Messaggi dal popolo che celebra la sua cultura con una folle corsa degli scooter di legno

Sul finire di un mese di aprile particolarmente umido, un cowboy impettito con le ruote corre a perdifiato giù per le strade della città di Banaue, non troppo dissimile da San Francisco, nella parte settentrionale dell’isola filippina di Luzon. Senza mai muovere le braccia o gambe, la figura dal cappello texano s’inclina fin quasi a 30 gradi in ciascuna curva, sfruttando ogni vantaggio offerto dalla forza centripeta e l’attrazione gravitazionale della Terra. Soltanto al secondo sguardo, quindi, appare chiara la ragione della sua discesa in velocità: un drago, un coccodrillo, un leone, un’aquila senz’ali ed un groviglio di serpenti lo seguono da presso, con espressioni minacciose ed immutabili che non sembrano sottintendere alcunché di buono. Ma è soltanto grazie a un repentino cambio di prospettiva, che le cose iniziano a farsi davvero interessanti; perché in spalla a ciascun essere incluso lo statunitense mandriano in prima posizione, del tutto indifferenti alla precarietà immanente delle circostanze, figurano altrettanti uomini vestiti in perizoma, con vistose sciarpe rosse a strisce ed a quadretti. I loro copricapi piumati, facendo su e giù, oscillano nel vento. Anche questo, oltre a letterali millenni di storia derivanti da un’antico territorio culturale, è la ricorrente festa di Imbayah, creata in origine per celebrare l’ascensione di una coppia di sposi al rango di kadangyan (nobili) ed ai nostri tempi diventata un’occasione utile a mantenere viva l’identità di tutti. E con tutti intendo, sia chiaro, l’intero popolo di circa 130.000 appartenenti all’etnia degli Ifugao o Igorrote, come furono chiamati durante il colonialismo spagnolo, termini derivanti rispettivamente da ipugao (gli umani) o igolot (gente di montagna). Non a caso vista la capacità di mantenersi indipendenti e sopravvivere nell’entroterra di una regione particolarmente ricca di rilievi, densa vegetazione ed in conseguenza di tutto ciò priva di ampi spazi da dedicare alla coltivazione di cibo. Il che avrebbe portato, di contro, alla creazione di una delle più famose opere civili e al giorno d’oggi attrazioni turistiche dell’arcipelago, le famose risaie a terrazzamento delle Cordilleras Filippine e quelle, per l’appunto, di Banaue. In aggiunta ad un problema particolarmente rappresentativo di un simile stile di vita: ovvero come fare, esattamente, per trasportare su e giù dalle colline il palay (riso non ancora processato), gli utensili agricoli, il materiale da costruzione e gli altri carichi pesanti, senza andare incontro a sforzi eccessivamente gravosi o potenzialmente lesivi per la salute. Ovvero tramite l’impiego del tradizionale carretto a quattro ruote chiamato tal-lakan, costruito di legno pesante bannutan, medio dalakan e leggero gabgab, attentamente legato assieme mediante l’impiego di lunghi tratti di spago. Un oggetto che sarebbe giunto ad essere realizzato, attraverso gli anni, mediante l’applicazione di avanzate competenze artigianali e soprattutto le notevoli capacità d’intaglio e decorazione di queste genti, che possiedono un vocabolario di letterali dozzine di termini utilizzati soltanto per identificare il legno. E il seguito di questa storia, come si usa dire, sarebbe diventato leggenda…

Leggi tutto