Mentre gli ospiti invitati per l’ennesima festa percorreranno il corridoio discendente che si trova all’ingresso del Royal Palms di Chicago, venue d’eccezione presso cui è possibile, tra le altre cose, accedere ad un certo numero di piste per lo shuffleboard (curling da ponte o superficie di cemento) qualcosa di bizzarro colpirà da oggi la loro attenzione. Un’intera parete risultante, almeno in apparenza, da una florida carriera nel fantastico mondo della pesca, messa in atto da un qualche abile componente della squadra di gestione, con l’evidente compiacenza di Ashley Albert, la proprietaria. Ma è soltanto una volta effettuati i primi tre o quattro passi in tale mondo che, al varcare di una soglia invisibile, l’effettiva funzione dell’opera d’arredo avrà modo di rivelarsi. Quando i persici in questione, voltandosi all’unisono verso lo stretto passaggio, spalancheranno le proprie bocche e inizieranno a…
Il sibilo dell’aria che percorre quel pertugio, limpida e perfettamente udibile, sussurro dell’Oceano per chi ha il desiderio di raccogliere conchiglie, poi le mette tutte in fila e pensierosamente, accosta il proprio orecchio al telefono in aragonite ricevuto in dono dalla natura. Ma un mollusco può cantare, anche nella migliore delle ipotesi, non più di 10, 15 canzoni. Mentre un pesce, essere pinnuto dal più elevato senso critico ed inclinazione a disputar se stesso, possiede in linea teorica la chiave d’accesso verso molti generi di tipo differente. Come i molti sentimenti trasformati in musica da Albert Leornes “Al” Green, gigante americano della musica gospel e soul attivo sin dagli anni ’60, particolarmente celebre a livello internazionale per il suo brano del 1974 “Take me to the River” e l’esecuzione dello stesso che iniziò a sentirsi dalla fine degli anni ’90, nelle case di letterali centinaia di migliaia di persone, grazie a un’esecuzione che potremmo definire… Fuori dal coro. Quella di Billy il pesce persico texano “dalla bocca larga”, il cui intento istrionico può già notarsi dal gioco di parole, un duplice riferimento all’effettivo nome della specie ittica di appartenenza (Micropterus salmoides) e la funzione principale di una simile creazione, forse il più famoso scherzo elettronico della sua Era. Quella di cantare, s’intende, soprattutto due brani: l’ottimistico “Don’t Worry, Be Happy” di Bobby McFerrin ed il già citato, poetico racconto di una riscoperta mistica da parte del buon vecchio Al – Che ovviamente, si presume sia da prendere in un senso decisamente più letterale, quando a cantarla è un pesce prossimo al soffocamento che in circostanze reali, vorrebbe DAVVERO essere riportato nel suo fiume di provenienza.
Eppure non c’è alcunché di macabro o inquietante nella nuova idea comunicativa di questo luogo di ristoro dedicato, almeno in parte, al più nobile degli sport normalmente praticati a bordo di una nave da crociera, quanto piuttosto un chiaro intento di lasciar letteralmente privo di parole ogni possibile visitatore, per poi rimpiazzarle, se possibile, mediante un repertorio assai più ampio rispetto a quello originario del popolarissimo giocattolo della Gemmy di Dallas, TX. Offerto, nello specifico, grazie all’opera migliorativa di Adam Lassy dello studio di design Quasi di New York, progettista di situazioni abitative, arredatore di luoghi di lavoro e a quanto pare, anche un abile programmatore di creature degli abissi, per cui nulla è impossibile nell’ora della pesca, considerati i giusti presupposti. Neanche creare l’arte, intesa come attimo di lieve introspezione, da un meme…
Che il celeberrimo Billy Big Mouth Bass, capace di far guadagnare alla propria azienda produttrice una quantità d’introiti stimati superiori ai 100 milioni di dollari, sia un prodotto irripetibile della sua epoca, è probabile, se non addirittura una certezza. Immesso sul mercato alla soglia stessa del millennio quando gli smartphone dotati di telecamera iniziavano a essere la norma, benché ancora non esistessero luoghi digitali come Facebook e Instagram, l’ennesimo gag gift (idea regalo curiosa) di una società specializzata nella produzione di tali oggetti seppe trascendere il segmento di mercato per cui era stato originariamente concepito, riuscendo a diventare un vero e proprio fenomeno trascendentale. Al punto che, all’apice del suo successo, si arrivò a narrare che Bill Clinton ne avesse donato uno ad Al Gore, così come John Prescott a Tony Blair. E che addirittura la regina Elisabetta ne tenesse un esemplare sopra il pianoforte, per far sorridere i suoi ospiti invitati per l’odierna e irrinunciabile ora del tè. Davvero niente male… Per l’idea venuta da una contingenza a Joe Pellettieri, product manager della sopracitata Gemmy assurto a un ruolo dirigenziale dopo la sua precedente concezione, e successiva immissione sul mercato, del famoso giocattolo dei fiori canterini. Ma fu soltanto mentre, nel 1999, si recava durante un viaggio in macchina con la moglie presso un negozio di articoli sportivi, che proprio la sua consorte ebbe a pronunciare quella frase che gli avrebbe permesso di entrare, a pieno titolo, nella storia “E se la prossima volta, facessi cantare un pesce, magari montato su di un quadro a muro?” L’idea aveva del potenziale, pensò subito Joe, in quanto se c’è una cosa che ama l’America, è la vita all’aria aperta e nell’offerta della sua compagnia, già celebre per alberelli di natale, anatre, criceti ed infinite altre facezie con la musica tra gli ingranaggi ed i circuiti, ciò mancava ancora di essere rappresentato. Aggiungete a questo la recente acquisizione tecnologica, proprio ad opera del suo reparto, di un innovativo chip capace di sincronizzare i movimenti di un giocattolo con la musica, e l’idea era praticamente quasi pronta. In breve tempo, Joe fece preparare un prototipo di pesce preistorico, grigiastro e mostruoso, capace di tenere il tempo di svariati brani di prova. Ma l’idea venne bocciata, in quanto poco realistica e memeticamente rilevante. Il che, per molti, avrebbe potuto rivelarsi scoraggiante ma non per lui: che una volta coinvolto un imbalsamatore di effettive prede della pesca, fece il possibile per dare un tono più credibile all’aspetto del giocattolo, contattando inoltre direttamente gli ingegneri delle aziende cinesi fornitrici per chiedere, e miracolosamente ottenere, un nuovo tipo di movimento: il pesce avrebbe dovuto infatti non soltanto cantare, ma anche, e soprattutto, voltarsi dalla placca sopra cui era stato presumibilmente inchiodato, per guardare dritto negli occhi l’accidentale fruitore di una tale circostanza d’eccezione.
Il fulmine, a quel punto, era stato perfettamente catturato nella metaforica bottiglia: subito dopo il lancio in quel febbraio del 2000 (Billy aveva mancato la finestra di lancio natalizia causa il tempo necessario ai perfezionamenti) la gente sembrò non riuscirne semplicemente ad averne abbastanza: tutti volevano vedere la reazione dei propri amici di fronte ad una simile scenetta surreale, mentre il giocattolo fece la sua comparsa in diversi show televisivi e ben presto, andò esaurito nei negozi di tutti gli stati. Anche per la relativa lentezza del suo processo produttivo, dovuto al grado di complessità meccanica decisamente superiore alla media, ben presto i prezzi iniziarono ad aumentare, mentre i soliti “investitori” ne acquistavano vagonate, nel tentativo di rivenderli a prezzo maggiorato attraverso l’allora nascente fenomeno delle aste online. Ma come tutti gli altri maggiori successi della Gemmy, sebbene su una scala maggiore, un simile miracolo del marketing non poteva certo durare per sempre. E nonostante i numerosi tentativi di rinnovarsi, alla fine, Billy passò inevitabilmente di moda…
Cosa resta dunque in questi incipienti anni 2020, di un fenomeno risalente a quasi un quarto di vita a questa parte, parzialmente dimenticato eppure mai, davvero, sostituito da un qualcosa di pari valore… Forse il senso che il divertimento o questa voglia di scherzare, essenzialmente, resti sempre attuale nonostante i cambiamenti e l’iter progressivo della società umana. Oppure una sorta di senso di colpa, da combattere con l’ironia, verso intere generazioni di pesci persici sacrificati non per la nostra tavola, bensì montati a muro solamente per il momentaneo ludibrio di chi dovesse sedersi innanzi al relativo caminetto.
Ma come per l’evidente successo riscosso, qualche mese a questa parte, dalla surreale (re-) introduzione del celebre pesce in qualità di letterale interfaccia meccanica ed interattiva per il sistema di assistenza vocale Alexa, con tanto di movimento sincronizzato a quello del dispositivo di Amazon, il nostro amico pesce assurge ancora una volta all’onore delle cronache, grazie all’iniziativa alquanto inaspettata di un famoso bar di Chicago. Previa assistenza ingegneristica del caso. Il che dimostra, quanto meno, il desiderio di un qualcosa che dimostri intento di elaborazione, il cambiamento ed il sovvertimento delle regole date per buone. Perché siamo tutti, in ultima analisi, un po’ pescatori. Ed il fiume che ci scorre sotto non aspetta altro, che inghiottirci tra le acque cristalline di un pacifico momento di allegria.