Le creature meccaniche dello scultore Bob Potts

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Mosche steampunk giganti, navi cosmiche, motociclette alate e pesci scheletrici metallizzati. Le creazioni animate, aliene e surreali dello scultore newyorkese Bob Potts trascendono un qualsiasi tentativo d’immediata comprensione, risultando più simili a straordinari esercizi di stile nel campo dell’industrial design. Eppure, contravvenendo al primo comandamento di tale branca della tecnica, ovvero “costruisci qualcosa di utile”, sembrano quasi provenire da una dimensione parallela, in cui lo svolgimento di un gesto ripetitivo, come il remare o battere le ali, costituisse di per se il più fondamentale merito di tutto ciò che possa dirsi vivido e significativo. Ed è proprio questa la forza di tali entità: qui non c’è sfoggio di complessità bizantina puramente finalizzata a stupire, come nelle illustrazioni del fantasy post-moderno, ma un’essenziale immediatezza realizzativa che si richiama alle dinamiche dell’evoluzione naturale. Sembra quasi di osservare degli animali, ma guarda caso fatti d’acciaio, legno intagliato e lame d’alluminio. Perfettamente coerenti, proprio nell’assenza logica di un’obiettivo; almeno uno che non sia, semplicemente, esistere.

Opere dal 2009 al 2011

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Il dilemma dell’artista, fin dall’origine dei tempi, risiede nel cosa lasciare all’immaginazione. Partendo da questo presupposto, il valore di un’opera non si misura unicamente nell’abilità tecnica di chi l’ha realizzata, ma anche dalle connotazioni meno apparenti della sua visione. Un poeta può negare l’esistenza di qualcosa, richiamandola in contemporanea nella mente dei suoi lettori, attraverso figure retoriche come l’inferenza o l’allusione. Un pittore potrebbe invece includere un cagnolino o altre graziosità a margine di una scena o di un ritratto, per suscitare uno specifico sentimento. Lo scultore, dal canto suo, professionista della plasticità visuale, ha il predominio in una particolare branca di questa metodologia espressiva: la suggestione del movimento. E se questa metafora visuale, grazie all’energia cinetica, diventasse tangibile realtà? Prima di esprimere un giudizio, sarà meglio approfondire.

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Creativo dalla lunga esperienza, l’artista oggi 70enne Bob Potts iniziò a coltivare la sua passione per la meccanica nell’officina del padre, lavorando sulle auto e moto di San Francisco. Dopo essersi arruolato e aver frequentato il college, apprendendo anche tecniche di falegnameria, negli anni ’60 fece il suo ingresso nel mondo dell’arte, grazie al fratello maggiore Don Potts, insegnante presso l’università di Berkeley. Insieme occuparono le sale dei principali musei degli Stati Uniti con un progetto a lungo termine denominato My First Car, una serie di opere radiocomandate. Ma i suoi prodotti più originali e memorabili sono proprio questi animali meccanici, creati a partire dagli anni ’90. Trasferitosi sulla East Coast, li assembla mettendo a frutto le tecniche artigianali di epoche passate: soltanto modellini e disegni fatti a mano, nella più totale assenza di un qualsiasi strumento informatico. Questo background interdisciplinare, nonché l’eleganza meccano-tecnica di certe soluzioni realizzative, riportano alla mente i grandi inventori del passato. Per noi italiani, legati come predisposizione all’epoca irripetibile del Rinascimento, è difficile osservare le sue chimere senza pensare, almeno per un’attimo, al genio di Leonardo da Vinci e in particolare allo stile dei suoi celebri diari. Eppure, questo è l’aspetto più innovativo, qui non c’è alcun tipo di studio scientifico o mansione concreta da svolgere, tranne catturare la mente o suscitare un qualche tipo di pensiero.

Opere dal 1996 al 2005

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Ecco, a mio parere, l’aspetto più interessante e unico di tali opere: si tratta di arte scultorea in senso tradizionale, ma che sceglie come suo soggetto, per la prima volta, il movimento stesso. Normalmente, lo scultore suggerisce l’idea del volo o del nuoto attraverso l’impiego di specifici modelli, come pesci o uccelli, che finiscono per catturare l’attenzione a causa della loro bellezza naturale. Qui tale aspetto, letteralmente, svanisce. Ciò che resta è un diverso tipo di poesia: puro dinamismo.
Pursuit II (2009) ricorda un gabbiano, ma non lo rappresenta. Lo stesso può dirsi per Myth’s Chariot (2011) rispetto ad una libellula o mosca acquatica. La fantasia di chi osserva non deve più animare un qualcosa di noto, ma identificare un oggetto già mobile e “vivente”. Un processo, per certi versi, molto più moderno e accattivante.

Via: Ithaca.com, DanielBusby, ThisIsColossal

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