“La paura non esiste Dolan, la paura è un’invenzione della mente.” Nella fluidità dei movimenti, il piccolo pennuto sembra trasformarsi in aria ed acqua, mentre l’animale a strisce incarna gli elementi eternamente contrapposti della terra e del fuoco. I due si girano attorno come gladiatori nell’arena, studiando l’avversario per scoprire le sue eventuali debolezze. Lo sguardo del felino sembra farsi vacuo, mentre prende in considerazione la distanza, la profondità e la forma del laghetto. Dalle sue orecchie fuoriesce un refolo di codice binario. Certo, nessuno dei due animali si trova nel suo elemento principale. Ma l’uccello, che appartiene al genere delle anatinae e per questo sopravvive quotidianamente nutrendosi di alghe, piccoli invertebrati e pesci sonnolenti di passaggio, comprende molto meglio il moto trasversale delle onde. Inoltre, dettaglio niente affatto indifferente, esso non è nato e cresciuto in uno zoo. La regina delle giungle asiatiche, di fronte a tutto questo non può fare a meno di pensare: “Se corro dietro a quella cosa, sarà uno spreco enorme d’energie. Devo necessariamente prenderla in un solo balzo.” Mentre gli spettatori umani, trattenendo il fiato, vivono la più profonda incertezza sull’origine di tale situazione. D’un tratto, il tempo sembra immobilizzarsi, mentre il felino da 250 Kg flette i muscoli per fare la sua mossa. Le acque si dividono, la terra trema per l’impatto della sua potenza. In un vortice di schiuma e spruzzi, il mostro si trasforma in missile a ricerca di calore. Le zampe che ghermiscono il bersaglio senza alcun margine d’errore. Sembra proprio che per Dolan sia finita se non che, QWAK! Si ode all’altro capo dello specchio d’acqua. La papera è sparita, poi la papera è riapparsa, a molti metri distanza e totalmente incolume, indefessa. Le fauci della tigre si aprono soltanto parzialmente: “Sarà una lunga giornata.” Sembra sussurrare fra il più lieve dei ruggiti.
“Giovane, non hai capito. O meglio, puoi far finta che sia così, ma non puoi certo ingannare me, Duckling McDuckinson, con quasi 10 anni di esperienze dalla cresta sulla testa fino alla punta della coda bianca e nera.” A una quarantina di chilometri a sud di Sydney, tra i boschi circostanti il limpido lago di Cordeaux, la vecchia Oxyura australis (papero dal becco blu) si rivolge con tono di sufficienza al giovane esemplare di Chenonetta jubata (anatra dei boschi australiana) “Quando avevo la tua età, io e gli altri lo facevamo spesso. Se ti rechi fra i palazzi degli umani, e inizi a nuotare in cerchio, quelli lì ti tireranno il pane. Tu l’hai già assaggiato, il pane, vero?” Cibo degli Dei ed ambrosia delle circostante, una sostanza tanto nutritiva che non sembra fatta per nutrire le anatre di questo mondo. “Ooh si, nonnetto eccome se me lo ricordo. Ma tu non puoi parlare seriamente. Lo sai com’è da quelle parti! Se volo dalle parti della capitale, nel giro di pochi minuti mi ritroverò circondato dai gabbiani. Non scherza mica, quelli lì…” Chiaro: si tratta di una questione di rischio contro ricompensa. Se soltanto un volatile potesse scegliere di stare fermo, nei pochi metri circostanti la sua tana, è chiaro che esso non andrebbe incontro ai pericoli e le avversità della vita. A volte Dolan si chiedeva se non fosse quello il suo destino, come quello di suo padre, e di tutte le altre anatre del lago di Cordeaux. “Ecco, voi giovani d’oggi! Te l’ho detto che non mi hai ascoltato. Chi ha mai parlato di andare a nord? Se soltanto tu tirassi il becco fuori dal buco dell’albero, sapresti che dalla parte opposta sorgono altre cittadine, più piccole, ma altrettanto piene di delizie alimentari. Per raggiungerle dovrai aprire le tue ali e seguire la Lawrence Hargrave Drive, tenendo l’oceano alla tua sinistra. Non deviare mai da quella direzione, e dopo un certo tempo scorgerai un’insegna con un koala. Ecco, a quel punto segui le indicazioni…”QWAK, di nuovo. La massa impressionante della belva che si appresta a uccidere, mentre il pennuto, con agilità e apparente indifferenza, sfrutta il potere del teletrasporto per spostarsi altrove. Le sue ali sono come pinne, il suo becco un’antenna iperspaziale. Cos’aveva detto il vecchio Duckinson? “Entra dall’ingresso principale e vola dritto fino al recinto dei panda rossi. Quindi supera le scimmie e gli emù. Quando vedrai il wombat, gira a destra, lasciandoti dietro l’area dedicata ai canguri. Ben presto sarai nell’area di sosta per i pic-nic. A quel punto entra nello stagno e inizia a fare gli occhi dolci, come quelli di Pollyduck l’altro giorno, quando ha visto sulla riva quello svasso con l’accento straniero…” Oppure aveva detto, gira a sinistra? Fatto sta, che questa area per fare merenda continuava sembrargli parecchio strana. In primo luogo, perché circondata da una recinzione di metallo. Come mai potrebbero, gli umani senza piume, entrare per venire a lanciargli il pane? E poi c’è qualcosa, qui, che insiste nel seguirlo a un ritmo inesorabile ma sostenuto. Se non fosse impossibile, direbbe che si tratta di un grosso cane a strisce nere. “Aaah, ci sono. Vuoi vedere che questo è il recinto della zebra? Allora è chiaro che dovrai girarmi verso la direzione in cui cresce il muschio sugli alberi…Ma qua non ci sono dannati alberi, per tutti i qua qua qua.”
“Dovremmo dirglielo?” Due forme grigiastre, in bilico sul muro est dell’inferriata che racchiude il casuario, dinosauro-uccello più feroce dell’intero zoo di Symbio, popolare attrazione turistica del Nuovo Galles del Sud. “Stai scherzando? È divertente. Falli giocare ancora per qualche minuto. Vediamo come va a finire…” Jimbo e Sambo, gabbiani veterani, di storie simili ne avevano conosciute a bizzeffe. Cormorani atterrati nella fossa del giaguaro. Brolghe fluttuate fino alla pozza dei coccodrilli. Quel fastidioso kookaburra, inseguito per una mattina intera dai dingo del nord del parco… Il fatto è che gli uccelli di terra, il più delle volte, devono chiedere per favore. Invece che prendere semplicemente ciò che vogliono dalle ceste degli umani intenti a trafficare con gli smartphone. E ad un tal punto sono concentrati a fare ciò, che spessonosbagliano a prendere le misure delle cose, e finiscono nei recessi più inappropriati dell’intero vicinato. “Ahahah squawk! Roba da pazzi. Quel tizio sta giocando a nascondino con Ted la tigre! Stasera alla discarica, Kenbo non ci crederà mai…”
Mentre i minuti trascorrono veloci, tuttavia, l’unica che sembra stancarsi è la tigre. Dolan, mettendo in pratica l’esperienza acquisita scansando i lucci del Cordeaux, sembra essere dovunque ed allo stesso tempo, in nessun luogo, mentre gli umani sulla scena aumentano, e il tono dei commenti si mescola nel rombo di un brusìo crescente. “Il guardiano…Chiamate il guardiano…Quella coraggiosa papera sta per fare la fine del pollo.” E ancora: “Ho appena letto su Wikipedia che la tigre del Bengala è un VERO predatore, il che significa che uccide la sua preda solamente per mangiare. Qualcuno lanci il suo panino a quella belva indemoniata, presto, presto, prima che balzi di nuovo!” Ora, all’improvviso, Jimbo e Sambo si lanciarono uno sguardo di sottecchi. “Quel tizio ha detto…Panino?” Come per un’ordine militare, tra le dozzine di uomini e donne presero ad aprirsi una manciata di borse. Chi aveva il pranzo pronto, mosso a compassione dalle gesta della papera sconclusionata, non poteva più fare a meno di partecipare allo sforzo collettivo per distrarre il legittimo abitante del recinto erboso. Fu un attimo glorioso e splendido, mentre entrambi, uccello e grande felino, rivolsero becco e fauci verso l’alto, mentre piovevano pezzi di wurstel, mortadella, formaggio e sfilatini. Il moto delle fronde appese ai rami distanti accelerò d’intensità, trasformando le formiche in altrettanti piccoli scoiattoli volanti.
Trascorrono due settimane. La storia della papera senza paura, a questo punto, è ormai nota tra tutti gli uccelli dell’intera zona dello zoo di Symbio. Tre gabbiani sono appollaiati al solito posto d’onore, sul recinto dell’uccello azzurro erede del T-Rex. “Amico mio, ti rendi conto? Non soltanto la papera venuta da fuori ha fatto fessa Ed la tigre. Lei ha privato ogni gabbiano della sua preziosa dignità. Cosa diranno di noi, i nostri pulcini? Che non abbiamo neppure il coraggio di procurarci legittimamente il pane…” Simba, con l’aria altezzosa e gli occhi posti ai lati della testa, scrutava di sottecchi entrambi i suoi vecchi compagni di scuola. “Swambo, tu hai mai guadagnato una sola briciola onestamente? E tu, Kenbo, che mi dici?” Il più piccolo, ed agile del trio, si volta attorno, quindi apre il becco per esporre la sua opinione: “Io dico che Rurik il casuario mi sembra stranamente pacifico e satollo. E se non sbaglio quelle che intravedo lì nell’angolo del suo recinto sono piume bianche, abbandonate dopo un pasto particolarmente sostanzioso. Del resto, senti a me: hai più visto Jimbo e Sambo, dopo quella folle serata alla discarica di Lucas Heights? Sentite a me, io ho una TEORIA in merito a tutto questo…” Simba si volta lentamente verso di lui, mentre nel suo cervello non più grande di una noce inizia a profilarsi il primo impatto della verità. L’uccello sembrò aprire leggermente il becco, quando tutto d’un tratto, una lieve vibrazione scosse il reticolato e l’attenzione di entrambi. Un gruppo di boy scout aveva appena voltato l’angolo da dietro la gabbia dei lemuri, e il primo di loro sta tirando fuori il più succulento toast che Simba avesse mai visto. Il cheddar colava giallastro dai bordi croccanti, mentre un lieve sbuffo di vapore prese a diffondersi nell’aria del mattino. Swambo, nel frattempo, stava già volando pigramente verso il recinto di Ed la tigre. “Oh, al diavolo, che importa? Si vive una volta sola.” Fece Kenbo. Con un impatto appena udibile tra il caos dei visitatori, uno, due, tre gabbiani scesero anche loro nell’arena bagnata.
E fu allora, per un puro caso del destino, che come un sol uomo, gli altoparlanti dello zoo iniziarono a parlare: “A tutti i visitatori, in occasione della nascita del nuovo cucciolo di koala, peluche gratuiti per tutti al centro visitatori. Ma affrettatevi, le scorte sono limitate…” Ohh, non di nuovo! Pensò la tigre. Ma stavolta, quant’è vero Sandokan, li prenderò…