La spartana educazione delle anatre

Anatre tombino

Gioventù è avventurarsi per il mondo camminando a becco alto senza un’idea chiara della propria meta, eppure certi di raggiungerla, alla fine. Un piede dopo l’altro sull’asfalto della contentezza, in mezzo a ostacoli tangibili e concreti: come il marciapiede, la grondaia ed il tombino. Dura la vita di un piccolo anattroccolo! Sia questo bello, oppure brutto. La statura resta uguale, in relazione agli incidenti di percorso dell’improvvido destino. È la madre, piuttosto, che fa la differenza. Fra tutte le caratteristiche della macrofamiglia anatidae, la più famosa è certamente questa naturale conseguenza dell’imprinting. Il modo in cui, dopo la schiusa, un’intera nidiata di pulcini impara presto a camminare, ben sapendo che altrimenti non avrà futuro. Perché già mentre cade a terra il primo pezzo del sottile guscio d’uovo, la spietata genitrice si ricorda di un impegno altrove. E tutti gli altri piccolini, dondolanti e resi miopi dalla luce forte dell’estate, devono seguire quella piuma ritta sulla coda della dama starnazzante, la bandiera di una sicurezza relativa. Che metafora per la vicenda umana! Si dice che gli uccelli siano assai devoti ai propri figli. Vedi la rondine che nutre la nidiata, rigurgitando allegramente nella bocca dei suoi pargoli affamati. Oppure il pellicano con il pesce nella pappagorgia, pronto a cederlo, se necessario. E certamente lei, la mamma con il seguito di piedi-gialli che si affrettano a seguirla, è un’immagine davvero affascinante. Che sottintende protezione, amorevole attenzione. L’anatra, come la gallina, sa contare. Però è distratta e non considera le problematiche ambientali. Il che significa che dove passa lei, ovviamente, passeranno pure i suoi pulcini, giusto, quack? Un presupposto che non regge all’implacabile evidenza. Le dimensioni contano, eccome. Soprattutto negli ambienti concepiti per la vita urbana, ricchi di connotazioni non immediate, per un cervello ad ogni modo piccolo, adatto per la vita di palude. Dove non ci sono, buchi. In questo video di Tommy Allen si dimostrano le estreme conseguenze della forza di gravità ed il modo in cui, dove ben poggia il piede dell’uccello adulto, non per questo i figli possano evitare di sparire in un secondo. Persi, forse per sempre, al mondo delle cose vive o illuminate.
È una storia tragica, ma seguitela fino in fondo. Ha un lieto fine. Si svolge, assai probabilmente, in un centro abitato di regioni temperate degli Stati Uniti. Dove non è insolito, né sorprendente, che pianeti come questi, di un’anatra con i suoi dodici satelliti, traccino la loro orbita sbadata. Tanto che, nel momento del bisogno, la gente è lieta di ristabilire il flusso più auspicabile delle cose.

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Tre storie di scoiattoli spericolati

Squirrel Trap

Chiamare il silvano roditore, semplicemente “topo con la coda folta” sarebbe un grave fraintendimento dei suoi presupposti di spavalda versatilità. Lo scoiattolo è il coltellino svizzero della natura. Victorinox: Posto in una scatola, sulla cima di un palo del telefono, questo animale troverebbe il modo di scappare. E come Harry Houdini, guidato dalla forza e la furbizia, giungerebbe fino a terra. Se lanci una simile creatura contro il muro, tu barbaro, non la vedrai mai rimbalzare. Perché in essa è contenuto non soltanto il principio generativo della palla di pelo piena d’aria, che preme con la stessa forza in ogni direzione, ma anche quello del rampino dalla volontà potente, nonché zampe presili e ungulate. Saldamente assicurato a tale liscia superficie verticale, lo scoiattolo striscerebbe verso l’alto. Per poi piegare la sua testa di novanta gradi, verso l’alto relativo, guardandoti con fare minaccioso, dritto nei tuoi occhi trepidanti: “Perché mi hai fatto questo, umano?”
La crudele verità del mondo, tuttavia, richiede spietatezza e iniquità. Come nel caso di un rumore di zampette, ritmico, insistente, che dovesse udirsi per metà del giorno e della notte. Non puoi ignorare il chiaro suono dei visitatori, che avessero scambiato il tuo controsoffitto per un albero, e le relative intercapedini per autostrade, verso l’opportunità di procacciarsi il cibo. Anzi per essere più chiari, di rubarlo. Questa è, per l’appunto, l’esperienza video di goodvisable, amico degli animali (davvero! Nevvero!) Che tuttavia, si era trovato innanzi a un bel problema. “Le feci sono ovunque!” Facevano i suoi amici: “Ratti, roba da matti?” O il sempre attuale: “Portano la peste bubbonica e la rabbia…” Fino al punto in cui, tormentato dalle voci di chi aveva attorno, lui prese l’ardua decisione. Trappole sotto l’oscuro tetto. Crudeli implementi della marca Victory, che è anche un augurio di rapida risoluzione, dal bordo metallico e una molla senza compassione. Ma compressione sufficiente, ahah! Per bloccare definitivamente chi dovesse ambire a quel formaggio. Solo che, notte dopo notte, le trappole scattavano senza prendere alcunché. Così che l’umano decise, infine, di metterci davanti una videocamera. Per poi trovarsi innanzi all’impensabile realtà: è più veloce la mano, di scoiattolo, che la moderna ingegneria. E chi sembra perduto, a volte, trova il modo di riprendersi dal suo torpore. L’aspetto migliore di questa prima vicenda, a conti fatti, è che nonostante l’apparenza il roditore sta perfettamente bene. Tanto da essere ricomparso, in un video successivo, mentre continuava la sua opera di ricerca e ladrocinio. Invulnerabile!

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Elicottero che svuota una piscina

Pool Helicopter

Braga brucia. Nelle aree urbane, moderni assembramenti di edifici con grandi masse di persone, l’incendio è una minaccia costante. Può bastare un incidente stradale, una fuga di gas o un falò di foglie sfuggito al controllo del giardiniere di turno per generare una situazione potenzialmente grave, in grado di arrecare ingenti danni alla proprietà, se non addirittura pericolosa per tutti coloro che dovessero trovarsi o passare da quelle parti. Gli espedienti preventivi sono sempre quelli. L’amministrazione comunale piazza gli idranti sugli incroci. I privati e le aziende dispongono gli estintori all’interno dell’edificio; si fanno esercitazioni, si tracciano piani d’emergenza. Poi, nel momento della verità, un attimo di negligenza e a conti fatti possono succedere due cose: tutto risolto in pochi minuti, oppure l’imprevisto. Tempo di chiamare gli specialisti, che affrontino la situazione per terra e perché no, anche dal cielo. In fondo, come si dice, per salvarti la casa ci vuole l’elicottero. Se ne vedono molti, fra luglio e agosto, che sfrecciano da un arido disastro all’altro con l’iconico secchione pieno d’acqua, da versare spietatamente sui figli più spropositati del dio Efesto, signore mitologico di tutto ciò che possa dirsi in qualche modo igneo o divampante. Purché trovino il fondamentale quibus. Un rapido sguardo all’immagine satellitare della terza più grande città del Portogallo, culturalmente latina fin dai tempi dell’imperatore Augusto, dimostra facilmente l’origine del problema. Perché se c’è una cosa che manca, attorno allo scenario di questo improvvido fenomeno di combustione, sono gli specchi limpidi da cui attingere l’essenziale risorsa H2O. A mali estremi… Ecco un pilota che non ama farsi degli scrupoli. Se c’è bisogno di acqua, lui sa sempre come fare. Anche a costo di doverla tirarla fuori dalla piscina di una casa privata, tagliando quasi, con le sue pale, la verdeggiante cima di una siepe.

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