La danza dei corpi dagli incredibili costumi digitali

AICP Sponsor Reel

Fusione ed vaporizzazione, intangibile, magnifica sublimazione. Tutti gli stati della materia, ed i processi di mutamento dall’uno all’altro, vengono presi in esame in questa breve quanto memorabile sequenza, creata per un’occasione molto speciale dagli animatori da una delle più rinomate compagnie di effetti speciali di Los Angeles, la Method Design. E nonostante la scelta di un soggetto che potrebbe essere definito tra i più classici per chi studia la geometria del movimento e disegna il frutto dei propri pensieri, ovvero la danza di un gruppo di personaggi di fantasia, come gli scheletri di Walt Disney o i numeri musicali di Betty Boop, sono qui l’aspetto dei protagonisti, la surreale coreografia e dei valori estetici tecnologicamente futuribili, a creare un tutto che è di molto superiore alle premesse di ciascun singolo componente. Se guardate un video quest’oggi, fate che sia questo! Non credo che rimpiangerete i tre minuti trascorsi dal momento del fatidico…Click.
Ciò per cui è stata creata questa memorabile animazione, o per meglio dire la sua versione più condensata (quella che possiamo vedere online è in effetti un director’s cut) è stato l’impiego durante la prima settimana di giugno come carrellata degli sponsor della AICP Week, l’evento a cadenza annuale statunitense della Association of Independent Commercial Producers, che si svolge presso il rinomato MoMA di New York con il fine di eleggere, tra tutte le produzioni pubblicitarie del trascorso anno, quella degna di essere inserita nell’archivio videografico del grande museo. Prestigio vinto per quest’anno dalla realizzazione con propositi benefici del colosso delle comunicazioni AT&T, intitolata Close to Home, che esorta a non usare il telefono mentre ci si trova alla guida, mostrando le potenziali conseguenze di un grave incidente in un quartiere residenziale di periferia. Mentre questa creazione del tutto originale, che ovviamente non era in concorso, è riuscita comunque a dimostrare la fenomenale fantasia, e abilità tecnica, di un’azienda che di certo ha molte nuove prestigiose commissioni all’orizzonte del suo curriculum professionale. Come resistere, del resto, al fascino della figura umana trasformata in tali e tante fantasmagoriche modalità? Il tutto a partire da effettive registrazioni in motion capture, il classico sistema della tuta con i puntini luminosi, realizzate presso lo studio specializzato degli House of Moves, azienda sita non troppo lontano dal leggendario molo di Santa Monica, protagonista d’innumerevoli serie tv e film. E l’intero concetto di quanto stiamo qui analizzando, in effetti, rappresenta un notevole punto di stacco col passato, visto come nelle precedenti edizioni gli sponsor reel dell’evento, per quanto creativi e fantasiosi, avevano sempre incluso, per lo meno, i loghi degli sponsor. Mentre qui, a quanto ci viene dato da capire, l’intera sequenza dovrebbe rappresentare grazie all’unico strumento della metafora i diversi marchi coinvolti, benché non sia impossibile che al momento dell’effettivo impiego sullo show floor, il video fosse coadiuvato da proiezioni accessorie ed un qualche tipo di didascalia. Ciò detto, non tentate d’individuare marchi famosi come Sony, Apple, Adidas (…) nell’aspetto di questo o quell’insolito protagonista: a giudicare dalle precedenti edizioni, il tipo di compagnie messe a catalogo sono sempre rigorosamente appartenenti al mondo della pubblicità, e dunque, per quanto enormi e fondamentali, largamente sconosciute per nome al pubblico finale. Rivedendo il reel del 2015 ad esempio, creato come l’avventura di un bambino all’interno di un museo dell’aeronautica che definirei quasi spielbergiana, vi si ritrovano marchi come LMF, PostOP, Reel Fx, Breed, Lucky Post… E chissà quali di costoro erano l’uomo piumato, quello fatto di bolle verdi o la donna che sembrava indossare un’enorme pelliccia d’oro puro!

Kung Fu Motion
Anche la guerra, non è forse una danza? Soltanto chi si ferma è perduto. Tutti gli altri, dando sfogo al proprio spirito e alla forza tipica dell’esistenza, possono fare affidamento sulla risorsa del continuo mutamento. Ma non chiedetelo a Confucio: è tutto scritto nel Tao Te Ching di Lao Tzu.

Lo strumento del motion capture permette di creare sequenze memorabili, che alludono soltanto parzialmente a ciò che vogliono rappresentare. Qualche settimana fa fece notizia, ad esempio, questo fantastico video di Tobias Gremmler, che rappresentava attraverso una serie di strali e poligoni sfumati le movenze di due veri maestri di Kung Fu, selezionati appositamente tra tutti quelli partecipanti ad un’esibizione della International Guoshu Association di Hong Kong. Anche lì, il metodo pressoché universale del MoCap veniva impiegato per trasformare in numeri le movenze degli indiretti partecipanti a quello che potrebbe essere definito, senza timore di smentite, come un nuovo media delle esibizioni in differita. Ciò perché la renderizzazione, ovvero il calcolo computerizzato di quanto debba essere effettivamente messo in mostra sullo schermo, di un tale maelstrom di poligoni e forme, non può che richiedere un tempo di parecchie ore, anche potendo contare sugli agglomerati più poderosi di server o macchine da calcolo specializzate, rigorosamente preparate per il calcolo distribuito.
Tra tutti i commentatori del video di ballo della Method, nessuno ha osato tentare di dare una cifra esatta alle tempistiche o la potenza necessaria a raggiungere un simile grado di complessità dei materiali e degli effetti, benché siano stati ipotizzati i software Autodesk Maya e Houdini della Side Effects Software di Toronto, un programma per l’animazione che include la simulazione della fisica e funzioni specifiche per superfici complesse, come il pelo e i capelli. Benché nella qui presente colorata espressione di un tale insieme di sapienze tecnologiche, qui ci sia spinti molto oltre, in particolare con un paio d’avatar semi-liquidi, oltre a quello che si trasforma ed il conglomerato di palline deambulanti, forse una possibile prova del prossimo alieno da sconfiggere nei videogame. Viene tuttavia la curiosità di scoprire quali siano le compagnie pubblicitarie sponsor rappresentate dal ballerino di cioccolata che si squaglia progressivamente, lasciando equivocabili macchie marroni sulla pista dell’esibizione, o quello abbigliato a tutti gli effetti come la perfetta quintessenza di un estimatore del sadomaso, con tanto di catene e tuta di cuoio ricoperta da pericolosi rostri acuminati. Qualcosa mi dice che potrebbe anche trattarsi di rivali della Method, o in alternativa, di loro vecchie conoscenze, di certo non prive di uno spiccato senso di auto-ironia.

Walking City
Un’altra splendida animazione che gioca sulle forme e movenze di figure vagamente antropomorfe è questa Walking City della Universal Everything, vincitrice del premio Golden Nica all’Ars Electronica 2014. Il tema, in questo caso, sembrerebbe in effetti vagamente architettonico, benché la totale assenza del colore privi l’intera sequenza di una parte del suo impatto potenziale.

Ma la pubblicità, dopo tutto, non dovrebbe anche costituire una continua scelta della strada più difficile, onde allontanarsi dalle aspettative del pubblico non-ancora-pagante? Se davvero voglio affascinare qualcuno, non posso certo farlo offrendogli quello che egli già possiede: una scala di valori chiara ed evidente, l’estetica lampante del senso comune, similitudini immediatamente comprensibili e scontate. Benché sia proprio questo ciò che ritroviamo, quotidianamente, sulle onde radio e la carta stampata della nostra società in carenza tragica d’idee. Ed è proprio da una tale presa di coscienza, che dovrebbe scaturire l’importanza di un premio come quello elargito dalla AICP, non soltanto un marchio di eccellenza, ma la dimostrazione che anche un qualcosa di commerciale può talvolta, con le giuste condizioni, trasferirsi a pieno nel mondo dell’arte. Purché esista l’intenzione creativa di fondo.
Una presa di coscienza di cosa significhi mettersi personalmente in discussione. Ciò significa, ballare. Dopo tutto, ma anche prima di tutto, ovvero nella definizione ancestrale di un simile gesto fondamentale all’espressione umana, la realtà dell’universo si nasconde tra le note della musica e nel tempo delle cose. L’unica speranza di coglierla, è guardare molto attentamente. Tra una sfera, un uomo-pongo, un conglomerato inesprimibile di particelle sfolgoranti, e poi…

Lascia un commento