Migrazioni marine: la piramide dei granchi e lo sciame pinnuto d’argento

A pyramid of crabs

La vita del subacqueo è piena di sorprese. Un giorno esci di casa, come tuo solito, con le due bombole già saldamente assicurate sulla schiena, raggiungi la spiaggia e poi ti tuffi, lasciando che l’inerzia faccia il resto del lavoro. Veicoli, imbarcazioni, presupposti e circostanze; tutto quanto può contribuire alla creazione di un sentiero ben direzionato, verso la scura essenza del fondale. Ove il mare si concentra, raggiunge i limiti del suo profondo senso di mistero. E tutto può stupirti, se lo vuoi. Pinktank di Melbourne, per gli amici PT, è l’autrice fortunata di queste riprese che stanno facendo il giro dell’ambiente internettiano, in cui si osserva un fenomeno tutt’altro che raro per le specie appartenenti alla tipologia arbitrariamente definita del “Granchio ragno” almeno stando ad una vasta serie di studi scientifici liberamente disponibili online, ma che di certo raramente viene offerta all’occhio degli spettatori umani, ed ancor più nella totale assenza di un commento, tranne quello musicale. Talvolta ci si sveglia la mattina con la voglia di capire; perché gli uccelli migrano, i vulcani espletano la loro furia la ragione e il peso delle nubi. Altre volte, tutto quello che ti serve è un occhi per spaziare, vivere il fenomeno e lasciarsi trasportare dagli eventi che si affollano nel tentativo di attirare l’attenzione. Casi di uccelli/insetti/cani/gatti/topi ben distinti tra di loro, o come in questo caso, un unico flusso indistinguibile, di dozzine sopra le altre, oppure addirittura centinaia d’individui, in grado di formare l’entità transitoria di un vera e propria struttura architettonica, così curiosamente affine al torreggiante mausoleo faraonico di antiche civiltà. E per chi afferma che nulla potrebbe essere piramidale, senza l’intervento di creature interdimensionali o l’influenza degli alieni, ecco la prova certa che simili forme verticali sono un frutto imprescindibile di ciò che è vivo e cerca la sua strada di realizzazione, il metodo sicuro di lasciare un segno proiettato verso il domani, pur se gravido di presupposti di trasformazione.
Siamo per l’appunto a Port Phillip presso il molo di Rye, nello stato dell’Australia del Sud di Victoria. L’esperienza dev’esser stata straordinaria: poter assistere al primo atto della migrazione annuale degli appartenenti alla superfamiglia dei Majidae, granchi decapodi con il carapace più lungo che largo, oltre alle lunghe zampe che gli permettono di camminare verso avanti e li vedono associati, per somiglianza estetica, all’amichevole aracnide del vicinato. Architetto, lui si, di una tela che sott’acqua non avrebbe un senso. Il granchio ragno comune non è più largo di 10 cm, benché la prospettiva del video possa trarre in inganno.  E benché non ci sia un modo per tendere una trappola in tela tra le molecole di H2O, ciò non significa che sussista vita facile, per chi batte il fondale in cerca di cibarie zampettanti o zigzaganti, il dorso bitorzoluto ed aculeato così  esposto ai predatori di passaggio. Dunque la via salvifica di simili semplici spazzini è tale, da lasciar basito chi vi assiste: l’aggregazione dei corposi numeri, la costituzione di una folla d’individui, solida e inarrestabile, dinnanzi cui persino l’uomo può trovarsi scosso dalle circostanze, privo di parole o considerazioni. Allora, tutto è pronto. La memoria evolutiva della specie, ancora questa volta, ha istituito l’ordine militaresco delle schiere. Però prima di partire verso acque dalla composizione salina e la temperatura maggiormente vantaggiosa visto l’incipiente sopraggiungere dell’inverno (qui siamo nell’emisfero sud, baby) come attentamente determinato da esperienze precedenti, viene il giorno ed il momento dell’accoppiamento. Un brulicante formicolìo di bestioline sovrapposte per la spinta del più basilare desiderio, tese a scambiare il proprio patrimonio genetico senza distinzioni tra la casta, il ruolo e l’imponenza. Laddove normalmente, nei rituali dell’accoppiamento tra simili creature, conta soprattutto la regola del più forte, in simili attimi di gloria tutti/e vanno bene per tutte/i. Basta che batta le chele.

Incredibile. Meraviglioso. Umido, persino. Viviamo la natura come un semplice concetto aleatorio, lo sfondo tipologico dell’esperienza quotidiana. Guidando da un luogo all’altro, gli alberi che scorrono veloci, si ode il verso distante del chiurlo, un movimento tra i cespugli. Cosa importa? Ormai è tardi, c’è la gente che ti aspetta all’altro lato del tragitto. Non puoi davvero metterti a guardare, ciò che ha poca influenza sulle regole del tuo futuro…Ma nel frattempo, il ciclo non può che continuare.  Forse, davvero può comprenderlo soltanto chi si sposta con la forma mentis dell’esploratore: ovvero, armi e bagagli al seguito, lascia il sentiero più battuto senza una chiara missione, soltanto con lo scopo di vedere cose belle, degne di essere narrate. E chi meglio del sub, la cui stessa collocazione, nello spazio del sensibile, è talmente ostile e inavvicinabile in assenza di strumenti tecnologici a supporto, da presentare un innegabile presupposto di pericolo in potenza! E infatti, guarda caso, proprio mentre PT s’immergeva nelle acque progressivamente sempre più fredde della più vasta baia dell’Australia, all’altro capo del mondo si ponevano le basi per un altro video straordinario:

1 million fish

Questo è Michele Rocco d’Angelo, un sub meno noto ai circoli del web rispetto a PT, ma la cui nazionalità e/o provenienza dovrebbe apparirci davvero evidente, alle prese con uno spettacolare banco di Menidia menidia, o pesci dal dorso argenteo dell’Atlantico, lassu nel caldo caraibico dell’isola Grand Cayman, sito della celebre George Town. Dove giunsero i coloni inglesi delle epoche trascorse, così come oggi, tanto frequentemente, sbarcano i turisti scopritori di un simile ambiente biologico e paesaggistico, tanto meravigliosamente ricco di spunti d’approfondimento e approdi per crociere attorno al mondo. Lo sponsor del video, stavolta, è chiaramente definito: e di chi poteva trattarsi, se non della solita produttrice di telecamerine per avventurieri, quella GoPro Inc. che ha saputo, negli ultimi anni, trasformarsi nell’equivalente non alimentare della bibita Red Bull. Sarebbe a dire, un’azienda capace di creare fruttuose associazioni tra i suoi prodotti e cose accattivanti, fatti estremi dell’ambito sportivo e chi ne ha… Fino al punto di raggiungere lo status, in se già largamente redditizio, di creatrice di un contesto utile a condividerli, tanti eccezionali presupposti di ricordi digitali. E che scena, stavolta! Un vero e proprio tornado di splendenti esseri, accomunati a quel granchio australiano dal bisogno di migrare occasionalmente, per mantenersi negli ambienti con temperature idonee alle loro precise esigenze di riproduzione. Così tornavano nuotando dopo un lungo inverno, i vivaci araldi della primavera, l’ennesima visione di catarsi naturale, affine a quella delle rondini, sopra l’acqua delle cose. Ma chi ha voglia di guardare verso il cielo? Molto meglio un intero ambiente nascosto, spalancato assieme alle acque dell’oceano, per il gusto ed il piacere di chi osserva (molto) da lontano…
Come ai tempi delle scarpe da ginnastica, creatrici di pubblicità da sempre ripetute: aprile, tempo di migrare. Non importa che tu stia per metterti la sciarpa, sul sopraggiungere della stagione di partenze bi-chelate. Oppure in arrivo, assieme ai pesci d’argento, sul momento di liberazione dall’abbigliamento in eccedenza. Il ciclo delle stagioni non si ferma. E con esso, le soavi inquadrature di chi ha voglia e tempo di testimoniare. Quindi attaccati al cavetto USB della tua telecamera, stacca lo spinotto e vai. C’è un mondo d’incredibili opportunità, la sotto, con appena qualche dozzina di squali affamati. Nulla di cui aver paura, growl.

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