È sempre importante, nella definizione di un’intera classe di organismi, determinare la linea di confine degli estremi contrapposti: il più lento e il più veloce, quello che proietta la sua vita maggiormente lontano Vs. l’effimero rappresentante di un’eterna giovinezza, che vive per qualche giorno appena, comunque sufficiente a riprodurre copie di se stesso all’infinito. Non che questa particolare via d’accesso alla comprensione del mondo naturale, il guinness del biologo, sia così facile da percorrere, soprattutto in un ambito che esula dal suo contesto in modo estremamente preminente. Perché cos’è, in effetti, un fungo? Non certo l’escrescenza vegetativa con l’ombrello, che spunta all’improvviso dopo un temporale in gruppi geometricamente disordinati ma pur sempre contingenti. Benché questa presenza, sostanzialmente l’insieme degli organi riproduttivi della creatura pseudo-vegetale, rappresenti il suo unico strumento d’interfaccia con la superficie. In fondo come descrivere addirittura un uomo, in senso meramente oggettivo, se non tirando in ballo la somma dell’aspetto fisico ed i suoni che produce, il modo in cui si muove ad influenzare il mondo…Nessuno, richiamando alla mente i propri amici o familiari, si prefigura i villi celebrali e le diramazioni del sistema nervoso. Eppure queste cose sono, solamente, portatrici del concetto di individuo. Come il rizomorfo del micelio, la cosiddetta radice dei funghi; che non ha sapore e non si vede sulle tavole, ma è alla base remota di tante escursioni di ricerca, la cesta sotto braccio, tra gli alberi della foresta e pregustando un nuovo piatto a base di…odorosi, fibrosi, dolceamari baccelli per le spore, rigorosamente consumati prima che maturino, riempiendosi di quel pulveriforme veleno potenziale. Ah, che meraviglia! Camminare senza un singolo pensiero al mondo, con soltanto il verso degli uccelli a farti compagnia, finché non ti trovi davanti ad una rara infiorescenza di Calvatia gigantea (teste calve) o per usare il termine comune in lingua inglese, giant puffball (grandi pallette). Come teschi dimenticati dei giganti, venti, trenta cose tonde, candidamente adagiate in mezzo all’erba e circondate da altrettanti piccoli fratelli, a loro volta virtualmente indistinguibili da uova di lucertole smarrite. Cosa fare, dunque? Thomas Harwood, l’autore del presente video, non ha perso tempo ad esitare: chiamando i suoi amici, ha subito deciso che entro la serata si sarebbe organizzato il più munifico banchetto a base di pietanze fungine. Così il gruppo ha iniziato la perlustrazione, raccogliendo alcuni dei migliori esemplari per farne un alto cumulo a margine della radura, dall’altezza ed estensione veramente significativa. Al punto che, venuta l’ora di lasciare la scena del crimine, per trasportare via il carico sarà necessario avvicinarsi con la macchina, problematica di certo poco nota a chi è solito procacciarsi giusto qualche ovulo, graziosi gallinacci, due spugnole o un porcino. Mentre non c’è niente di usuale, nella forma tondeggiante e nel funzionamento di questo raro quanto persistente organismo fungino!
La C. gigantea appartiene alla classe dei gastromiceti o funghi con lo stomaco, una sotto-categoria dei Basidiomycota, tra i principali esseri multi-cellulari in grado di riprodursi senza l’uso degli embrioni. Caratteristica del fungo in questione, come dei suoi parenti più prossimi, è di non produrre le spore portatriceidi DNA all’esterno della sua superficie, facendola scaturire dalle lamelle sotto l’ombrello, ma al centro stesso del suo globo, in un nucleo che una volta maturato si presenta di una consistenza e colorazione differente. A quel punto, quindi, il fungo si apre letteralmente, fessurandosi nella parte superiore, per lasciare che il vento, la pioggia e gli insetti facciano il dovuto. Persino il suo gambo stretto e fragile, unico collegamento con il substrato che costituisce il vero corpo del fungo, è fatto per spezzarsi alla minima sollecitazione, affinché la forma di quel globo rotoli liberamente, con conseguente diffusione di se stesso verso le diverse direzioni cardinali. È una strana giustapposizione, questa di un essere apparentemente completo, che non ha strumenti difensivi di alcun tipo, ma piuttosto sembra chiedere a tutte le creature circostanti: “Mangiatemi, fate di me un sauté” e invero, questo avviene perché ciò che noi di solito definiamo “il fungo” sostituisce in realtà soltanto una minima parte del micelio stesso, persino quando ha il peso di un bambino di sei anni.

Il fungo, diffuso sia in Europa che nel territorio degli Stati Uniti, benché generalmente alquanto raro, fu classificato per la prima volta verso la fine del XVII secolo, ad opera del naturalista tedesco August Johann Georg Karl Batsch (1761 – 1802) ma fu soltanto un secolo dopo, grazie alle ricerche del farmacista Curtis Gates Lloyd (1859-1926) che iniziò ad essere considerato importante per la società umana, vista la sua capacità innata, una volta tagliato a strisce ed inserito nelle fasciature, di favorire la migliore guarigione di una ferita, contrastando ogni forma di infezione. Al giorno d’oggi, visto il facile superamento di questa sua dote endemica ad opera della medicina moderna, il giant puffball viene piuttosto considerato una curiosità, consumato con un entusiasmo che nasce dalla sua limitata diffusione, anche perché, indipendentemente da quanto spesso sia raccolto, ha la caratteristica di ritornare anno dopo anno negli stessi luoghi.
La manifestazione di superficie dell’essere in questione ha infatti un significativo punto a favore: proprio in funzione della notevole grandezza per singolo esemplare (può raggiungere gli 80 cm di diametro per 20-25 Kg di peso) un Calvatia pronto da consumare è facilmente riconoscibile da qualsiasi altro fungo esistente, senza il minimo timore di sbagliarsi. Benché sia invece opportuno prestare MOLTA attenzione con gli esponenti meno corposi, relativamente simili, per la colorazione bianca, ai pericolosi appartenenti al genere degli Amanita, funghi spesso dannosi o persino letali. Mentre questi, ad opera di un micologista esperto, possono essere mangiati addirittura crudi e direttamente sul luogo del ritrovamento, benché il fungo in generale come pietanza non sia molto digeribile in assenza di cottura. L’importante, ad ogni modo, è orientarsi sugli esemplari grandi ma non troppo, perché nell’ultima fase della sua esistenza vegetativa il fungo va incontro ad una problematica serie di trasformazioni…

I puffball giganti, una volta maturi e pronti ad iniziare il processo di diffusione delle spore, non sono più commestibili. La loro carne diventa molle e verdastra, amara e potenzialmente indigesta. Non è possibile inoltre sbagliarsi e metterli comunque in tavola, visto il modo in cui la pelle esterna, prima di iniziare la diffusione delle spore, assuma una colorazione di un marrone piuttosto scuro. In questo stato, un singolo fungo può contenere fino ad un trilione (un milione di bilioni, ovvero un milione alla terza) di spore, ciascuna potenzialmente conduttiva alla creazione di un nuovo micelio, potenziale origine di decine, o centinaia di nuove escrescenze fungine. Dovremmo considerarci davvero fortunati, quindi, se le particolari condizioni del nostro pianeta non sono poi così benevole verso il regno di questa classe di creature, che riescono a prosperare solamente in determinati momenti climatici o stagionali. Altrimenti, chissà in che situazione ci troveremmo, oggi…
Può sembrare poco significativo parlare di “fungo più grande” in relazione al solo frutto di superficie, quando piante o alberi pluri-centenari gettano la propria ombra con superbia sopra quel metro e mezzo di presenza candida ed inerme. Ma la realtà è che un singolo fungo, inteso come l’interconnessione dell’intero strato dei rizomorfi, può facilmente costituire la creatura più grande al mondo. Nel 2005 lo studioso americano Paul Stamets ha trattato approfonditamente, nel suo testo Mycelium Running: How Mushrooms Can Help Save the World, la questione di un esponente del genus Armillaria (comunemente detto fungo del miele) che si estenderebbe sotto la catena delle Blue Mountains in Oregon, per una distanza approssimativa di 2400 acri (9,7 Km quadrati). Tale creatura avrebbe prosperato indisturbata per 22 secoli, traendo giovamento dalle alterne fortune della fitta foresta sovrastante, infestata nei periodi di magra dalle propaggini succhiatrici di vita della sua presenza. Simili mostruose casualità dovrebbero fare molto, per togliere il senso di colpa a chi sradica una palla o due, per gustarsela all’ora di pranzo. Nella gara evolutiva per la sopravvivenza, avvengono talvolta inaspettate cose. E i funghi sono strani nonché, almeno in potenza, adattabili al mutamento climatico a cui sta andando incontro il nostro pianeta. Forse, molto più di noi.