Terra secca e largamente priva di vegetazione, ambiente antico e sotto assedio da esseri dalla lunghezza di 7-16 cm, in cui la vita che riesce nonostante tutto a prosperare resiste prevalentemente nelle pieghe del paesaggio, il più possibile nascosta all’energia inclemente dell’astro solare. Sto parlando della Valle o depressione centrale della California, un luogo di disuguaglianze molto spesso innaturali, dove l’acqua convogliata verso i campi degli umani lascia il passo a territori brulli, rocciosi e totalmente inospitali. Perciò per secoli, millenni e ancor più a lungo senza presupposti di cambiamenti significativi, questo mondo ha continuato a esistere, in maniera parallela alla continua evoluzione della natura. Che biologicamente non ha fatto a meno di circondarlo con le salamandre: dai remoti territori settentrionali, l’Ensatina oregonensis marrone focato e quella picta col suo dorso a strisce gialle ed arancioni. A meridione l’E. eschscholtzi di Monterey, color rosso mattone, assieme con la croceator e klauberi a macchie gialle e nere, sebbene dalle dimensioni differenti. Mentre a oriente ed occidente, si fronteggiano E. platensis, dagli splendidi pois rossastri e xanthropica dagli occhi gialli, sebbene non s’incontrino da tempi particolarmente estesi. Una pletora di piccoli animali, simili nella morfologia nonostante livree tanto distinte, la cui appartenenza alla stessa genìa non può fare a meno di stupire chi non ha familiarità con la questione. Com’è possibile, infatti, che tanti esseri con un antenato comune possano divergere a tal punto in un territorio così relativamente ridotto? Fino al caso estremo delle sotto-specie più distanti tra di loro, attorno al “centro” sabbioso e impraticabile, tra cui non è più neanche possibile l’ibridazione. Un caso certamente insolito, questo ma non unico al mondo, che riprende ad esempio la storia evolutiva dei gabbiani che si sono insediati attorno al Circolo Polare Artico, progressivamente più diversi tra di loro a mano a mano che si gira attorno alla sommità geografica del pianeta Terra. Gelo, siccità, dopo tutto nient’altro che due facce della stessa medaglia, entrambe valide a formare la situazione tassonomica generalmente definita di una specie ad anello. Il caso delle ensatina, tuttavia, grazie al loro genoma particolarmente adattabile alle circostanze vigenti, ha rappresentato per lo studio degli animali in senso generale un potente sentiero d’accesso alle effettive logiche dell’evoluzione, qui mostrata in corso d’opera in tempi tanto rapidi, da essere paragonabili a quell’insignificante susseguirsi delle civiltà umane. Il tutto sotto la pressione tipica di simili processi, quella della predazione da parte di uccelli, mammiferi, rettili più grandi. Ecco dunque il perfezionamento di un aspetto che deriva, in larga parte, dal bisogno di mimetizzarsi. Con approccio valido a confondersi nel sottobosco nella maggior parte dei territori dell’entroterra e una metodologia batesiana/aposematica per quanto concerne le salamandre di Oregon, Monterey e quella xanthropica dalle tonalità uniformi. Ovvero il tentativo di assomigliare, in maniera particolarmente convincente, al tritone velenoso Taricha torosa, le cui esudazioni tossiche presentano una virulenza in grado di uccidere in via teorica persino un essere umano (vedi precedente articolo). Questo poiché si tratta di animali strettamente imparentati, benché le ensatina appartengano alla famiglia non polmonata delle Plethodontinae, salamandre che effettuano la respirazione esclusivamente attraverso la membrana permeabile della loro pelle. Il che fa di loro creature piuttosto fragili e vulnerabili, visto come ogni tipo di sostanza indesiderabile possa contaminarne con estrema rapidità l’organismo, un prezzo da pagare per il loro adattamento a una vita da trascorrere completamente fuori dall’acqua…
