L’incerto metodo e ragione di un castello rosa come ornata magione

Classe, semplicità, eleganza e un senso di rispetto nel mantenimento dei valori estetici di un tempo. Questi sono i meriti, più di ogni altro, che individuiamo come validi nel metodo impiegato per ripristinare i fasti di un’antica dimora, specie se si tratta di un castello. Simbolo per eccellenza del potere assoluto, su un territorio che può estendersi ben oltre i limiti spioventi del suo fossato. Ed ancor più quando è mancante quel particolare elemento, venuto meno l’originario scopo difensivo di tali alte mura, trasformate dalle circostanze in alternativa più rurale del grattacielo. Non è forse vero che l’odierno capitalista, in questo vigente periodo della storia, può diventare il possessore di un’autorità distinta e trasversale, soprattutto quando messo a confronto con coloro che devono chiedere il permesso, anche soltanto per cambiare il colore dell’uscio di casa propria? Ce lo dimostra l’insolita ed impressionante vicenda dello chateau La Stelsia (già Lalande) costruito nel distretto di Lot-et-Garonne nel Sud-Ovest della Francia, a quanto affermano le poche fonti attorno al XIII secolo come parte della linea difensiva contro eventuali scorribande da parte degli Inglesi. Il cui approfondimento diviene relativamente più semplice a partire dal XVII secolo, quando membri non meglio definiti dell’aristocrazia locale ne fecero una fattoria fortificata, quindi l’elegante dimora che possiamo vedere tutt’ora. Se ci riesce di scrutare oltre la sottile scorza di quella vernice variopinta che oggi offusca i crismi architettonici che tenderemmo a dare per scontati.
Questa l’idea e tale la realizzazione ad opera di Philippe Ginestet, l’imprenditore ed uomo d’affari natìo proprio di un paese a pochi chilometri da qui, che avendo guadagnato una fortuna non indifferente grazie alla catena di negozi per la casa Gifi ha scelto di acquistare quasi quindici anni fa l’imponente struttura da 31 camere e 40 bagni, ormai da tempo adibita ad hotel ma ormai prossima al fallimento. Impegnandosi a restaurarla completamente a patto che: 1 – Potesse avere i permessi di rinnovare il business per riuscire a renderlo redditizio. 2 – La colorazione esterna dell’edificio restasse totalmente a sua esclusiva e indisputabile discrezione. Il che, vista l’alternativa per un posto che sembrava già destinato a cadere in rovina, non lasciò materialmente grandi alternative alla commissione per i beni culturali del dipartimento…

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