Orsi microscopici che sopravvivono in qualsiasi situazione

Tardigrade

Mentre la neve cade lieve, l’aria di Natale si permea di uno Spirito che aleggia fra le gocce di condensa. Che si forma, inesorabilmente, al confine del gradiente di temperatura, tra il bianco fuori, e il mondo riscaldato dai termosifoni, dentro. È una novella di speranza e un sentimento di maestosa Pace: è nato, è nato, anche loro sono …Ritor-nati. Piccole zampette esploratrici, silenziose quanto onnipresenti. Forse per un gesto dalle profonde radici spirituali, oppure per il vezzo di un dicembre ormai trascorso in mezzo ai centri commerciali, sopra il tavolo del tuo salone hai costruito un modellino della scena, il palcoscenico di quel ricordo molto amato dall’umanità. Due ungulati sulla mangiatoia, un gruppo di pastori, la Sacra Famiglia e poi naturalmente, come potevano mancare? Tre Re Magi provenienti dal distante Oriente, latòri di regali che supportano l’allegoria. Tutto intorno, qualche figurazione antropomorfa dei mestieri che ti è capitato di acquistare. Fabbro, falegname, contadino e così via…. E poi magari, ti sei pure accontentato. Non tutti pensano in effetti, a quel solenne punto, di aggiungere al presepe un tocco vegetale. Il che è davvero un gran peccato; perché non esiste, a questo mondo, assai probabilmente, un modo più efficace a renderlo “vivente”. E non sto parlando di metafore o di pianticelle sradicate, sia chiaro. Perché esiste una creatura, che abita nel muschio, la quale spesso muore e poi ritorna nuovamente in vita. Non è un sacrilegio, ma la pura ed assoluta verità. Presenza che non attenderà nulla di meglio, col procedere dei lunghi anni sonnolenti, che essere raccolta dal distante sottobosco, mediante pinzette o vere dita indagatrici, quindi insacchettata e trasportata dentro ad una casa un dì d’inverno, tra i pupazzi. Dove attendere quell’aria appesantita, dal respiro e dal riscaldamento, che è un chiaro segnale di riprendere a cercare, allegramente, brulicare. Così mentre comete domestiche si accendono nelle diverse abitazioni, si ripete quel miracolo che porta al risveglio degli orsi d’acqua, al suono allegro di scampanellanti Jingle Bells.
Non mi risulta che la letteratura scientifica abbia notizia di allergia a queste creature lunghe circa la metà di un millimetro, concettualmente affini agli acari, per lo meno nella loro invisibile onnipresenza. Il che significa, inerentemente, che non possono far nulla per darci fastidio. Dunque, benvenuti sotto l’albero, piccini! Del resto, ne eravamo circondati. Dai deserti equatoriali all’Himalaya, dagli specchi lacustri ai parchi cittadini. Dalle fonti fino alle remote foci. Fino 25.000 in un singolo litro d’acqua, in pacata convivenza, nonché condivisione, di un mondo carico di cibo ed opportunità. Sono stati definiti a più riprese, soprattutto dai media d’intrattenimento scientifico alla costante ricerca di iperboli con basi d’oggettività: “Gli animali più resistenti del pianeta”. Un’associazione tipologica decisamente appropriata, quando si osserva come i tipici appartenenti al phylum dei tardigradi, lontanamente imparentati coi vermi nematodi, abbiano ben poco dell’aspetto stereotipico di un microbo ed invero, addirittura di un insetto. Tozzi e gonfi come un mammifero marino, suddivisi in quattro segmenti da due zampe l’uno, presentano un davanti e un dietro, piccoli occhi ed altri organi di senso (chemiorecettori, ciglia tattili sui fianchi). Hanno un sistema nervoso ed un cervello con multipli lobi, muscoli per muoversi e uno stomaco ed un ano…Non che il primo possa esistere, senza il secondo! Mancano invece di un cuore o dei polmoni, per il semplice fatto che sono talmente piccoli, da non necessitare di queste sofisticate cose. L’ossigeno semplicemente penetra i tre strati della loro pelle, affini a quelli del tipico verme parassita, irrorando facilmente ciascuna zona recondita del loro corpo. Ed in merito a questo, ecco un dato assai particolare: l’orso d’acqua, al momento in cui fuoriesce dal suo uovo, è già dotato del numero di cellule che avrà tutta la vita. Ovvero, fino a 40.000 unità biologiche interdipendenti, le quali con la crescita progressiva ed il raggiungimento dell’età adulta, tenderanno ad ingrossarsi, ma non si replicheranno mai, attraverso il metodo della mitosi o gli altri approcci di noi spaventevoli giganti. Il che, dopo tutto, è anche il punto di forza delle più studiate specie dei tardigradi, che secondo alcune osservazioni, potrebbero scegliere di vivere anche 200, 250 anni. A seconda del bisogno e della propria preferenza.

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