L’incredibile ritrovamento di un insetto lungo mezzo metro

Gaga insect

Nonostante la quantità di video presenti tra lo sterminato catalogo del web, non è particolarmente frequente che ci si presenti l’occasione di premere Play, per assistere a un evento che sia, allo stesso tempo, epico e del tutto nuovo. Questo perché nella maggior parte dei casi, quando sta per verificarsi qualcosa di davvero monumentale, per il mondo, per la scienza o per la storia, possibilmente in positivo, le prime telecamere sul posto sono quelle delle Tv, o in alternativa chiunque fosse stato pronto a riprendere la scena con il cellulare, riceve un’offerta di esclusività temporanea per l’acquisto del suo materiale. Fanno eccezione quei casi, comunque piuttosto rari, in cui qualcuno si ritrovi in un luogo isolato, a decine o centinaia di chilometri dall’abitazione più vicina, e chinandosi tra l’erba ne ritragga la sua mano, aperta e in posizione rigida, con sopra un qualcosa di assolutamente privo di precedenti…Il fatto è che la vita di un entomologo, per sua tipica prerogativa, potrebbe essere paragonata ad una sorta di spericolata slot-machine. Che ogni giorno (lavorativo) viene messa in moto col gettone dell’impegno e la fatica diacronica, per così dire, o finalizzata ad una grande strategia: “Prima o poi ti troverò, creatura!” Frugando e camminando, gli occhi virtualmente trasformati in quelli di un camaleonte. Finché a un certo punto, non si verifica l’attesa contingenza. E allora, possono accadere due distinte cose: colui, insetto alla mano, che registra solamente l’ora esatta su un taccuino, quindi parte per portarlo al suo laboratorio. O in alternativa, e questo sarebbe certamente molto meglio per noi, si rende palese l’intervento di un secondo che abbia la presenza di spirito, e/o l’abnegazione personale, di sperimentare la stupenda circostanza dall’altro lato di una lente di telecamera, con la finalità di offrire un posto in prima fila a tutti gli altri ovvero noi, l’ultra-distante collettività.
Pronti? Via! Il luogo: il folto sottobosco della selvaggia regione settentrionale dell’Australia, lo stato del Queensland, giusto presso la città di Cairns, nel punto in cui inizia a protendersi la grande vela della penisola di York. Il mese, il giorno, il minuto: “Verso i primi di gennaio del 2015” dichiara la piuttosto vaga press release del Museum Victoria, un’organizzazione che gestisce tre grandi musei statali nelle città meridionali di Melbourne e Victoria. “Esattamente Adesso” pare esclamare entusiasticamente Maik Fiedel, il coordinatore degli esemplari viventi, di fronte al suo secondo in tali circostanze Patrick Honan, che messa da parte la carica di amministratore capo del dipartimento, si trovava lì ad assisterlo nella particolare quanto delicata missione, di rifornire i terrari e le gabbiette delle nursery consociate. Lanciando subito dopo “una serie di yelps” (gridolini) più che mai giustificati da quel mostro di essere da esattamente 50 cm d’ingombro, sottile e longilineo, il terzo esemplare femmina mai ritrovato della specie Ctenomorpha gargantua, l’insetto fasmide più grande del mondo. Nonché l’artropode più lungo in assoluto, superando di eccezionalmente anche il celebre millepiedi africano, che raggiunge appena i 38 cm dalla testa tondeggiante alla lontana coda. E di certo non è tanto raro, né così spettacolare alla vista, nel suo sapiente impiego di una speciale tecnica di mimetismo, tale da far sembrare il proprio corpo un semplice residuo di natura vegetale, il cosiddetto “stecco” che da sempre fornisce il nome comune per simili insetti. Anche se in questo speciale caso, sarebbe forse più corretto parlare di un insetto tronco.

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Guerre di granchi e un’astronave

Spider Crabs

Australia meridionale, ultima battaglia. L’ambizione della razza umana non conosce nessun altro limite che l’universo stesso.  Da sempre come nei secoli a venire, lo sguardo dei sapienti cerca tra le stelle proporzioni familiari: un lampo filosofale, la radiazione cosmica della coscienza, un qualche tipo di maestosa proporzione. E ci si chiede come possano profilarsi in fin dei conti, tali abitanti di altri mondi, simili creature provenienti da diverse evoluzioni. O dimensioni (quinta, sesta, settima, infinita?) Quante gambe, braccia, sentimenti possano provare, senza senso per il tramite del nostro divenire… E infatti, amiamo sopratutto: civiltà aliene, il più possibile diverse dalla nostra. Sagome di teste extraterrestri, che si staglino gagliarde innanzi ai nostri telescopi. Non quest’oggi, non stavolta, sulle note della musica elettronica sperimentale. Questa è storia di presenze differenti. Di preziose Razze del profondo. Si perde tra le pinne di un corposo mare, l’oceano più Pacifico di questo mondo. Tranne quando viene l’ora di difendere la propria vita.
In principo c’era il Caos. Ovviamente. Una distesa senza senso di bitorzoluti carapaci, occhi preminenti, zampe intrecciate, soprattutto chele. Milioni di milioni. E qualcuno che cavalca, come un condottiero di regioni del fantastico, la versione più prestante di se stesso. Sono artropodi pelagici, questi qua, appartenenti alla grande famiglia dei majoidea, ovvero i cosiddetti granchi-ragno. Ne avrete visti forse visti, soprattutto al nord della penisola, presso un ristorante di specialità marine. Dentro al piatto, ben conditi! Noi navigatori del mediterraneo, nei secoli gustosi, queste bestie abbiamo preso a definirle con il termine granseole, perché ricorderebbero…Cipolle. O così dicono. Il popolo dei bulbi con le zampe, ad ogni modo, è davvero molto vasto. Si estende dall’Atlantico al più Nuovo continente, quella terra di canguri e orsetti mangiatori di eucalipto, passando per la variante nipponica del gruppo, il macrocheira kaempferi, così alto e terribile da popolare gli incubi più stravaganti. Un kaiju di epiche battaglie cinematografiche, l’ispiratore degli artisti meno intabarrati nelle consuetudini. Giusto a metà strada tra le opposte alternative, pietanza familiare oppure mega-mostriciattolo, ci sono questi, gli operosi protagonisti di una simile sequenza, tratta dal documentario inglese della BBC, Life – Creatures of the Deep. Narrato, nella versione originale, dall’ineccepible Sir Attenborough, naturalista. Però non stavolta, non quest’oggi.

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