L’eterna lotta tra una pecora e la moto

Bikeram

TeeOCee è il giovane motociclista neozelandese che, percorrendo una tranquilla strada boschiva, si è imbattuto nell’ariete nero più arrabbiato al mondo. Da quel giorno, come in un romanzo d’avventura, è nata la loro faida senza fine: più volte si sono scontrati, per stabilire il predominio su quel territorio essenziale, punto di passaggio strategico fra i diversi attimi di un percorso storico importante. Corna ritorte e motori ruggenti, soffice lana di fronte al duro metallo. Il guardiano quadrupede della foresta, contro l’arrogante essere umano, a bordo del suo spaventoso veicolo a due ruote. Perché, qualcuno potrebbe chiedersi, non scegliere semplicemente di passare altrove? “Questa è casa mia, tengo moglie e figli!” L’animale potrebbe dire: “Beeehasta con questo assordante belato a due cilindri, ragazzino”. Ed è facile da capire, persino da condividere, il suo punto di vista. Ma la situazione va doppiamente analizzata. La convivenza, in questo caso, ha una sua ragion d’essere e un contesto. Le pecore selvatiche del Nuovo, Nuovissimo Mondo, che si compone d’Australia e ancor più Recente Zelanda, non sono in effetti tribù native proprietarie delle isole, cui qualcuno vorrebbe sottrarre un sacro diritto ereditario. No signore, Cristoforo Colombo. Discendono tutte dalla medesima razza Merino, fiore all’occhiello di Castiglia, nonché massima esportazione dell’Europa coloniale. Prima dell’avvento dei frigoriferi, preservare il cibo era un problema. Le navi europee del diciottesimo secolo, che per la gloria di distanti regni esplorarono queste terre, ne scaricarono intere carrettate, un po’ qui e un po’ la, insieme ad altrettante capre, maiali, cani e i sempre temutissimi conigli. Qualcuno, prima o poi, li avrebbe ringraziati (pensavano). Il modo più facile per preservare la carne, a quei tempi, era infatti mantenerla in vita. Così le bestie vennero diffuse, proprio come i microbi americani del comune raffreddore, distruttori di grandi e antiche civiltà. E se soltanto qualcuno avesse chiesto il parere del koala, oggi non saremmo a questo punto. A schivare i cornuti con la moto.

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La coscienza geografica internettiana lavora per vie piuttosto misteriose. Quando c’è un luogo che suscita l’interesse di molti, senza per questo diventare l’oggetto di ulteriori approfondimenti, si finisce per trasformarlo nell’antonomasia di qualcosa. Città intere sono famose per la squadra di calcio o un singolo pilota di Formula 1, mentre paesi anche più grandi vengono associati a significative ricorrenze, come avviene per l’Irlanda e San Patrizio, il Brasile e il Carnevale di Rio…Succede così che la cultura di decine di migliaia, piuttosto che milioni, di persone vengano subordinate, distrattamente, a qualche condizione di quel determinato ambiente. Così nasce il mito dei temutissimi animali d’Oceania. Il quinto continente, fra tutti, è quello che maggiormente suscita immagini di bestie strane, originali e spesso anche pericolose. Tutti conoscono quei ragni velenosi, l’enorme grillo weta, gli alligatori, lo squalo, i bicipiti possenti del canguro e così via. Il fatto, però, è che neanche tali e tanti personaggi possono far nulla, contro gli abitanti di una comune fattoria. Quando la pecora si sposta, non lo fa da sola. Insieme a lei viaggiano centinaia di migliaia di anni di tradizioni, commercio e confronto con gli umani. Arriva dove, normalmente, non dovrebbe. E si riproduce come, normalmente, non potrebbe. George Orwell, prima di raccontare del suo celeberrimo grande fratello, ne descrisse il contegno autoritario. Haruki Murakami le ha da tempo identificate come i più sapienti spiriti della natura.

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Nella sola Nuova Zelanda ci sono 12 specie di pecore selvagge, che in qualche modo sono ritornate allo stato brado: Raglan, Mohaka, Omahaki, Arapawa, Clarence, Woodstock, Diggers Hill, del fiume Hokonui, delle isole di Chatham, di Stewart, di Pitt e di Campbell (un grazie a www.rarebreeds.co.nz). Esistono inoltre almeno 10 razze di capre, tra cui la famosa varietà di Kiko, dalla parola maori che vuol dire carne, che a quanto riporta Wikipedia, ingrasserebbe molto bene, mangiando relativamente poco. E poi tutti conoscono, per concludere, la tragica storia del coniglio australiano, distruttore ambientale dalle proporzioni quasi bibliche.
La pecora è bella, la moto pure. E se guidi per due metri, probabilmente dovrai fare la tua scelta, neozelandese: dove punti l’inevitabile GoPro? I fauni dei Salii e dei Luperci ti osservano divertiti, suonando al flauto la musica di Benny Hill.

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