I vantaggi non accidentali di un aereo che sa battere le ali

Durante una tiepida giornata del giardino nordamericano, ancora una volta veniva messo a frutto il più sofisticato sistema di volo mai creato sul pianeta Terra: il piccolo bolide, effettuando milioni di micro-misurazioni al secondo, fluttuava agilmente da un punto di approdo all’altro, verso una speciale “base” o punto di rifornimento, costituito da una forma globulare dipinta di rosso, dotata di multiple aperture, ciascuna con la forma e la colorazione di un fiore. Per suggere conseguentemente, mediante l’impiego della speciale cannula orientabile al termine di un punto di snodo, il carburante zuccherino in grado di fornire l’alimentazione a quel frenetico paio d’ali iridescenti. Tanto rapide da risultare quasi invisibili a occhio nudo, mentre garantiva una situazione comparabile all’antigravità. E fu potenzialmente in quel fatale momento, di un distante 1973, che il prof. canadese James DeLaurier dell’Università di Toronto si fece un poco più vicino, al fine di osservare meglio i colibrì, elaborando quel fondamentale pensiero che trae l’origine da: “Magnifico, se soltanto…”
Che una scena simile si sia davvero palesata nei trascorsi accademici di una figura tanto eclettica, oppure no, davvero poco importa: poiché l’esito di un così lungo e difficile percorso, portato a termine nel 1999 successivamente a progetti, disegni e infinite prove nella galleria del vento, costituisce una nota niente affatto trascurabile negli annali del volo. Grazie alle foto, i video e l’approfondita documentazione tecnica dell’Ornithopter No. 1, realizzazione lungamente attesa del sogno che era stato d’Icaro e suo padre, da cui conseguiva che ci fosse concesso di spiccare il volo non soltanto con il taglio netto di una serie multipla di affilate eliche o ali… Bensì manovrando e controllando l’atmosfera, nello stesso modo in cui solevano farlo gli uccelli, sin da immemori generazioni. Un battito alla volta, quindi un altro e un altro ancora, mentre il bizzarro aeroplano collegato ad un radiocomando (se così possiamo ancora definirlo) e concepito con la collaborazione ingegneristica di Jeremy Harris, vedeva la sua parte superiore estendersi e contrarsi in rapida sequenza. Questo per evitare, per quanto possibile, tremende oscillazioni al coraggioso pilota che in un ipotetico futuro, si auspica, potrà guidarlo dall’interno. Non visibile nelle inquadrature frontali, sul retro del velivolo, un compatto ma potente ugello a reazione, per assisterlo durante il decollo. Concessione davvero piccola agli Dei della fisica perennemente in cerca di un tributo. Eppure, nell’opinione di molti, c’eravamo quasi? Un uccello meccanico, capace di mantenersi in aria soltanto grazie alla potenza “muscolare” dei suoi arti artificiali… Spendendo una quantità maggiore di energia, per la continua inversione del battito, almeno allo stato attuale delle circostanze. Ma potendo contare su un attrito molto ridotto per la metà del tempo, grazie all’angolo di attacco portato a zero durante l’apice superiore del movimento. Ed aprendo, di fatto, un’intera nuova branca dell’aerodinamica, dalle infinite applicazioni potenziali nel secondo secolo da quando, presso la cittadina statunitense di Kitty Hawk, due fratelli dimostrarono come un motore abbastanza leggero e potente fosse in grado, essenzialmente, di far le veci di una mongolfiera lassù nel cielo. Di esperimenti con gli ornitotteri, ad ogni modo, la storia contemporanea ne aveva già conosciuti parecchi…

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