C’era una volta un ragnetto salticida che si vantava di saltare più lontano di qualsiasi altro membro della sua classe, le otto zampe raccolte elegantemente sotto l’addome mentre si spostava da un ramo all’altro della foresta pluviale. E ogni volta che passava dalla dimora del suo distante cugino Encyosaccus dagli stravaganti e inutili puntini dorsali, non mancava di rivolgergli incalzanti parole di scherno: “Guarda come sei lento, con quel tuo dorso niente affatto aerodinamico. E coi tuoi occhi piccoli e poco sviluppati, non ci vedi praticamente nulla. Scommetto che in un giorno non potresti riuscire a prendere neanche quattro mosche di seguito. Puah-teh-tico!” Al che l’involontario e piccolo interlocutore, ruotando su se stesso come il cestello di una lavatrice, alzò deliberatamente il suo chelicero sinistro, rispondendo con voce sottile: “L’arroganza non ti fa onore, cugino. Anche il ragno più agile del mondo può essere battuto, sai?” un sottile strato di rugiada rifletteva la luce del sole, producendo riflessi conturbanti sopra il dorso dai colori di un’arancia “E chi potrebbe mai riuscire a farlo, un rigido e pesante araneide come uno di voialtri costruttori d’ingombranti ragnatele?” Al che il variopinto ragno tartaruga, dopo un attimo di profonda introspezione rispose “Sfida accettata, cugino. Domattina all’alba sopra il ramo mediano dell’albero di quina. Il katidide dalla forma di una foglia sarà il nostro giudice di gara.” Al sopraggiungere dell’ora predestinata, quindi, il ragnetto salticida decise che sarebbe arrivato un po’ in ritardo, per innervosire l’altro concorrente. D’altra parte sapeva molto bene che nessun cacciatore passivo come quel tipo alla moda avrebbe potuto rincorrere e ottenere risultati altrettanto degni di essere inseriti nel dorato albo dei catturatori di ditteri nell’aria umida e pesante del sottobosco. Ma nell’avvicinarsi deliberato al luogo predestinato, si accorse di qualcosa d’insolito. Le sue zampe posteriori, infatti, stavano iniziando a rimanere impigliate sotto lo sguardo attento di una distante ed amichevole coccinella. Progressivamente, un balzo dopo l’altro, i suoi movimenti diventarono sempre più complicati, mentre risaliva con la consueta leggiadria il tronco sdrucciolevole dell’albero di quina. Prima che potesse rendersi conto di quella che stava succedendo, tuttavia, una forma tozza e stravagante calò silenziosamente alle sue spalle, rivelando la sua vera natura niente affatto pacifica ed affrettandosi ad avvolgergli tutto attorno uno spesso strato di fili che coprivano la bocca, gli occhi e l’addome. “Ah, ah, ah. Ora di pranzo, mio caro cugino. I morti non parlano, non insultano e soprattutto rivelano ben presto tutto il gusto sopraffino delle proprie interiora risucchiate da un pratico foro nella parte esterna del proprio esoscheletro chitinoso.” Quindi poco prima che la preoccupante locuzione iniziasse ad essere dimostrata in senso pratico dal ragno mimetizzato, l’ormai non più tanto beffardo esponente del sottordine degli araneomorfi privi-di-ragnatela poté udire solamente l’accenno di un lieve e ripetuto frinire. Era il verso del katidide a forma di foglia, divertito dalle dispute letali tra alcuni dei suoi più piccoli e stereotipici nemici. Ah, l’avevo dimenticato. Il nemico del mio nemico può soltanto essere… CRUNCH!
Non c’è in realtà nessun collegamento tassonomico particolarmente stretto tra il ragno tartaruga e quello possessore dell’intelligenza maggiormente sviluppata ed il miglior senso della vista nel suo specifico ambiente d’appartenenza. Tranne per le dimensioni raramente superiori al mezzo centimetro in entrambi i casi, ed il fatto di appartenere rispettivamente alla famiglia maggiormente diversificata, e la seconda in base al numero di specie, della propria classe ed ordine aracnide, inclusi tutti gli altri ottuplici zampettatori di questa Terra. Laddove il nostro amico variopinto, di cui possediamo una quantità piuttosto limitata d’informazioni oltre alla classificazione della singola specie Encyosaccus sexmaculatus (“a sei puntini”) ad opera di un certo naturalista di nome Simon nel 1895 rappresenta, in effetti, un tipico esponente della famiglia dei cosiddetti ragni tessitori del cerchio (Orb weaver spiders) celebri per la frequenza in cui compaiono all’interno dei giardini e parchi pubblici di almeno metà del mondo civilizzato. Una delle forme più antiche e diffuse di catturatori e fagocitatori d’insetti dunque, grazie alla ben nota capacità di costruire sofisticate strutture, sfruttando la tela facente parte del proprio corredo evolutivo fin dalla lontana epoca del Basso Cretaceo (145-100 mya) questa categoria risulta anche celebre per la spettacolare variazione di forme, che ne ha fatto dei secoli una vera e propria enciclopedia delle contromisure morfologiche funzionali alla sopravvivenza in natura. Con la stragrande maggioranza dei ragni tessitori provenienti dalle zone temperate, come Europa ed America Settentrionale, capaci di mettere in pratica il mimetismo criptico dei propri colori simili a zone d’ombra, rami, foglie o persino cose sgradevoli e poco attraenti come il guano degli uccelli. Mentre nell’ambiente della biosfera tropicale, forse in forza della maggiore varietà e diversificazione di pericoli, la loro propensione appare quella di assomigliare il più possibile a diverse specie d’insetti mediante la tecnica del mimetismo Batesiano, di alcune varietà particolarmente indesiderabili per i propri predatori. Soprattutto creature come formiche o vespe, imenotteri ben noti per la loro inclinazione battagliera, rendendo il caso del “tartarugato” Encyosaccus una sorta d’eccezione che conferma la regola. Sebbene tutt’altro che unica al mondo, con altri casi di ragni somiglianti a coccinelle individuabili nel genere di ragni cribellati europei (con pettine ad artiglio per rassettare la ragnatela) degli Eresus, potenzialmente simili anche a cimici rossonere o altri membri della famiglia delle vasta famiglia Pyrrhocoridae. Per non parlare dei larghi e bombati Paraplectana asiatici, anch’essi tessitori del cerchio, i cui puntini dorsali bastano a farli assomigliare a dei veri e propri deambulatori dei prati erbosi di primavera. Questo perché ovviamente la coccinella, coleottero talvolta sottovalutato, è il ben noto possessore di sostanze chimiche tossiche e dal gusto particolarmente amaro, come segnalato per l’appunto dalle proprie colorazioni stravaganti ed il disegno iconico del proprio dorso puntinato. Appare invece meno probabile l’effettivo intento simile del ragno tartaruga stesso, data la rarità con cui gli aracnidi adottano questa strategia d’autodifesa, sfruttando i segnali aposematici soltanto nel caso di effettivo rischio fisico per l’aggressore, come nel caso di alcuni ragni dei generi Mygalomorphae ed Orbiculariae, dotati di affilati e lunghi aculei dorsali capaci di trafiggere anche un piccolo uccello.
Largamente misteriosi al di fuori di vaghe notazioni sul loro areale, che ne vede esempi fotografati nell’ultimo mezzo secolo in Ecuador, Perù, Brasile e Colombia, il ragno tartaruga sembra possedere anche una significativa variazione di colori e forme. A partire da quello più famoso (e forse… Comune?) dal dorso arancione e bianco suddiviso in ordinati spicchi alla versione color giallo limone, per non parlare dell’esempio straordinariamente stravagante dal pattern alternato bianco, rosso e nero, ancor più capace di ricordare una testuggine mentre si arrampica agevolmente e in modo surreale su di un filo d’erba del proprio ambiente di riferimento. Mai sottoposto ad uno studio monografico o di tossicità effettiva del corpo e del veleno, forse per la difficoltà nell’acquisirne esemplari nei remoti territori in cui è attestato, il ragno tartaruga parrebbe essere effettivamente abbastanza raro da essere stato catturato soltanto due volte su 1231 ragni, in entrambi i casi trattandosi d’esemplari femminili, nel corso dell’approfondito censimento aracnide dell’Amazzonia del 2010 ad opera di scienziati dell’Università di Harvard ed il Centro de Investigaciones en Acarología. Il che rende ancor più importante un’approfondimento il prima possibile delle nozioni in nostro possesso per questa distintiva e notevole creatura, prima che la riduzione dell’habitat con le finalità più diverse possa contribuire alla sua probabile ed irrimediabile estinzione. Mentre cerchiamo di trarre, dalla narrazione relativa ai rapporti col suo problematico cuginio, almeno due validi insegnamenti: primo, che non dovremmo mai sottovalutare chi riesce a saltare meno in alto di noi. E secondo, che i ragni costruttori di ragnatela sono sempre affamati. E per questo non bisognerebbe mai prendere appuntamento con uno di loro in un luogo e un’ora definita.