Magnifico e terribile, utile ma anche drammatico, spesso complesso ogni oltre ogni aspettativa, riesce ad essere il rapporto collaborativo tra creature della Terra appartenenti a specie diverse, soprattutto quando tra le diverse genìe coinvolte si ritrova ad esserci quella degli esseri umani. Che in funzione della sua distinta storia, dell’evoluzione genetica che l’ha portato ad essere, secondo il suo soggettivo punto di vista, “padrone incontrastato di ogni cosa” non può e non deve tollerare alcuna deviazione dal percorso originariamente previsto da: A – La natura, oppure B – Egli stesso. Il che riduce le possibili misure a disposizione, nel momento in cui qualcosa va per il verso sbagliato all’interno di un ambiente di allevamento, trasformando le ideali serve di uno scopo nel pericolo costante, morte possibili per visitatori impreparati, i loro figli, gli altri animali domestici della fattoria. Questo il tipo di bivio di fronte a cui si è trovato l’apicoltore protagonista del qui presente video, offerto con chiaro scopo divulgativo sul canale dell’Associazione Apiaria del New Jersey (divisione Nord-Est) la scorsa settimana, quando tirando le somme di una primavera difficile con uno dei suoi alveari più grandi ha dovuto compiere l’ardua scelta di agire in modo rapido & risolutivo, stanco di trovarsi ad aver paura ogni qualvolta doveva uscire nel suo stesso giardino. Una situazione chiamata in gergo hot hive (“alveare caldo”) e che presenta il caso problematico di un’intera comunità d’insetti diventata eccessivamente protettiva dei propri spazi, attaccando con quel tipo di ferocia che ci troviamo ad associare, normalmente, a calabroni e vespe. Ma (quasi?) nessuno alleverebbe volontariamente una moltitudine di calabroni e vespe, giusto? Che cosa fare, dunque… Con tenore calmo, il protagonista e conduttore di un podcast tematico elenca le diverse possibilità a disposizione, prima di giungere all’extrema ratio che finirà per diventare, in conclusione, l’argomento tematico del video. Ora ovviamente, nessun allevatore di una particolare specie arriverebbe mai ad uccidere gli amati membri del proprio stesso branco/mandria/armento A MENO CHE non resti alcuna possibile alternativa. E per l’appunto l’uomo annuncia e dimostra di aver tentato, come prima strada, la sostituzione della regina con un esemplare maggiormente mansueto, sentiero idealmente utile a cambiare lo stato in essere la prassi di questo settore, in cui si sa che la suprema governante può influenzare il comportamento dell’interno alveare. Segue la scena, quindi, in cui l’esperto conoscitore delle sue sottoposte si approccia alla colonia vestito di tutto punto, con tuta protettiva completa di copricapo, jeans particolarmente spessi e doppio paio di guanti al fine di proteggere il suo punto debole, le mani. Ma la situazione prende, fin da subito, una strada che potremmo definire surreale, mentre letterali migliaia di guardiane ronzanti lo circondano immediatamente in un nugolo, comportandosi in maniera totalmente diversa da quella di tale particolare classe d’insetti sociali. Con chiarezza d’intenti encomiabile, dunque, l’eroico apicoltore cerca faticosamente la governante di un tale caos fuori controllo, dovendo ricorrere dopo qualche minuto ad un cambio del guanto sinistro perché le api stavano riuscendo a pungerlo. Quindi, dolorante e rassegnato, arriva a prendere l’unica possibile, ardua decisione: eliminazione del pericolo alla radice…
invasioni
Ma la Cina ha davvero inviato 100.000 anatre guerriere contro le locuste pakistane?
Un antico modo di dire cinese recita, all’indirizzo del proprio nemico, la terribile maledizione: “…Che tu possa vivere in un’epoca DAVVERO interessante” e non ci sono dubbi che volendo analizzare questo inizio di 2020, l’attuale situazione umana sia perfettamente in linea con un simile anatema. Abbiamo già avuto, nell’ordine: prove tecniche di guerra mondiale, la peggiore pandemia degli ultimi 100 anni, capace a sua volta d’inasprire la latente crisi dell’economia globale, un principino che ha lasciato la famiglia reale (tipico stereotipo delle profezie di Nostradamus) e la cosa più vicina a un’invasione aliena che sia lecito aspettarsi nel procedere insicuro della storia. Già, 400 miliardi di locuste, le creature che dal nulla sorgono per cavalcare i venti, con inenarrabile irruenza, minacciando di fagocitare ogni risorsa agricola sul passo della loro meridiana. Così che all’inizio della settimana scorsa non furono in pochi a sollevare un sopracciglio, leggendo l’apparentemente improbabile notizia che la Terra di Mezzo, proprio quel paese ove ogni fibra del destino parrebbe intenta a convergere, stava per schierare un intero esercito a vantaggio del proprio vicino il Pakistan, attualmente minacciato dalla più probabile e devastante crisi alimentare a memoria d’uomo. Un’armata composta, tuttavia, non da uomini e i loro bagagli, bensì il più implacabile prodotto dell’evoluzione insettivora: l’anatra di Pechino, in numero di 100.000, schiera dopo schiera di candide divoratrici, pronte a fare scempio, in linea di principio, delle insettili divoratrici/saltatrici. Un’idea non soltanto già utilizzata, a quanto pare con successo (nel 2000 per contrastare uno sciame che si era formato nella regione autonoma dello Xinjiang Uygur) ma capace d’incarnare ogni possibile vantaggio ragionevole dettato dalle circostanze: la anatre sono infatti mansuete, gregarie e quindi facili da controllare, estremamente voraci con la loro capacità di fagocitare 200/250 locuste al giorno ciascuna e soprattutto valide a esser convertite in ottimo cibo, a loro volta commestibile, una volta che la crisi sarà stata finalmente risolta. Nell’esecuzione del progetto delineato, secondo la prima versione irradiatosi a ondate memetiche a partire dal notiziario serale della Ningbo Tv, da una speciale task force costituita dal governo cinese al fine di elaborare metodi preventivi all’ulteriore diffusione di quella che potrebbe costituire, in ultima analisi, la più grave catastrofe del corrente, memorabile inizio d’anno bisestile. Un metodo tradizionale secondo quanto riportato dallo stesso capo dell’operazione Wang Fengle, già utilizzato al fine di annientare passati episodi verificatosi all’interno dei confini del suo stesso paese e che proprio per questo, nell’opinione pubblica fatta patriotticamente rimbalzare da un’angolo all’altro del social network Weibo, sembrava aver colpito in maniera significativa l’immaginazione dell’intero popolo d’internauti cinesi, permettendo, presumibilmente, ai pakistani di tirare un ragionevole respiro di sollievo. A meno finché a qualcuno, nel giro di una ragionevole manciata di giorni, non è venuto in mente di mettere in fila una ragionevole serie d’osservazioni…
Quanti uccelli neri servono per riempire un parcheggio texano?
Quando la giornata si prospetta lunga è meglio alzarsi presto, perché come dice il celebre proverbio in lingua inglese: “L’uccello mattutino prende il verme.” E amico, tu lo vuoi l’anellide, tu desideri il lombrico! O metaforico tesoro che qui sottintende, caso vuole, un posto vuoto dove posteggiare l’automobile in un mar d’immobile metallo, gomma e vetro. Ed è allora quando guidi, tra l’indifferenza generale, fino al luogo in cui avrà a svolgersi la Cerca quotidiana, che qualcosa tenta di distrarti dall’intento generale: come un suono, il sibilo e lo spostamento nero, di quell’aria smossa da un prestante paio d’ali e quindi un’altro, e un’altro ancora. Sono uccelli cittadini, alati urbani che affrontano serenamente gli alterni casi della vita aviaria. Eppur d’un tratto, c’è qualcosa di diverso: poiché il fiume delle piume non si ferma e ne continuano a venire, ancòra e ancòra (e ancòra). Impossibile, da prevedere. In qualche punto del tragitto in macchina, devi aver varcato casualmente uno Stargate texano. Per trovarti casualmente, in mezzo alla venuta stagionale dei grackle birds.
Corvi? Merli? Piccole cornacchie? Nulla di tutto questo: perché come l’abito non basta a fare il monaco, non è il colore delle penne a definire la famiglia tassonomica di un animale. Essendo quei chiassosi volatori, nello specifico, dei rappresentanti atipici del gruppo degli itteridi, sotto-categoria (o per meglio dire, genere) Quiscalus, originario ed esclusivo del cosiddetto Nuovo Mondo. Laddove ciò che sembrano rappresentare, nel cielo nostrano d’Europa, i gruppi di storni, questi passeriformi altamente gregari riescono perfettamente a riprodurlo nell’intero continente americano, ma particolarmente in Messico e Texas, luoghi ove riescono a trovare l’ambiente più gradevole, sia dal punto di vista climatico che delle fonti di cibo. Poiché questi uccelli, chiamati a volte “gracule” in lingua italiana (benché tale termine venga usato di preferenza per gli sturnidae parlanti del sub-continente indiano) appartengono a quel gruppo di volatili che non soltanto si sono perfettamente adattati a condividere gli spazi con il vasto consorzio della società umana; bensì addirittura, a sfruttare i suoi sprechi e disattenzioni a proprio eccezionale e imprescindibile vantaggio; come esemplificato da questo video realizzato presso il parcheggio di un centro commerciale a Houston, Texas, in effetti l’ultimo di un’interminabile serie, in cui oltre un migliaio dei nostri amici calano, come un’orda mongola, sopra le automobili, le teste e soprattutto i cassonetti prodotti da fasce relativamente impreparate della popolazione locale. Poiché sarebbe difficile, in una tale situazione, non evocare immagini appartenenti ad un particolare esempio di cinema di genere, prodotto da un maestro del settore e proprio per questo, diventato ormai da lungo tempo un cult…
L’appetitosa invasione californiana del verme pene
Tra le tenebre di una notte eterna, in un enorme edificio ai limiti dello spazio e del tempo, è possibile trovare l’enorme dedalo di stanze note come back rooms. Ripetitive quanto un modulo geometrico, e illuminate dal bagliore freddo di lampade al neon prossime allo spegnimento, dove tutto ha un tiepido color giallo crema mentre la moquette del pavimento odora leggermente di bagnato. Così verso la parte finale di questa leggenda dell’epoca digitale, secondo cui sarebbe possibile risvegliarsi in tale luogo e perdersi al suo interno per anni, persino la vita intera, al culmine del proprio romitaggio disperato potrà capitare d’imbattersi nella cucina: priva di finestre e con un tavolo posizionato al centro. In piedi dietro al tavolo, dice qualcuno, aspetta un cuoco dall’alto cappello. E innanzi ad egli, una ciotola con QUALCHE cosa dentro. Rosa, dalla forma simile a un cetriolo ricurvo ma dotato di una testa bulbosa, che si agita ed emette un richiamo psichico sulla falsariga di “Aiuto, aiutatemi, 도움말 나!” E forse sarà il suo singolo “occhio” che è in realtà la bocca da cui fuoriesce muco appiccicoso, oppur magari il modo in cui la pelle si contrae in maniera ritmica tutto attorno a un simile orifizio… Ma l’oggetto o animale in questione potrebbe anche ricordarvi da vicino una specifica parte di voi. Non avrete tuttavia il tempo necessario a interrogarvi, poiché la figura misteriosa, proprio in quel momento, appoggerà un coltello sopra tale povera creatura. E con un sol preciso gesto, scatenerà l’Inferno…
Avevo in effetti pensato d’iniziare questo articolo con la mera ed oggettiva descrizione della notizia, biologicamente e da un punto di vista prettamente naturalistico, senz’altro rilevante: presso la celebre spiaggia di Drakes, situata poco a nord di San Francisco, una mareggiata particolarmente potente si è ritirata lasciando nella sabbia un’incredibile sorpresa: probabilmente il più notevole assembramento del notevole animale noto scientificamente come Urechis caupo o anche “verme a cucchiaio” benché tutti sembrino estremamente convinti che l’unico appellativo possibile debba, necessariamente, essere quello di penis fish. E qui occorrerà specificare con urgenza come, benché la prima parte dell’appellativo risulti essere senz’altro appropriata dato l’evidente aspetto, il potere descrittivo del senso comune abbia finito per fallire in merito alla prima, visto come non ci sia assolutamente nulla, nell’essenza di questo notevole rappresentante della subclasse Echiura, in grado di ricordare direttamente i convenzionali pinnuti esseri del profondo. Eppure, eppure; quando ti capita di osservare coi tuoi occhi l’effettivo processo di preparazione di una simile pietanza gastronomica, particolarmente apprezzata in Corea, Giappone ed alcuni paesi dell’Asia Meridionale, risulta davvero difficile soprassedere sull’effetto scenografico, o se vogliamo addirittura splatter di una simile faccenda, al punto che non sembri in alcun modo fuori posto come climax di un vero e proprio incubo o film dell’orrore. Poiché tali vermi, in realtà parenti (molto) lontani del comune lombrico di terra, possiedono in effetti un’anatomia sorprendentemente complessa con l’intestino sostanzialmente più lungo immaginabile all’interno di una creatura lunga in media 40-50 cm (esistono anche Echiura più lunghi) che una volta portato, per così dire, all’esterno, esplode come un letterale palloncino circondato da un… Fluido, che immagino sia sangue misto ai liquidi biliari del verme. E non è molto facile, essendo cresciuti all’altro capo del mondo, immaginare come la diretta risultanza di un tale processo possa fungere da antefatto a un lauto pasto, benché la versione agli antipodi di questo essere cosmopolita, il lievemente più corto Urechis unicinctus, venga spesso servita cruda con il solo accompagnamento della salsa di soya e il chili piccante. Ma sebbene il detto reciti che “anche l’occhio vuole la sua parte” nessuno ha mai specificato che non potesse, effettivamente, trattarsi dell’occhio della mente…



