Mai sottovalutare quello che una persona può essere disposta a fare per un mero assaggio, per quanto momentaneo, d’insostituibile e preziosa libertà. Soprattutto quando quel qualcuno, dopo le molteplici esperienze fatte in precedenza, possiede in se stesso la scintilla incandescente dell’umano ingegno operativo. Mosca, 1946: l’immigrato polacco Stanislav Philo torna dalla guerra con un souvenir assai particolare… Si tratta di una macchina portatile della Telefunken per l’incisione dei dischi in vinile, del tipo fornito dalle autorità statunitensi ai reporter e i commentatori radiofonici inviati al fronte, tra esplosioni di proiettili d’artiglieria e traccianti rosso fuoco. Armato di tale avveniristico strumento nell’immediato dopoguerra, quindi, sarà proprio lui ad aprire un piccolo negozio a Mosca, dove oltre alla vendita di musica approvata dal regime, offriva l’intrigante possibilità per i clienti di pagare al fine di registrare un breve messaggio, o esecuzione musicale, a beneficio dei propri amici e parenti. Era tuttavia dopo l’abbassamento della sua saracinesca, all’allungarsi delle prime ombre del vespro, che il suo vero lavoro aveva inizio: Philo possedeva, infatti, una stretta rete di legami con i commercianti del mercato nero, oltre a fornitori di materiale, per così dire, proibito. Musica latrice di movenze e pensieri inappropriati, dischi contenenti esecuzioni di generi come il jazz, il blues e addirittura il boogie-woogie, antesignano del successivo rock and roll. Oltre ad opere dal significato politico arbitrario ma profondo, come le canzoni di Pyotr Leshchenko, il cantante di tango e musica gitana che era emigrato dall’Unione Sovietica negli anni ’30, per andare a intrattenere gli anti-bolscevichi nei loro eremi di Parigi. Ed una convinzione, certamente rischiosa eppur condivisibile, che tutta la musica meritasse di essere ascoltata, indipendentemente dalle idee imposte da parte dell’uomo solo al comando; così che iniziò a copiare i dischi proibiti. Ora naturalmente, sarebbe stato per lui assai difficile procurarsi i supporti vuoti da incidere ed era del tutto inerente, in quell’approccio ormai desueto alla registrazione sonora, che i precedenti dischi non potessero venire sovrascritti con dei contenuti nuovi. Da principio, quindi, la diretta risultanza del suo lavorìo fu costruita sulla base di un particolare tipo di lastre fotografiche di grande formato usate originariamente per la fotografia aerea tagliate, forate mediante l’impiego di una sigaretta accesa ed incise con la Telefunken nel più assoluto silenzio del suo locale. Entro poco tempo tuttavia, da uno dei gruppi di distributori clandestini dei suoi dischi clandestini, emerse la figura che avrebbe cambiato ogni cosa, grazie al suo ingegno decisamente al di sopra della media. Non è facile, su Internet, trovare informazioni su Ruslan Bogoslovsky, l’ingegnoso membro della gang del “Cane Dorato” (un riferimento al famoso marchio inglese HMV, con il Jack Russel Terrier che ascolta il grammofono) colui che a quanto pare riuscì ad applicare l’ingegneria inversa alla macchina d’incisione per il vinile. Ma soprattutto, a cui venne l’idea capace di trasformare e rendere infinitamente più pervasivo quel movimento: l’impiego, per l’appunto, di lastre risultanti da radiografie mediche acquistate a poco prezzo, o prelevate direttamente dalla spazzatura degli ospedali. Materiali ingombranti e potenzialmente combustibili, considerati totalmente inutili dalle strutture una volta che il paziente veniva dimesso, che potevano essere trattati come le precedenti alternative al fine di trasformarle in delle piccole pieghevoli registrazioni sonore, il cui soprannome popolare diventò rëbra, termine significante, per l’appunto, costole (umane). E fu probabilmente proprio quello, l’inizio di un movimento giovanile destinato a lasciare un segno indelebile nella storia della Russia sovietica…