August si presenta all’inizio come un individuo noioso e del tutto privo di fascino. In abito sobrio ma niente affatto elegante, sullo sfondo di una carta da parati anonima e accompagnato da un mangianastri antiquato, inizia ad intonare il brano più famoso della Carmen, la passionale Habanera di Bizet. Poi, gradualmente, il mondo inizia a cambiare intorno a lui: lo stacco netto, se non altro, è dato dal comparire sulla scena di uno scoordinato robot-ballerino, ma c’è dell’altro. Perché l’anziano pianista indossa un bavaglio sadomaso? Da dove spunta l’orchestra completa di addetto alle percussioni discinto e dal volto mascherato? Per ciascun suono elettronico introdotto nell’arrangiamento musicale, destinato a trasformarsi nel ritmo moderno del genere techno/dubstep, le immagini a schermo si spostano verso il lato più sconsiderato e illogico della gamma intellettiva. Poi cala la notte, momento della trasgressione: non più interprete, August diventa lui la Carmen, donna affascinante e circondata di spasimanti in tenuta suggestiva, che tentano in qualche modo di guadagnarsi il suo favore…



Superato lo scoglio del calcolo, raggiunto da tempo l’ideale realismo grafico, realizzata la perfetta comunicazione viviamo ormai nell’epoca delle interfacce. PC, tablet e cellulari potrebbero risolvere ogni tipo di problema, eppure mancano di un reale senso empatico. Non esiste al mondo un dispositivo in grado di capirti e interpretare le domande poste in base al contesto, come il computer di bordo di un’astronave di Star Trek, risolvendo con senso d’iniziativa le questioni della nostra vita quotidiana. Almeno non senza che sia prima tu a comprendere il suo complesso e stratificato funzionamento, trovando il modo giusto di esprimere il tuo bisogno.