L’Hummer grande come una piramide del faraone dei motori sauditi

Mastodontico, imponente, grandioso, l’iconico trasporto veicolare delle truppe statunitensi si trovò a rappresentare fin da un trentennio a questa parte un significativo potenziale inesplorato, di quanto l’eccesso potesse dominare sulle strade sufficientemente ampie, dimostrando a più livelli l’interesse della gente facoltosa per la cosa pubblica, purché tale cosa fosse allineata al predominio sui campi di battaglia e l’occupazione del suolo straniero. Non a caso il primo testimonial, ed a dire il vero iniziatore stesso della diffusione del veicolo all’interno del mondo civile, sarebbe stato niente meno che Arnold Schwarzenegger, già negli anni ’90 associato ad una passione imperitura per l’estetica militarista e tutto ciò che procedendo grazie alle sue ruote, sarebbe giunto a costituire anche a posteriori un emblema dell’eccellenza ingegneristica del suo beneamato paese. Ma se la personalità principalmente associata al modello consumer di tipo H1 sarebbe stata in Occidente quella di un attore di Hollywood, vi sembrerà stranamente appropriato che in Medio Oriente questo ruolo di “persona celebre” potesse appartenere unicamente al tipo di VIP che domina il panorama economico della vasta penisola e l’intero golfo dell’Oman: sto parlando, chiaramente, di un membro della famiglia reale saudita, il cui nome è Hamad bin Hamdan Al Nahyan ma che tutti chiamano lo “sceicco dell’arcobaleno” (presto vi dirò il perché). Potenzialmente il più ricco dopo Sua Altezza il re Salman, considerato il patrimonio stimato attorno ai 20 miliardi di dollari, derivante come prevedibile dai diritti di sfruttamento delle ingenti risorse petrolifere sul territorio di quei sabbiosi domini. Mentre assai meno scontato risulta essere, di contro, l’ambito specifico in cui è solito investire una copiosa percentuale dei suoi introiti spropositati, ovvero la procura, catalogazione ed esposizione di una delle più eclettiche collezioni di automobili al mondo. In cui non sono tanto i marchi a farla da padrone, quanto strani modelli e fuoriserie, accompagnate da un’accattivante serie di “pezzi unici” fatti costruire sulla base delle sue precise direttive o aneliti non privi di un’importante dose d’ambizione procedurale. “Io non credo particolarmente nel lusso” ama affermare lo sceicco interrogato sull’assenza di Ferrari, Porsche o Lamborghini (fatta eccezione per il primo SUV prodotto dalla compagnia) mentre accoglie i propri ospiti e li fa salire a bordo di una delle sue tre “macchine giganti” custodite all’interno dell’edificio più stravagante di tutta la città di Abu Dhabi. Sotto ogni punto di vista rilevante, una vera e propria piramide di metallo con esattamente 100 metri di lato, il garage perfetto per simili pantagruelici giganti motorizzati. L’apprezzabile dimostrazione dell’opulenza senza limiti, ma anche l’intento di costruire qualcosa di divertente per il pubblico, a suo mondo…

L’enorme mappamondo fuori dalla piramide, oltre ad essere un’invidiabile decorazione da giardino, costituisce il più grande camper mai costruito, con 8 camere da letto e 122 tonnellate di peso. Sullo sfondo è invece visibile quello che Google Maps definisce “l’aereo inamovibile”, un’altra possessione uscita dall’uso quotidiano del padrone di casa.

Lungo 14 metri e largo 6, con un peso stimato attorno alle 24 tonnellate, il fuoristrada fuori misura custodisce dunque al suo interno un secondo tributo ai mezzi dell’esercito statunitense, essendo basato sul telaio e motorizzazione di un mezzo di trasporto truppe anfibio LARC-V, del tipo originariamente utilizzato per lo sbarco sulle spiagge ed oltre i fiumi della penisola vietnamita. Con la lunga serie di modifiche che ti aspetteresti visto il passaggio di circa 6 decadi, tra cui l’impiego di ben quattro motori diesel da 15,2 litri per una potenza complessiva attorno ai 1.800 cavalli, sufficiente a spingere il colossale dinosauro a una velocità massima di circa 50 Km/h, il che suona oggettivamente piuttosto terrificante e giustifica la necessità di farlo scortare dalla polizia, ogni volta in cui il proprietario scelga di guidarlo per le assolate strade del suo spazioso paese, dopo aver ottenuto l’accesso mediante apposita scalinata ribaltabile da sotto l’elevato scafo su mega-pneumatici da 25.000 dollari l’uno. Non che ciò avvenga effettivamente molto di frequente, permettendo al veicolo di trovare la sua ideale collocazione assieme alle altre meraviglie del bizzarro pseudo-mausoleo situato 45 Km a sud della seconda città più popolosa degli Emirati, ivi inclusi gli altri due capolavori ivi parcheggiati dell’ipertrofia automobilistica proporzionale. A partire dal primo in ordine cronologico, il pick-up Dodge Power Wagon già orgogliosamente mostrato ed entusiasticamente discusso da niente meno che il britannico Jeremy Clarkson, in un’antica puntata del programma pluri-decennale Top Gear, anch’esso caratterizzato dalla presenza al suo interno di un vero e proprio appartamento con tanto di divani e gabinetto funzionante, sebbene la velocità di guida massima fosse in quel caso limitata a circa la metà del totale. Mentre decisamente più performante, sebbene più spartana, doveva risultare la Jeep Willys alta sei metri e mezzo, un altro “modello in scala” semovente grande circa il triplo dell’originale 4×4, pilotabile grazie a una plancia di comando concettualmente non così distante da quella di una nave. E d’altra parte non è del tutto inimmaginabile una situazione in cui giganti simili potrebbero risultare inaspettatamente utili durante un’escursione negli immediati dintorni desertici del singolare museo, per chiunque anteponesse il proprio comfort ai consumi e considerazioni ambientaliste sull’impatto nei confronti della natura. Altrettanto interessante, nel novero a corredo dell’appuntito edificio, la variegata collezione di Mercedes possedute dal magnate, a partire da un modello del primo autoveicolo a vapore della compagnia e fino alle sue celebri sette Classe S ciascuna di un colore dell’arcobaleno, forse la più appariscente manifestazione del suo emblema cromatico preferito. Che ricorre in forma di strisce decorative o stemmi presenti in buona parte dei suoi pezzi fabbricati su misura mescolati nella gamma a numerose edizioni limitate o bizzarri prototipi della compagnia tedesca da lui maggiormente amata. Con due regole fondamentali, spesso enunciate dallo sceicco nel corso della comunicazione ai margini del museo: ciascun pezzo deve essere funzionante ed almeno in linea di principio, “acquistabile da chiunque”. Si fa per dire…

Forse il capolavoro dei mezzi progettati su misura da Hamad è il lunghissimo SUV di nome Dhabiyan, simile a un dragster fuoristrada fuoriuscito da un film fantascientifico di ambientazione vagamente cyberpunk. Con un generoso corredo di 10 ruote, più altre quatto di ricambio ai lati del cofano spropositato.

Affermazione accompagnata, in almeno un paio di celebri occasioni, dalla dichiarazione d’intenti riassumibile nel concetto di “Far avverare i propri sogni quando si ha una passione profonda e intramontabile.” Un proposito oggettivamente più semplice da raggiungere tramite l’impiego dei miliardi di cui egli dispone. Eppure un messaggio meritevole, fatte le dovute proporzioni, per tutti coloro che si trovano a gestire un surplus nelle pur limitate risorse che governano la propria singola ed irriproducibile esistenza in Terra.
Al termine della quale, presso il passaggio a livello del vastissimo parcheggio seminterrato delle anime, a ciascuno potrà essere chiesto: quanto è alto il tetto del tuo veicolo? Prima di concedere la tessera che corrisponde all’inizio della sosta indeterminata, che attende nel (dopo)domani di ciascuno di noi. E chi può dire che non sia proprio l’inevitabile diniego dell’accesso in quel frangente dimensionalmente limitato, a poter costituire chiave funzionale per l’ottenimento di un dorato grammo d’Immortalità futura…

Lascia un commento