamento è già abbastanza difficile senza sperimentare la traumatica esperienza di essere tirati via dall’acqua, sollevati oltre i confini della propria casa e venire trasportati faticosamente a braccio, lungo percorsi sdrucciolevoli, verso le vasche di una nuova prigionia. E pensare che per propensione non dovrebbe avere alcun problema! Creature come queste, in natura, sono prive di radici. Un pesce vagabondo, com’è quello dalle carni rosa e tenere per eccellenza, non ha possedimenti terreni da lasciare indietro. Ma piuttosto un obiettivo troppo chiaro innanzi ai suoi due occhi scuri e acquosi: raggiungere la splendida compagna, presso le cime da cui scaturisce il fiume, oltre la bocca del palmigrado ursino, gli artigli del falco pescatore o gli stomaci dei lupi o topi troppo fortunati. Egli, pesce senza presupposti metropolitani, viaggia nuotando in salita sotto i fusti d’albero della foresta, senza mai guardarsi indietro, nella piacevole incoscienza della sua mortalità. Mentre il compagno ormai perduto da generazioni, frutto della selezione artificiale, vive in vasche meditando. Non è che la sua vita sia peggiore, in senso universale. Né particolarmente breve, di confronto: il salmone dell’Oceano Atlantico, normalmente, abbandona le acque della sua maturità dopo soltanto un anno, per intraprendere il faticoso viaggio che lo porta a riprodursi, svuotarsi di ogni risorsa e forza per morire soddisfatto. La libertà, per simili scagliose creature, vuole dire dedicare tutta la propria breve esistenza alla realizzazione di quel singolo momento: la trasmissione topica del proprio DNA.
Al confronto vivere in spaziose vasche, asserviti ai desideri e al gusto degli umani, ha alcuni lati positivi. La sicurezza di riuscire a prosperare, riprodursi. Benché disseminata di attimi di assoluto terrore, purtroppo ricorrente: stiamo parlando di quando si viene trasferiti da una vasca all’altra. Gli allevamenti chiudono, si spostano, diventano sovraffollati. A quel punto, è necessario traslocare. Per spostare 10 pesci. 100, 1.000 o 10.000. Per farlo con la massima efficienza, tranquillità, una ragionevole considerazione per l’igiene: questo è l’Hydrovision 2014 della Whooshh Innovations, un’azienda  (provate a dirne il nome quattro volte di seguito) che promette straordinari risultati in questo campo delicato, pregno e rilevante. Il segreto sta nell’utilizzo sapiente dell’aria compressa. Il meccanismo, che sta proprio in questi giorni riscuotendo un grande successo sui maggiori social network, consta di un lungo tubo flessibile, largo esattamente quanto il pesce da spostare. E di un poderoso motore elettrico a pressione. Si tratta, per usare un’analogia, della versione ittica dei tubi pedonali visti nel cartone Futurama, in cui un sistema simile veniva usato dai cittadini al posto del trasporto pubblico, con un significativo aumento di praticità nel muoversi attraverso i grandi centri urbani.  Per non parlare di quella magnifica emozione di volare…

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Le ragioni di una palla d’api

Bee Ball

Vieni più vicino. Ho un regalo per te: la miglior primizia di stagione. Un frutto giallo e nero, tondo eppure bitorzoluto, estremamente pregevole, maneggevole. Gustoso, persino, almeno credo. Piuttosto rumoroso e pieno d’ali. Come l’ananas, non è la risultanza di una sola cosa, ma di molte parti, ciascuna dedita a contribuire al tutto. Sono insetti laboriosi, questi. Api la tua mano!
Sulla paura moderna e contemporanea dell’ape mellifera, diffusa in modo particolare tra le giovani generazioni d’oggi, ho una teoria. Questo concetto di un minuscolo animale, potenziale fonte di dolore e sofferenza, che percorre tragitti erratici per il giardino e dentro casa, ricorda troppo da vicino il tipico nemico dei videogame. L’astronavina aliena, il fungo-teschio, il fantasmino. Tutte creature, queste, che feriscono al contatto. La loro semplice vicinanza, nello spazio bidimensionale dello schermo di gioco, presagisce alla perdita istantanea di un prezioso punto d’energia. E benché l’ape, singolarmente, non costituisca un vero rischio, essa è pur sempre in grado di difendersi; o per meglio dire, difendere la propria casa. Soprattutto visto quello che succede dopo la sfortunata congiuntura. Morte, disgregamento (per lei) un dolore intenso benché passeggero, per la “vittima” designata. Nessuno vorrebbe farsi pungere da un’ape. Tranne Fred Boucher, almeno a quanto sembra di capire dal presente video.
In fondo avremmo fatto tutti come lui (giusto?) Che trovando un bizzarro agglomerato di piccole ronzanti creature l’ha raccolto. Ha chiamato la moglie, per farglielo vedere. E mentre lei riprendeva, con mano ferma e un cellulare, l’interezza della scena, ha preso a stuzzicarlo con insistenza. Perché naturalmente niente succede senza una ragione. E se 30, 40 artropodi sociali si assembrano in un singolo ammasso, la curiosità è lecita. La sperimentazione, ardìta. Soprattutto per le dita, che devono esplorare, scavare, mettere da parte e sgominare tante potenziali spadaccine perforanti, pronte ad iniettare la spiacevole tossina. Non che tale cosa avvenga, nel presente caso. Le api in questione, piuttosto indispettite, ritornano una, due volte. Poi finiscono per aggirarsi tutto intorno, ronzando senza presupposti ostili. Sarà forse merito della sicurezza, di lui che senza un grammo di paura, o fastidio, impone la sua forte volontà d’umano. Gli insetti fiutano la paura? Assai probabilmente, quest’uomo non si dedica a parecchi videogiochi. Ma a cacce al tesoro naturalistiche, capaci di condurre verso inaspettate verità. Finché…Eureka! Ci siamo: al centro della palla, alquanto stordita, c’era lei. Una grossa regina del loro stesso alveare, così quasi soffocata, surriscaldata, stritolata dalle sue crudeli operaie rivoluzionarie. La ragione è presto detta: la […] è morta, lunga vita alla […] Come nei regni delle epoche trascorse, in una comunità d’insetti può esserci soltanto il giusto numero di monarchi. Tutti gli altri sono deleteri e soprattutto non desiderabili. Pericolosi, addirittura, per il mantenimento dello status quo biologico. Devono morire, così.

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