“Ben fatto, questa era l’ultima.” L’esperto ranger norvegese, in trasferta all’altra estremità del mondo, si complimentò con espressione grave nei confronti del suo aiutante, anch’egli facente parte dell’Ispettorato per la Natura del loro paese. Quindi tirò fuori il suo fucile semiautomatico dall’elevato volume di fuoco. “Un problema causato da un nostro connazionale, un problema che risolveremo noi stessi” Avevano giurato entrambi, qualche mese prima di quel fatidico febbraio del 2011, trascorso assieme con l’intento di perlustrare, contare ed infine radunare il più meridionale branco d’ungulati appartenenti al Circolo Polare Artico, trapiantati in modo tanto problematico assieme a maiali, capre e ratti a vantaggio o per la negligenza di un’intera generazione di sedicenti esploratori. Sotto la guida del più facoltoso di loro, lo sterminatore di balene ed altri incolpevoli mammiferi marini Carl Anton Larsen, che partendo dalla sua natìa città di Østre Halsen, si era recato fin quaggiù nel 1904 per costruire la base operativa di Grytviken, destinata a diventare uno dei principali insediamenti umani dell’Atlantico Meridionale. Un luogo spietato ed efficiente, perennemente avvolto dai fumi della raffinazione del grasso animale, estratto con metodi industriali dalle schiere di otarie orsine (Arctocephalinae) prelevate progressivamente dall’ingente popolazione di questi lidi. Qui, nell’isola della Georgia Meridionale, con 3.528 Km quadrati d’estensione situati a 1400 Km dall’arcipelago delle Falklands, oltre la punta estrema dell’America meridionale. Un passaggio obbligato all’epoca, e in certi casi la meta finale, di tutti coloro che sognavano di raggiungere il vasto continente meridionale. Nonché patria univoca, come si sarebbe scoperto soltanto più tardi, di circa il 90/95% della popolazione mondiale di questi imponenti pinnipedi, oltre al 50% degli elefanti marini (gen. Mirounga) degli oceani meridionali. E qualche centinaia di migliaia di pinguini appartenenti a specie plurime, per buona misura, facendo a pieno titolo di tale luogo ciò che alcuni definirono a suo tempo “il Serengeti dell’emisfero meridionale” benché si trattasse di un paragone non del tutto calzante, di fronte all’estrema densità, e conseguente vulnerabilità, di una simile quantità di creature. Dinnanzi ad episodi come quello che avrebbe iniziato a dipanarsi, proprio per l’opera di Larsen, quando fu scoperta l’eccezionale capacità di proliferazione della tipica renna norvegese, dopo che un piccolo branco era stato liberato nella regione di Barff. Per arrivare a raggiungere incredibilmente, entro il 1958, la cifra spropositata di 3.000 esemplari, ciascuno incline a pascolare, consumare l’erba locale, offrire competizione ed in molti altri modi simili disturbare la preziosa ed insostituibile fauna locale. Fu perciò una scelta pressoché obbligata, in epoca contemporanea, quella operata dai naturalisti con il beneplacito del governo inglese, tutt’ora nominale amministratore di una tale terra emersa rimasta senza abitanti in pianta stabile ormai da svariati decenni, per lo sterminio sistematico della specie aliena, intrapreso con totale assenza di esitazioni o alcun tipo di pregiudizio, seguito dall’accorgimento di accatastare le carcasse in grosse navi frigorifere e, almeno così è stato detto, donarle come fonte di cibo alla popolazione della Terra del Fuoco. Un eccidio compiuto a fin di bene, su proporzioni letteralmente prive di precedenti nella storia della conservazione naturale, particolarmente utile proprio perché l’unica soluzione possibile di circostanze ormai avviate sul sentiero irrimediabile della perdizione. Eppure ad uno sguardo nella cronistoria di quest’isola, non l’unico compiuto a vantaggio della sua nutrita popolazione d’animali nativi…
mete
Dalle gelide acque del fiume Torne, sorgon leoni, lampadari e una formica enorme
Rimbalzando con enfasi da una testata all’altra, con partenza dalla Lapponia congelata, ancora una volta è la notizia che caratterizza questa stagione natalizia del 2019: a Jukkasjärvi, villaggio di 548 abitanti situato 200 Km a nord del Circolo Polare artico in Svezia, i lavori sono terminati. L’impresa reiterata ed annuale, condotta con potenti gru, bulldozer e la mano esperta di un gruppo d’artisti, per implementare nuovamente nella vasta immensità un caratteristico edificio, la cui fama leggendaria si rinnova ad ogni giro di stagione terrestre. Ice, ice, very nice: particolarmente quando è parte, ed elemento costituente d’eccellenza, del più celebre hotel della regione di Kiruna. Il primo nel mondo, a dire il vero, l’unico e l’originale ad essere costruito con un simile materiale derivato dalle infime temperature, fin da quando nel remoto 1990 ad Yngve Bergqvist, imprenditore locale che aveva aperto una struttura d’accoglienza, venne in mente un modo originale di far conoscere questa sua terra d’adozione, storicamente apprezzata come luogo di escursioni da un certo tipo di turisti, sostanzialmente immuni al freddo che penetra all’interno delle ossa e negli organi stessi del loro corpo. E fu quindi proprio quello il giorno, estremamente memorabile, in cui un numero superiore al previsto di ospiti si presentò alle porte al culmine del gelo, giusto mentre lo scultore francese Jannot Derid completava un’expo all’interno di uno spazioso igloo costruito appositamente allo scopo. E non è chiaro esattamente come nacque quella contingenza, di fornirgli le fondamentali pelli di renna per dormire all’interno di una simile struttura temporanea, ma la sinergia a quel punto fu chiara. E l’improbabile processo, diventò realtà.
In altri termini, era nato l’Icehotel (Lapponia) un luogo in grado di attirare l’attenzione grazie all’originale idea di non essere soltanto un luogo di soggiorno, ma anche l’effettiva imprevedibile realtà di un vero e proprio museo temporaneo, (ri)costruito ogni anno a Natale e tipicamente lasciato sciogliere attorno al mese di aprile. Per contribuire al quale, immancabilmente, letterali centinaia di proposte vengono inviate ad ogni bando internazionale, arrivando a coinvolgere creativi di ogni angolo del globo, ciascuno comprensibilmente ansioso non soltanto di contribuire a un così celebre luogo, ma anche di conoscerlo personalmente, facendone un’ispirazione significativa per la propria visione d’artista. Ed ecco, dunque, come ha luogo l’esatto procedimento: un pool di esperti sorveglia lo stato di glaciazione del principale corso d’acqua di Kiruna, quel fiume Torne che procede fino alla terra di Finlandia. Finché all’identificazione del momento corretto, un cantiere semi-permanente inizia la difficile estrazione di circa 100.000 tonnellate di ghiaccio e 30.000 di neve. Tali sostanze, quindi, vengono parzialmente amalgamate nella costituzione del particolare materiale universalmente noto come snice (snow+ice) da disporre sull’intelaiatura metallica curvilinea, al fine di costituire l’albergo ed il suo bar mentre una specifica quantità verrà offerta, sulla base degli accordi presi, alle sapienti mani del gruppo di 20-30 scultori, vincitori del concorso. Verso il risultato altamente desiderabile di 15 suite, quindici ambienti totalmente indipendenti e tematicamente pregni, ciascuno altrettanto degno di essere iscritto nel catalogo dell’anno, oltre ad ospitare un differente, facoltoso finanziatore di questa effimera ed originale forma d’arte. Che nuovamente l’anno successivo, dopo essersi sciolta completamente, dovrà essere ricostruita totalmente da capo…