Skateboarders nella città dimenticata

Urban Isolation

La città è in grado di cambiare, insieme ai suoi abitanti e a seconda del modo in cui viene vissuta da ciascun singolo individuo, acquisisce implicazioni differenti. Non è mai muta, finché non resta vuota. Per l’effetto della concentrazione, verso un remoto obiettivo, importante quanto impalpabile, eppure talmente presente da riempire il cielo. Dove noi vediamo la ringhiera di una scala affollata, lui individua una possibile via di scivolamento. Un marciapiede disseminato di persone può diventare la migliore della rampe da decollo; e le ripide salite, strepitose discese di automobili ben allineate, punti di partenza verso strade nuove o l’infinito. Egli sarebbe, come avrete già capito, l’uomo che vive la giornata sopra una tavola con quattro ruote. L’artista dello skateboard, l’ultima evoluzione del giovane polinesiano che, nel giorno della sua iniziazione al mondo degli adulti, si alzò in piedi sulla sua canoa di legno, tentando di non cadere in mezzo alle onde vorticanti ed impetuose, magari anche ricche di squali (¿Por Que No?) Colui che già era diventato nei tempi odierni, grazie allo stimolo della modernità, il surfista con la tavola in polistirene, fibra di vetro e resina epossidica; il quale a sua volta, per il bisogno di svagarsi anche in assenza di un propizio vento a generare il movimento, scelse di fare a meno della pervasiva acqua dell’oceano. Immergendosi in un fluido di natura differente: l’ambiente artificiale della gente, queste vestigia della odierna quotidianità. I palazzi e le strade, le ville d’inverno con le loro piscine vuote, in cui carambolare oltre i limiti del mondo, prima di lanciarsi a valle verso l’infinito. L’iperspazio è una condizione esaltante che permette di trascendere una singola realtà. Tranne che talvolta, percorrendolo, ci si ritrova in situazioni veramente poco consigliabili. In totale solitudine filosofale. Come successo alla cricca di Redirect, il portale produttore di video sul tema dello skate nonché negozio di attrezzature relative, qui coinvolto in una situazione veramente fuori dagli schemi. Da film apocalittico, addirittura. Si individua del resto lo zampino, in questo particolare video, di una mano registica d’eccezione: quella dei Berrics, gruppo già pluripremiato negli eventi di settore.
Il loro ultimo prodotto, intitolato Urban Isolation, è un capolavoro di Adobe After Effects o altro programma similare. Riprendendo da un punto fisso gli atleti all’opera, costoro li hanno infatti montati assieme in una singola sequenza, come si usa di consueto. Per poi rimuovere, l’una dopo l’altra, ogni singola testimonianza di altre forme di vita, umane o d’altra forma. La scena risultante, che si svolge a Los Angeles, è strana e misteriosa. Sparite le automobili, i complessi svincoli cittadini diventano dei monumenti colossali e senza senso, mentre le strade stesse, prive di ombre o movimento, distese desolate, ormai spogliate dei primari presupposti. L’unica figura antropomorfa per ciascuna inquadratura, dunque, assume proporzioni eccezionali. Possibile che lo strumento salvifico della nostra civiltà, alla fine, possa essere questo sfrenato arnese di scivolamento?

Urban Isolation 2
Il video in originale, prima dell’opera di alterazione

Lo scenario della città deserta è da sempre caro agli stilémi del catastrofismo statunitense. L’incredibile evoluzione di un intero ambiente, capace di condurre oltre le vette del comune cielo, il miracolo di ferro e cemento costruito al giro di lunghe generazioni, capovolta in un minuto, annientata nel suo senso originario. È generalmente rovinata tale rimanenza, con l’asfalto disseminato di crepe da cui fuoriescono le erbacce (come qui da noi) e un rigoglio generale di alberi e di piante, piene di scimmie, uccelli e famelici scoiattoli. Come se la natura, finalmente liberata, avesse fretta di riprendersi gli spazi a lei sottratti.
Mentre nel video di Redirect, come naturale conseguenza del metodo usato per realizzarlo, che consiste nel bloccare un fondale, scontornare il protagonista e poi ricoprire, l’uno dopo l’altro, ogni singolo elemento indesiderato, tutto appare lindo e pinto, indelebile e perfetto. Sembra quasi che l’intero mondo urbano, invece che defunto, sia soltanto addormentato. Chi può dire quando avrà termine una simile stregoneria? Da un momento all’altro, sembra, i virtuosi della tavola potrebbero tornare nella nostra dimensione, circondati da pneumatici e paraurti in viaggio verso casa dal lavoro. Si spera, questo è chiaro, che non capiti mentre attraversano la strada.
E forse è anche questo, nel complesso, a generare un senso di tensione generale. Perché le ragioni di una tale scena bizzarra, per le precise regole di questo ambito creativo, non vengono spiegate affatto . Né tanto meno c’è una storia, che siamo chiamati a inventarci da noi. Ed è difficile che questa non includa interferenze aliene, piuttosto che il Rapimento dell’Apocalisse, quando i probi saranno destinati al regno dei cieli. E rimarranno, a percorrere le nostre strade, solamente gli uomini ribelli e scapestrati, coloro che al posto di mettere un piede dopo l’altro, rotoleranno selvaggiamente sulle tavole scomposte dal peccato. Sia dunque questo exploit di effetti speciali, un regalo a chi ben conosce questo ritmo emozionante. E a tutti gli altri, potenziali appassionati. Si fa sempre in tempo a cominciare! L’autobus o il motorino, giorno dopo grigio giorno, paiono sempre più mondani e privi attrattive evanescenti…

A Place in the Sun
A place in the Sun, un altro recente video dei Redirect, ha una veste stilistica più convenzionale. Non mancano comunque effetti visuali surrealisti, come l’improvviso e reiterato blocco di ogni movimento sul fondale della scena.

Lascia un commento