Una delle storie più frequentemente ripetute dall’artista britannico Willard Wigan nel corso delle sue interviste riguarda il processo formativo dei suoi anni scolastici ed il modo in cui un’esperienza negativa lo condusse, per via indiretta, alla laboriosa ricerca di un continuo perfezionamento. Per il modo in cui negli anni ’60, tra l’ignoranza generale delle condizioni collegate alla dislessia e la sindrome di Asperger, i suoi insegnanti lo maltrattavano ed eleggevano ad esempio negativo, causa l’incapacità di leggere e scrivere in maniera analoga ai suoi compagni. “Non sei nulla, e non farai mai nulla” gli dissero. E così lui scelse qualcosa d’invisibile con l’intenzione dichiarata di renderlo grande. Il secondo aneddoto preferito si svolge invece nel 2008 e riguarda la creazione di uno dei suoi capolavori, ritraente Alice nel Paese delle Meraviglie al tavolo del Cappellaio Matto. Ed il modo in cui, a seguito di uno squillo imprevisto del cellulare ai margini del tavolo, inalò improvvisamente, finendo per mandare la protagonista in un’oscura e inconoscibile caverna: il pertugio verticale e umido dei suoi stessi condotti respiratori.
Un destino, per così dire, anatomico poiché microbica è l’implicita natura di quanto stiamo definendo. Qualcosa di tanto piccolo da risultare spesso invisibile a occhio nudo. Pur non essendo irraggiungibile, così ci è dato rilevare grazie ai semplici trascorsi dell’evidenza, tramite l’impiego delle dita e mani esperte di qualcuno che scelto una strada. E nei 68 anni della propria vita ricca di trionfi e soddisfazioni, l’ha percorsa fino ai limiti più estremi dell’umana indole creativa. Con plurime mostre di largo successo all’attivo e la comparsa in diversi programmi televisivi nazionali e all’estero, egli è diventato in effetti il sinonimo di un tipo di scultura precedentemente inesplorata al di fuori di qualche singolare esperimento, consistente nel creare riconoscibili miniature, di personaggi fantastici, individui effettivamente vissuti o celebri opere d’arte, all’interno di spazi eccezionalmente ridotti, come la cruna di un ago o la punta di uno spillo. Usando materiali quali pezzi di filo, fibre tessili o persino dei granelli di polvere, attentamente modellati nel corso di giorni o settimane tramite l’impiego di una selezione di strumenti assolutamente fuori dal comune. Oggetti come schegge di diamante incollate a uno stuzzicadenti, fili di nylon ripiegati come fossero un uncino e punte affilate pronte ad essere inserite in un trapano, se tali attrezzi elettrici potessero misurare appena una frazione infinitesimale di un’unghia umana. Semplicemente inimmaginabile risulta essere il livello di mano ferma e precisione necessaria per l’ottenimento di uno dei suoi prodotti finali, il cui livello di dettagli sfiora letteralmente il maniacale. Vedi il caso nel 2019 della sua statua equestre del Principe Alberto (il marito della Regina Vittoria) misurante circa 0,005 millimetri di altezza, le cui medaglie appuntate sulla giacca erano comparabili nelle proporzioni ad un monocita o globulo bianco. Tanto da richiedere, per la riuscita realizzazione di un pezzo, un condizionamento e circostanze particolari, tra cui una casa in periferia ed orari di lavoro per lo più notturni, al fine di evitare vibrazioni veicolari, ma anche il controllo del proprio respiro e persino il battito cardiaco, laddove avvicinare le mani ad un pezzo senza particolari accorgimenti diventa, al di sotto di determinate proporzioni, del tutto simile a colpirlo con la forza di un martello pneumatico…
Avendo iniziato in un certo senso la propria carriera da bambino, costruendo case per le formiche lasciate senza dimora da un assalto del cane di famiglia nel cortile, Wigan diventò famoso tra i propri compagni di scuola per la capacità di riprodurre in proporzioni microscopiche i personaggi dell’illustratrice Beatrix Potter. Attività che avrebbe progressivamente perfezionato dopo aver ricevuto in regalo dalla madre un microscopio usato, assieme all’incoraggiamento in qualche modo poetico connesso al suo ultimo pezzo: “Riesco ancora a vederlo. Rendilo più piccolo. Più sarà piccolo, maggiormente famoso diventerà il tuo nome.” Ma ci sarebbero voluti ancora anni, affinché il suo sogno di celebrità riuscisse a raggiungere il coronamento. Quando lavorando all’interno di una fabbrica, ottenne il permesso dal suo capo di trasformare un magazzino sul retro in un laboratorio di scultura. E producendo un realistico busto di Shakespeare a misura naturale da un pezzo di legno, attirò l’attenzione di un giornale locale. Allorché cogliendo l’attimo, decise di mostrare al reporter anche una delle sue micro-sculture, riuscendo a coinvolgerne immediatamente e comprensibilmente l’immaginazione. Da lì, grazie al coinvolgimento di alcune gallerie d’arte, avrebbe perseguito la propria poetica fino a livelli mai pensati prima di quel fortuito frangente. Grani di sabbia diventavano animali (soggetto preferito, prevedibilmente, il cammello nella cruna) pezzetti di nylon e personaggi di vario tipo. Era dunque il 1995 quando dal suo tavolo prese forma un’infinitesimale riproduzione del Pensatore di Rodin, probabilmente una delle opere più celebri nella storia della scultura. Fu un grande successo. Da lì un processo utile ad incrementare la celebrità dei suoi lavori, permettendogli di dedicarsi a soggetti celebri come la Statua della Libertà (2003) o l’Ultima Cena di Leonardo da Vinci (2004). Quest’ultimo pezzo, uno dei più complicati fino a quel momento, un assemblaggio incredibile di tutti e 13 i personaggi previsti, con tanto di Cristo fiancheggiato da un Giuda che solleva minacciosamente un coltello. Perfettamente riconoscibile, centrale e dorata, la più piccola riproduzione del Santo Calice che sia mai stata osservata da occhio umano. Particolarmente variopinta nell’aspetto, l’opera diventò inoltre il banco di prova per una sua nuova tecnica nell’ottenimento di micro-pigmenti di vernice, tramite la mescolanza di polveri finissime all’interno di una soluzione colloidale. E l’impiego di pennelli improbabili, entro cui spicca un sopracciglio e addirittura il pelo estratto direttamente da una mosca passata da poco a miglior vita. Impossibile non citare, a questo punto, alcune delle opere più celebri degli anni 2010, tra cui Buzz Aldrin sulla Luna, Elvis Priesley come rappresentante della cultura Pop (2012) e un Einstein grande integralmente quegli stessi 0,005 millimetri, presumibilmente la dimensione minima raggiungibile dalle sue esperte mani. Almeno fino al 2015 con la notevole creazione raffigurante la forma relativamente semplice di un feto umano, approssimativamente non più alta della metà del famoso scienziato.
Momento topico, nella sua carriera, l’incontro con la Regina Elisabetta II avvenuto nel 2007, in seguito alla sua nomina come cavaliere dell’Ordine dell’Impero Britannico, in occasione della quale avrebbe fatto dono alla sovrana di una minuscola corona posta su un cuscino in cima ad uno spillo. Episodio a seguito del quale uno dei suoi soggetti preferiti sarebbe diventata la monarchia britannica, con diversi ritratti all’attivo di figure storiche e personaggi dell’attuale generazione, oltre a stemmi, cavalieri, troni e palazzi. Verso l’elaborazione di un giustapposizione, a suo avviso produttiva, tra la grandezza percepita delle istituzioni ed il microscopico universo contenuto dentro l’espressione dell’umiltà umana.
Confermando la maniera in cui Willard Wigan sia riuscito a rappresentare, nel corso della sua lunga carriera, l’esempio da seguire per chiunque voglia trasformare una debolezza in un punto di forza. Avendo il coraggio di operare fuori dalle convenzioni ma senza mai dimenticare la passione dei propri anni formativi. Anche nel caso, tutt’altro che raro, in cui l’origine di essa sia stata l’incapacità di conformarsi alle necessità di un ambito scolastico irrigidito nelle sue tradizioni. Un dramma inevitabile, che tutt’ora condiziona l’esistenza di un’infinità di spiriti liberi ed intelligenze creative.


