L’emblematico ventaglio vegetale che si staglia come un logo contro il cielo dell’identità malgascia

Nell’ipotetico spazio del tutto ipotetico di un universo a due dimensioni, sarebbe facile individuare schemi di sviluppo ricorrenti nella biologia e l’espletazione delle ricorrenti fenomenologie naturali. Come per l’insorgere frequente, negli studi relativi, del numero di Fibonacci e la conseguente sezione aurea, ed ancor più di questo: piante ed animali tenderebbero ad assomigliare a delle opere d’arte. Creazioni logografiche pensate per esplicitare l’armonia e la simmetria, in quanto valori soggiacenti di ogni progressiva conclusione del fondamentale ragionamento. Ed è per questo che nell’ipotetica rappresentazione, concettualmente non dissimile da un ombra, di oggetti iperdimensionali come un tesseratto su misure o proporzioni che possiamo giungere a visualizzare coi nostri occhi, non possiamo fare a meno di restare affascinati ed in qualche modo scossi nelle nostre percezioni geometriche di partenza. Una reazione che può insorgere in maniera non dissimile nel caso più frequente, in cui qualcosa appartenente al regno della triplice esistenza si presenti in configurazione binaria. Per scelta, per un qualche tipo di vantaggio evolutivo, per l’innata e imprescindibile ricerca dell’efficienza, da cui tanto spesso tende a derivare l’armonia. Prendete, per esempio, la figura stilizzata che irradia le sue emanazioni dalla testa di zebù posizionata al centro dello stemma nazionale del Madagascar. Struttura che in parecchi penserebbero creata dalla mera creatività nel campo grafico, eppure derivante dalla cosiddetta “palma” del viaggiatore (Ravenala madagascariensis) albero alto fino a 30 metri frequentemente visionabile nei dintorni della capitale Antananarivo, così come determinate altre zone dell’isola, nonché in un’ampia fascia di parchi e giardini dislocati nell’intera zona tropicale del mondo. Con una ragione non così difficile da determinare: questa pianta rappresenta, dopo tutto, una presenza inconfondibile e del tutto priva di termini di paragone. Grazie ai propri rami che si allargano dal fusto centrale con dislocazione lineare, ovvero sullo stesso piano sul senso della larghezza esponendo colossali foglie come fossero le dita di una mano, oppur le stecche di un ventaglio conficcato verticalmente in direzione dell’azzurro cielo. Come conseguenza di una fillotassi (disposizione delle foglie) dai vantaggi non del tutto evidenti, ancorché considerata la tendenza dell’albero ad allargare tale configurazione lungo l’asse est-ovest, sia del tutto ragionevole l’ipotesi che l’espediente serva per massimizzare l’esposizione delle fabbriche di clorofilla dalla nascita al tramonto del sole soprastante. Con il vantaggio ulteriore, di natura niente affatto trascurabile, di giungere a creare nella convergenza un pratico recipiente di raccolta per l’acqua piovana, alla base delle guaine fogliari e conseguentemente nei tessuti spugnosi interni alla pianta. Da qui l’idea non del tutto ipotetica, che una persona prossima alla disidratazione potesse trovare sollievo praticando un foro strategico nel tronco spesso un massimo di 60 cm, ancorché i risultati in tal senso possano eccezionalmente variare, data la quantità d’insetti morti, uova di rana e conseguenti girini che tendono a vivere in tali angusti pertugi…

Per una posizione funzionale all’ecosistema isolano, al punto che proscimmie e pipistrelli locali dipendono quasi completamente in determinati periodi per nutrirsi dal nettare zuccherino prodotto all’interno dei fiori di quest’albero. In modo particolare nel caso dell’iconico lemure Varecia (variegata o rubra) il cui lungo muso simile a quello di un cane potrebbe avere origine proprio dalla necessità di suggere nel miglior modo tali interessanti costruzioni vegetative. La cui osservazione neanche troppo approfondita, tra la primavera ed estate a seconda della latitudine, può fornire dei pratici indizi in merito all’effettiva famiglia cui appartiene la pianta. Verdi e relativamente poco appariscenti, le infiorescenze sono solite configurarsi infatti come un susseguirsi di puntali acuminati, simili alle prue di una barca, sormontati da una cresta di pistilli che ricorda l’ornamento di un volatile appollaiato. Proprio come la celebre Strelitzia reginae o “uccello del paradiso”, fiore assai più variopinto e molto amato nelle composizioni artistiche di ogni nazionalità e provenienza. Il che fa rende la R. madagascariensis un membro rappresentativo della famiglia delle Zingiberales, che non soltanto sono differenti dalla palma ma neppure rientrano da un punto di vista pratico nella categoria degli alberi, assumendo tale forma da una configurazione erbacea gigante, in cui il tronco si trova formato da una serie di guaine sovrapposte piuttosto che del vero e proprio legno. Osservazione avvalorata ulteriormente nella fase successiva della formazione dei frutti, capsule oblunghe morfologicamente simili alle imparentate banane, ma più piccole e di colore marrone all’esterno. Finché dopo l’apertura esse non rivelano un appariscente quanto raro color blu elettrico della polpa e dei semi, finalizzati all’attrazione comprovata dei volatili come agenti ulteriori di dispersione.
Non stupisce dunque in considerazione dell’aspetto complessivamente alieno, che l’albero del viaggiatore abbia ben pochi utilizzi gastronomici, risultando convenzionalmente incommestibile tranne che per linfa o polpa lievemente amidacea, del tutto priva di grassi oleaginosi, talvolta cotta e consumata per il mero sostentamento dai nativi nei periodi di carestia o carenza di cibo. Laddove culturalmente, per il popolo malgascio, essa ha lungamente rivestito un ruolo primario nella pratica di numerose attività quotidiane. Principalmente nella costruzione mediante l’uso delle foglie di pareti per le abitazioni, coperture dei tetti, stuoie e imballaggi, nonché utensili e varie tipologie di ornamenti utilizzati nei rituali. Dal che deriva, presumibilmente, l’alto valore simbolico dell’arbusto cui viene attribuito un potere apotropaico in quanto residenza di una divinità protettrice. Nonché il potere ipotetico di accogliere, ed in qualche modo proteggere i viandanti alla ricerca di un luogo dove gli abitanti siano ben disposti ad accogliergli ed offrire riparo.

Tanto più rara quanto ci si sposta dalla linea dell’Equatore data la sua sopportazione limitata di temperature al di sotto dei 10 gradi, comparendo in Italia con scopo ornamentale soltanto al meridione e preferibilmente nelle zone costiere, la Ravenala è d’altro canto una presenza costante delle serre all’interno degli orti botanici di tutto il mondo, dato il suo aspetto inconfondibile che pare quasi concepito al fine esplicito di stimolare la fantasia dei visitatori. Difficile immaginare, in tal senso, una pianta che presenti un volto maggiormente accattivante per chi sceglie di osservarla dalla giusta angolazione. Instaurando un istantaneo filo di collegamento, tra il nucleo dei pensieri e la percezione inconfondibile dello schema ripetuto che governa il mondo. Diretta conseguenza esponenziale del modulo numericamente ripetibile, alla base del concetto frammentato di divinità latente.

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