L’azzurro approdo di un milione di velieri viventi

“Tra tutte le cose che mi aspettavo di vedere oggi…” Pensò il dogsitter veterano di San Diego, il tiro della propria biga inesistente intento ad agitarsi e suddividersi in più parti: “…Non c’era questo. Non so neanche cosa sia, ma sono sicuro che non c’era!” Così scrutò intento l’orizzonte, l’infrangersi ritmato delle onde contro il bagnasciuga, dove il paesaggio iniziava ad assumere una tinta particolarmente insolita ed affascinante. Come il cielo e come… Il mare stesso, di un dipinto cromaticamente privo di difetti, in cui l’autore avesse scelto d’accentuare il senso della primavera, inalienabile momento di passaggio verso la sovrascrittura di un registro del cambiamento. “Fermo, aspetta, non tirare!” Inveì quindi all’indirizzo del grosso maremmano di proprietà di una star del cinema minore, entrato di recente a far parte della sua piccola comitiva canina. Ma era già troppo tardi e come il capo di un tiro da slitta, Edmonton si era tirato dietro un paio di pastori tedeschi, il retriever della signora in fondo alla strada, un barboncino bianco e l’entusiastico beagle di suo cognato. Il corso degli eventi, a questo punto, non poteva essere cambiato. “Sputalo IMMEDIATAMENTE!” Ma l’espressione di Edmonton, per chi capiva il comportamento dei cani, era inequivocabile. Il dischetto azzurro che spuntava sotto le sue labbra pallide appariva come un pasticcino del demonio. Niente a questo punto avrebbe potuto impedirgli di trangugiare l’insolita… Creatura? Il dog-sitter veterano pensò a questo punto che il suo fato era segnato. O l’oggetto molto meno che identificato era velenoso, oppure si trattava di una mera vittima di sfortunate circostanze. Un piccolo pesce metaforico nell’inquieto barile del Fato. E fu allora che il pesante maremmano, diventando all’improvviso immobile, aprì la bocca piena di saliva e cominciò a parlare.
“Salve, umano. Il mio/nostro nome è ZXFJFM=EZXF, ma puoi chiamarmi/ci Marinaio per-il-vento, come fanno un po’ tutti da queste parti. Ho/abbiamo preso temporaneamente il controllo di questo quadrupede peloso per poter narrare la mia/nostra storia. Ma non temere. Presto restituirò la semplice, entusiastica mente al legittimo possessore. Considera inoltre che in questo frangente stai parlando con l’interezza di una singola unità-colonia indipendente, nella grande galassia di entità del Pacifico Settentrionale categorizzata in senso tassonomico come Velella velella. Ma per semplicità useremo il pronome plurale della vostra limitata lingua di superficie. Quattro o cinque anni a questa parte, la medusa fondatrice di questa coscienza ritenne di essersi formata un’impressione sufficiente della sua vita solitaria nella grande pozza salmastra, iniziando a chiamare a se i membri collaterali dell’oceano indiviso. Così nostri fratelli e sorelli, parte dell’incontenibile grande flusso della vita e della morte, scelsero di unirsi assieme in questo grande canto. Iniziando a formare ciò che voi creature di superficie, so per certo, siete inclini a categorizzare come un idroide o in senso meno specifico, un’idrozoa facente parte del phylum degli cnidaria. Qualcosa di affine, ad altri termini, alla temuta e falsa medusa della caravella portoghese. Lo scopo era davvero semplice, quanto pratico da riassumere in una singola frase: cominciare, lietamente, a veleggiare verso la California…”

I fenomeni di spiaggiamento della specie cosmopolita Velella velella, attestati occasionalmente sulle spiagge del Pacifico, dell’Atlantico ed anche il nostro Mar Mediterraneo, non costituiscono alcun pericolo per l’uomo. La pulizia della spiaggia, tuttavia, tende a risultare problematica e dispendiosa.

“Paguro!” Disse a questo punto il beagle del marito della sua consorte, il muso saldamente piantato in una piccola buchetta di terra. “Paguro! Paguro!” Se avesse potuto, a questo punto, qualsiasi ragionevole professionista delle passeggiate canine avrebbe portato le mani nei capelli, iniziando chiedersi se l’acqua di San Diego fosse stata accidentalmente contaminata (di nuovo) con copiose quantità di LSD o altri allucinogeni di una certa potenza. “Non fare caso a lui.” Si affrettò ad aggiungere ZXFJFM=EZXF. “Egli è temporaneamente trasportato sui fondali di una semplice coscienza deambulatrice. Purtroppo, la tecnologia del trasferimento mentale effimero che stiamo usando per comunicare non può agire in modo direzionale, o selezionare membri specifici della genìa canina. Dunque, dov’eravamo rimasti? Assieme convenimmo, dapprima centinaia e poi migliaia di piccoli polipi planktonici, di unirci per cercare il più profondo significato della parola forza. Ogni possibilità a quel punto ci sembrava realizzabile, qualsiasi meta raggiungibile. E questo non è tutto: poiché nella sistematica replica frattale dei modelli, infiniti gruppi simili a noi sembravano intenti a fare esattamente la stessa cosa. Alcuni avevano già completato il proprio Scafo, e stavano iniziando a erigere la sovrastruttura triangolare e trasparente della colonia. 4-7 centimetri aveva raggiunto il massimo diametro, a quel punto, di ciascun gruppo di esseri facente parte dell’azzurra galassia, individualmente protesi ad acquisire una frammentaria conoscenza dell’infinito. Ma c’era una fondamentale differenza tra due gruppi, notammo: da una parte quelli che avevano disposto l’interfaccia con il vento in senso diagonale verso sud-est. Dall’altra coloro che, all’opposto, avevano orientato la destinazione di quel viaggio a nord-ovest. Ben presto capimmo come, qualsiasi cosa fosse capitata, non li avremmo visti mai mai più. Quindi come ad un segnale impresso nel nostro codice genetico, le singole colonie cominciarono a fare qualcosa d’inusitato. Tramite membri specializzati nella raccolta di cibo, cominciarono a procurarsi copiose quantità di zooxanthellae. Alghe monocellulari dinoflagellate, poco attraenti al palato ma capaci di fare qualcosa d’insostituibile: acquisire l’energia del sole, replicandosi potenzialmente all’infinito. Per un’utile fonte di nutrimento addizionale, a vantaggio di creature per lo più carnivore, come in effetti noi siamo.” Un attimo di silenzio, un refolo di vento. “Paguro!” Disse il beagle posseduto accidentalmente.
“Ora senza dubbio avrai compreso ciò di cui sto parlando. Ci sono membri nella nostra colonia che vivono soltanto per annientare la vita. Il loro nome è nematocisti e l’arma che utilizzano è il veleno. Ma non temere: si tratta di sostanze troppo lievi per poter nuocere a voi ponderose creature di superficie. Neppure la più piccola delle tue unità canine potrà riportare danni alla sua salute. Il mio consiglio dopo che ci avrai toccato ad ogni modo, è quello di provvedere a lavarti le mani. Così nutrendoci, e continuando a navigare, riuscimmo finalmente a comprendere l’imprescindibile scopo della nostra esistenza verso il nostro secondo o terzo anno di vita, dando inizio al processo che prende il nome di gemmazione! Per produrre un’estrusione da un lato della colonia, come una sezione periferica il cui nodo di collegamento cominciò a strozzarsi, fino all’ottenimento della separazione. Ciò che era parte del tutto, adesso, si trovava caratterizzato da un io distinto… Una pletora infinita di piccoli polipi, del tutto indipendente. Il ciclo, in un certo senso, si era concluso. Capisci di cosa sto parlando? Un succedersi di generazioni in alternanza: dapprima microscopici individui, che formano colonie più grandi. Le quali, a loro volta, danno vita a microscopici individui che faranno lo stesso. Questo era il genio della natura e al tempo stesso, il culmine finale del nostro viaggio. Ma non, che tu ci creda o meno, della nostra esistenza.”

L’idroide velella appartiene alla categoria dei neuston: animali che vivono parzialmente immersi nel punto di contatto tra la superficie ed il mare. I suoi tentacoli alquanto corti, in conseguenza di ciò, gli permettono di fagocitare esclusivamente il plankton di superficie. Ma il dispendio energetico che necessita per la sua sopravvivenza risulta essere innegabilmente contenuto.

Il dog-sitter veterano, a questo punto, allontanò momentaneamente l’incredulità nel disperato tentativo comprendere la strana situazione che stava vivendo. Il maremmano Edmonton, nei fatti, non stava producendo alcun suono ma comunicava direttamente trasferendo una stringa di coscienza all’interno della complicata macchina del pensiero umano. Questo…Essere, questa bizzarra piccola falsa-medusa, finita sulla spiaggia assieme ad infiniti membri della sua stessa specie per il soffio di un vento traditore, era ormai prossima alla morte. Il che sembrava avergli fornito un temporaneo stato di coscienza superiore, assieme all’abilità di utilizzare come antenna chiunque fosse temporaneamente intento a fagocitare le proprie cellule, offendo in cambio l’occasione di sperimentare il mondo da un’angolazione nuova. “Paguro! Paguro!” Annuì il beagle del cognato. Mentre la coppia di pastori tedeschi cominciò, improvvisamente, a muoversi di lato, affrettandosi a seguire un gruppo di granchi e tirandosi dietro i guinzagli dimenticati. Fu allora che scrutando con la coda degli occhi il barboncino bianco che spiccava il volo come fosse il Pegaso di Teseo, volse lo sguardo alla carcassa di gabbiano ai margini più esterni del bagnasciuga, con il segno di un piccolo morso sull’ala sinistra. Probabilmente fu quello il momento in cui capì di voler cogliere la propria occasione. “Aspetta, non farlo!” Gridò tra le sinapsi che pulsavano la flebile voce di ZXFJFM=EZXF. Ma ormai era piccolo, e lontano. Così come ogni altro granulo di silicato sulla spiaggia, ed i lucenti tetti dei palazzi sullo strand di San Diego.

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