Quasi risucchiati giù nell’acquitrino

Suction drain

C’era una vecchia pubblicità progresso del governo inglese, una di quelle reclami televisive che dovrebbero istillare il senso di responsabilità nei cittadini attraverso l’impellente percezione della propria mortalità, in cui le gioiose abluzioni di un gruppo di ragazzi in un laghetto venivano commentate dalla voce suadente dell’attore Donald Pleasance. per l’occasione trasformato nello Spettro Oscuro della Morte. “Dark and lonely water…” Acque scure e solitarie, pronte a catturare gli impreparati, gli esibizionisti, i dissennati, esordiva lui con fare tranquillo. Sono proprio quelli i luoghi in cui ti aspetteresti di trovarmi, continuava. “Ma lasciate che ve lo dica. io sono OVUNQUE, persino qui.” La telecamera faceva quindi un breve piano sequenza sulle sue prossime vittime, verso un cartello con su scritto “No Swimming”. Uno degli stolti trasgressori, che a quel punto erano intenti a giocare a palla, scivolava, battendo la testa. Ed era subito, troppo tardi. Gli altri si affollavano sull’argine tentando di prestare aiuto, ma la presenza preoccupante dello spettro era già fra loro, spalla contro spalla, per ghermire l’anima della sua vittima malcapitata. La quale scena, spesso ripetuta per il beneficio involontario dei suoi spettatori, aveva l’effetto probabile di togliere qualche ora di sonno ai giovani in attesa di un cartoon della domenica, facendo nel contempo preoccupare i loro genitori. Ma riusciva soprattutto e nel contempo, a trasmettere una profonda quanto spesso trascurata verità: il pericolo può annidarsi ovunque, anche in due spanne d’acqua, un pomeriggio di felicità. Ed è talvolta così repentino ed improvviso, nel suo manifestarsi, che non importa quanto puoi contare sulla tua preparazione fisica o la rapidità dei tuoi riflessi. Soltanto la sorte, in certi casi è in grado di salvarti. Fortuna che, lasciate che ve lo garantisca, in questo caso ha funzionato. Nonostante le apparenze. Come infatti documentato in un secondo video (che troverete poco più avanti) entrambi gli individui coinvolti nell’incidente, l’adulto e il bambino, sono sopravvissuti senza riportare conseguenze. Tranne, forse, un timor-panico quasi allucinato, in un caso, e l’entusiasmo ulteriormente rinnovato per l’imprevedibilità mondo, nel secondo. È tutta una questione di relativismo. Le diverse prospettive, che cambiano con il contesto è con l’età.
Avete mai temporeggiato su di un compito sgradevole, ma necessario? Qualcosa che poteva provocare problemi più avanti, eppure al momento non serviva a nulla, e dunque cosa importa, andiamoci a ubriacare (metaforicamente parlando, s’intende). Un esempio tipico è quello degli scarichi per la pioggia, che intasati dai detriti e dagli scarti vegetali, tendono a perdere l’abilità di svolgere un lavoro. Il lavoro, anzi. Importante, addirittura imprescindibile, di mantenere asciutto tutto quanto. E immaginate come corollario il caso, da noi oggettivamente alquanto raro eppure proprio qui documentato, di esser responsabili come famiglia per un intero terreno abbondantemente sopra l’ettaro di estensione, come quello di una…Piantagione? Villa? I cui verdeggianti prati erano protetti, come da copione grazie a qualche tubo di cemento digradante verso la palude retrostante, via di fuga per l’acqua piovana. Erano, dico, perché adesso c’è cresciuta l’insalata.

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La furbizia quasi umana dell’airone di palude

Heron

Ai-rone, hai voglia, per mangiare. Non è facile da catturare. Bisogna concederlo a quei piccoli, dardeggianti pesciolini a strisce che comunemente definiamo killifish. Non saranno molto scaltri, veloci, forti, attenti ai dettagli o bravi nel suonare il flauto traverso durante la canzone d’intermezzo dei cartoons della Walt Disney, ma puoi pur sempre contare su una cosa: sanno preservare la propria pinnuta, placida esistenza. E non potrebbe essere altrimenti! Avete mai considerato le problematiche del tipico ambiente di acqua pseudo-ristagnante, lievemente sopra e sotto quella linea di definizione del concetto di palude? Gracida la rana giù nella campagna, voràcida quanto un piranha. Per non parlar del grosso persico che non a caso, nell’idioma americano viene affettuosamente denominato “large-mouthed”(boccalone) giacché risucchia, a mò di aspirapolvere, ogni sorta di visitatore. E quindi lucci, pesci gatto, trote o i rapidi rappresentanti della famiglia Centrarchidae, detti pesci-sole o branchieblu. Relativamente piccoli, ma pur sempre meno del piccolo Fundulus di cui sopra, la cui vita fra tanti affamati rassomiglia, sia pur con l’influenza dell’ambiente non terricolo, la tristemente nota sequela di soprusi riservati alla gazella; l’ultimo anello della catena alimentare più famosa e spettacolare al mondo (siamo tutti un po’ grandi felini, nell’anima se non nei fatti). Però guarda, addirittura quelle, tutto sommato hanno una gran fortuna: avete mai sentito parlare di un uccello gigantesco che planando giù dal Kalahari, sorvoli ippopotami e giraffe, quindi baobab centenari, poi ghermisca un gran quadrupede cornuto per portarlo su nel nido? Certo che no! Si son già estinti, gli pterodattili dalle maestose proporzioni. Anche se i loro eredi, assai più piccoli ma comparabilmente ghiotti, sono per qualche essere: come il tirannosauro, alle sue prede! Anzi, peggio, perché sanno usare quel cervello che hanno in cima al lungo, assai flessuoso collo. Perché la fame aguzza, eccome…
Possiamo qui osservare un affascinante comportamento, attestato piuttosto spesso tra la specie degli aironi verdi o Butorides virescens, il cui aerale si estende dalle propaggini occidentali del Canada a buona parte del Nord America, fino al Messico e Panama, dove gli esemplari migrano talvolta in inverno. Si tratta di un uccello lungo 44 cm e relativamente comune, che non scappa in presenza degli umani ma piuttosto, come un merlo o un corvo, tende a interagire. E qualche volta viene anche da chiedersi se non ti sia prendendo in giro…Immaginatevi: di dare gentilmente a questo variopinto beniamino, incontrato durante un’uscita a pesca, quel pezzetto marginale del vostro panino con il wurstel. Per poi osservare ad occhi spalancati, mentre il volatile lentamente si allontana e quel dono lo intinge, più e più volte, dentro l’acqua lì vicino. Sembra un orsetto lavatore, con le piume? Non proprio. Perché a un certo punto, magia: sparisce il pane, mentre nel suo becco, mirabilmente, si è materializzato un saporito killifish. Quella piccola merenda senza proteine, guarda tu il caso, si era trasformata in esca! E se doveste tardare a fornirgliene un’altra porzione, meraviglia: l’airone potrà sempre prendere al volo una libellula, e farne lo stesso uso. Succede veramente.

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L’arte di disporre piante negli acquari

James Findley

Un’isola vulcanica, completa di felci giganti, rocce ricoperte da uno spesso strato di muschio e strani arbusti, quali mai se n’era visto l’eguale. E il tutto riprodotto, per il suo intrattenimento, dentro una vasca da 150 cm di lunghezza e 1800 litri di capienza. Una simpatica miniatura, secondo la metrica degli habitat completi ed autosufficienti. Ma un gigante, tra quelli artificiali fatti per venire messi sotto un tetto con le tegole spioventi. Questo è Nature’s Chaos, l’acquascape che James Findley finì di allestire dal 2011 e che da allora è stato esposto, con orgoglio certamente motivato, presso il suo negozio di settore The Green Machine, sito nella città di 61.000 abitanti di Wrexham, nel Galles settentrionale. Un settore molto ampio, il suo, che và dalla comune vasca per i pesci rossi all’idroponica, dalle grandi teche attentamente riscaldate per i pesci tropicali, alle ultime innovazioni nel campo dell’ecologia simulativa a base vegetale, tale alternativa umida, ed estremamente complessa, al puro e semplice giardinaggio di terra.
Il risultato è a dir poco accattivante. Perché a differenza di quei templi semi-selvatici della potatura sotto il sole crudo, e che la pioggia bagna con variabile insistenza, qui tutto è sottoposto all’assoluto predominio del creatore umano, persino la fauna di supporto – laddove, invece, è assai difficile che gli uccellini o i bruchi ascoltino la volontà del giardiniere. Mentre guarda, e stupisci! Piccoli pesci, come gli appartenenti al genere dei Corydoras variopinti, oppure i Falsi Neon (Paracheirodon simulans) coloro che donano l’argentovivo al fiume Orinoco, percorrono gli spazi circostanti la favolosa montagna immaginifica, mentre particolari specie di gamberetti, come spazzini naturali, si aggirano sul fondo scuro, in cerca di scorie o delle alghe indesiderate, come erbacce dentro a un tale tempio. Eppure gli abitanti semoventi non sono mai il punto principale di un vero acquascape, che dovrebbe nascere, secondo la prassi, dalla passione dell’artista per le cose che rispondono maggiormente della sua visione. Un ecosistema ben riuscito, per una simile mentalità, sarà dunque quello che richiede meno interventi successivi, riuscendo piuttosto a sopravvivere grazie alle interazioni tra le parti. Ogni pesciolino, ciascun espediente utilizzato nella disposizione, mira soprattutto a questo: l’ottenimento di un supremo ed ottimo equilibrio. Non a caso, questo campo dello scibile ha visto in Asia, e in particolare nel Giappone dello Zen, il suolo fertile, striato, presso cui maturare le sue valide messi creative.
Nulla è superfluo, tutto serve ed è anche per questo, anzi soprattutto, splendido alla vista. L’alta Eleocharis parvula, con le sue propaggini serpentiformi, crea l’effetto allusivo di un’interminabile eruzione, che và a perdersi verso la superficie dell’acqua, cangiando verso un rosso fiammeggiante. Tutto attorno, rocce affiorano, a malapena, tra i folti cespugli di Staurogyne repens, importati direttamente dal Rio Cristalino, nell’Amazzonia del sud. E sotto queste verdeggianti colonne della composizione, all’ombra di tanta conturbante clorofilla, fusti e steli, innumerevoli luogotenenti attorcigliati. L’aspetto migliore di un acquascape ben riuscito è che questo non sarà soltanto frutto della mente e del gusto umano; bensì, pure, automaticamente, l’habitat perfetto per i suoi piccoli eppur numerosi, scagliosi inquilini. Simili creazioni, in effetti, costuiscono de facto l’unica maniera artificiale di osservare la vita acquatica alle prese con il suo contesto primigenio, l’ambiente primordiale da cui provengono, in senso lato, oppure prettamente evolutivo. Una vera e propria finestra sulla natura, dunque, da disporre come niente fosse in casa propria. O nei luoghi pubblici adeguati. Che può essere piccola, media, oppure grande, molto grande, come in questo caso. Si può fare ancor più grande? Beh…

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Un tuffo nel buco del Texas

s Well

Questa storia, apparentemente priva di un senso logico, è una ragionevole approssimazione della vicenda verificatesi verso gli anni ’50 dello scorso secolo presso la ridente cittadina di Wimberley, nel Texas centro-meridionale. Un luogo estremamente verdeggiante nonostante la poco elevata latitudine, che si era sempre giovato di una fonte inesauribile di acqua potabile, sita nel letto stesso del fiume Cypress Creek. Un corso destinato a sgorgare, molto più a valle, nell’enorme Golfo del Messico, ma che non si origina soltanto dalle fonti montane site nella Waller County. Bensì dalle viscere del mondo stesso, attraverso una fonte artesiana che porta tutt’ora il nome biblico di Jacob’s Well. Nell’epoca moderna, a causa dell’eccessivo sfruttamento, la falda acquifera di Trinity si è notevolmente ridotta. All’improvviso, quell’alto geyser ha cessato di erogare un vortice verso le inaccessibili regioni del cielo. Al diradarsi della lieve nebbiolina, frutto di molecole scomposte, ciò che restava…
Immaginate di ricevere in dono, da un’entità sovrannaturale non meglio specificata, la più splendida delle piscine. Con tanto di copertura motorizzata, trampolino, scaletta, spogliatoio, sdraio ed ombrelloni. Se non avete un giardino, poco importa. Anche quello vi sarà fornito, grazie a un’imprevista eredità. Immaginate, dunque, di svegliarvi in una splendida mattina di primavera, al suono degli uccelli in festa. Per veder la luce splendida che si riflette sopra l’acqua della vostra vasta vasca, già l’invidia dell’intero vicinato; e di scoprire, con vostro estremo rammarico, che al centro dello spazio c’è un profondo foro, largo esattamente 4 metri e profondo quanto, non si sa. Questa voragine oscura, ad ogni modo, è la fonte stessa della vostra fortuna. Grazie ad essa l’acqua della piscina non è mai troppo fredda, né eccessivamente calda. Da qui sgorga, grazie a una leggera e piacevole corrente, un fluido sempre limpido e trasparente, senza nessun tipo di accumulo o ristagno. Se voi decideste di ostruire il foro, perdereste presto l’uso ideale del meraviglioso dono del destino. Cosa fare, dunque, se non limitarsi ad ignorarlo? Giorno dopo giorno, sempre rinfrescati, gioiosi e corroborati da un sincero senso del relax, andreste a letto soddisfatti della vostra situazione.
Ma poi la notte, nel dormiveglia, poco prima di lasciare il passo al senso dell’oblio, la vostra mente andrebbe in overdrive: “Ma cosa diavolo ci sarà mai, in fondo a quell’orrendo e misterioso BUCO!?” Potrebbero passare settimane. Oppure mesi, se non anni. Magari anche generazioni. Ma un giorno voi, oppure i vostri figli, nipoti o pronipoti, rabbiosi prendereste pinne, bombole ed occhiali. Per andare a perdervi nella profonda tenebra sommersa…

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