In abito elegante, tra leoni e calciatori

Kevin Richardson Van Gils

Ci si veste in base all’occasione. Facendomi ombra con la mano sopra gli occhi, scruto l’orizzonte del marrone sottobosco del Sudafrica. Siamo in pieno highveld, la prateria montana che si estende fino alle propaggini della savana. Gli alberi disseminati tra le colline ed i declivi nascondono, almeno così spero, la famiglia che mi aspetta per l’incontro più formale della nostra vita. Sono nobili di stirpe antica, con corone fulgide e fluenti. L’unica nota discordante nella mia figura: porto ai piedi un paio di scarpe sportivedella Nike. Però per questo, devo dirlo, c’è un perché. Si tratta del regalo che consegnerò, a sorpresa, sulla fine del ricevimento. Giocheremo tutti assieme una partita di pallone! Dopo tutto, già incombe quel momento, di una coppa e della gloria dei mondiali del Brasile. Il polsino bianco è luminoso come il sole che rimbalza contro il fine intreccio provenuto dall’Olanda, mentre il rosso di un distinto fazzoletto a righe, attentamente concordato con la morbida cravatta, presagisce il pasto sanguinoso di bistecche poco cotte; spero di trovarli già satolli, questi miei anfitrioni. Diventano nervosi, se affamati.
O almeno così dicono: non sono certo io, Kevin Richardson, l’uomo che convive coi leoni da una buona parte della sua vita, il fisioterapista che si è fatto guardaparco e poi… Rappresentante. Di giacche, telecamere, tutto quello che riesce a conquistare. Sempre con un ottimo obiettivo: dargli da mangiare (e quanto!) Per poi rappresentante, soprattutto, dei suoi parenti uomini, tra le cosiddette belve. Colui che qui vediamo, in abito di tutto punto, intento a fare quello che gli riesce meglio; ciò che soltanto lui, fra tutti, osa concepire.
Sarebbe, questa, una pubblicità di moda maschile. Fa parte della nuova campagna della Van Gils, la compagnia olandese il cui recente slogan recita “No stitch, no story” (Senza cuciture, niente storia) e che dagli anni ’40 produce dai suoi stabilimenti di Breda numerosi capi, accessori e calzature. Proviene, come creazione mediatica, da quel nuovo modo di concepire l’immagine aziendale sulla base di ciò che universalmente bello, senza mettere il prodotto al centro della scena, ad ogni costo. Però va detto che in questo particolare caso, vista la natura del progetto, si è riusciti a fare pure questo: bastava, dopo tutto, vestire bene l’incredibile protagonista. Guardarlo che cammina con riprese a campo lungo, in mezzo all’apparente nulla, con lo stesso prestigio visuale di un banchiere, già restituisce un certo effetto.

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Un ragno rotolante, il suo robot

Rechenbergi

Sandali e calzoni corti. Quest’uomo dall’eccentrico cappello di paglia, sperduto in mezzo alle dune del Sahara, è l’esperto di bionica Dr. Ingo Rechenberg, professore della Technical University di Berlino. Costruire sistemi meccanici ispirati alle soluzioni naturali dell’evoluzione, metterli alla prova: non sono imprese adatte a chi si muove in camice tra impeccabili laboratori, tenendo il blocco per gli appunti saldamente stretto tra le mani. Occorre vivere nel mondo più selvatico e inurbano, sporcarsi della sabbia che, senza controllo, vortica nel vento. Sono oltre 60 anni che i paesi dell’Africa nord-orientale, in particolare le regioni aride del Marocco, ricevono le visite sperimentali di questo scienziato multicanale, conoscitore altrettanto preparato della tecnica applicata e della teoria della natura, il puro darwinismo delle forme. L’entusiasmo bambinesco nello sguardo attento, mentre lancia la sua ultima invenzione, nonché la genialità dei gesti, nascondono una buona parte dei suoi venerabili 80 anni di età.
Lo troviamo, costui, sulla cima di una duna. L’immobilità apparente di simili regioni spoglie di vegetazione, dove piove molto raramente, è un illusione attentamente costruita. Il deserto, come adesso ben sappiamo, brulica di vita. Scorpioni e lucertole, serpenti e scarabei, nascosti tra le sabbie senza fine, attenti a non costituire il pasto dei nemici sempre molto attenti. Ciò che resta, sono gli imprudenti, oppure i troppo orgogliosi: lo stercorario, Sisifo della pietruzza puzzolente, sospingeva ogni mattina il sole degli egizi, risorgendo all’occorrenza dal suo nucleo di escrementi arrotondati. Cose tonde, queste qui: piccoli tesori circolari che ricordano il Tabbot, chiassoso essere robotizzato, che in questo frangente anima la duna del visitatore umano. Spostandosi rapidamente con tre zampe articolate, simili a quelle del trinacria siciliano, l’arnese brilla col suo corpo arancio e trasparente. Non è telecomandato né dotato di particolari meccanismi, come un drone; dovrebbe costituire, piuttosto, il proof of concept di artifici futuri, che potrebbero dimostrarsi utili nel campo dell’agricoltura o dell’esplorazione spaziale. Del resto, si sa: lo spettro di Marte, con i suoi deserti interminabili, aleggia sulla maggior parte dei sistemi artificiali di locomozione. Certo, immaginarsi l’astronauta del futuro, dentro ad una tale ruota, che discende sobbalzando da un vulcano a scudo pluri-chilometrico, lascia alquanto perplessi. Possibile che un organismo possa sopravvivere a tali sollecitazioni? Ebbene… Il Dr. Prof. Rechenberg pensa di si. In effetti, lui ha tratto questa idea da un vero essere vivente, nostro zamputo compagno sulle strade evolutive della Terra. Un ragno che rotola frenetico. Solo quando si spaventa, però!

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La tartaruga di cuoio vestuta

Softshell Turtle

Le tartarughe della famiglia dei trionichidi, diffuse in Africa, America e Asia, hanno il muso lungo simile a quello di un formichiere, le zampe palmate ed un guscio morbido e vagamente carnoso, che potrebbe richiamare alla mente la fodera di un paio di stivali da equitazione. Vivono in acqua. Accarezzare quel carapace flessibile, privo di scaglie o di squame, è un’esperienza difficile da descrivere. Bisogna provarla.
In questo video registrato presso il fiume Nahal Alexander, lo youtuber jimbo Bagginsz (fan di Tokliensz?) Ben ci dimostra i meriti di simili anfibi sbalorditivi, tra i più grandi rettili d’acqua dolce di questo pianeta. Tutto comincia nella valle di Hefer, in Israele. Sotto le rovine di Hurvat Samra, antica stazione di scambio, c’è un vasto bacino idrico. Qui passavano i popoli verso la porta d’Oriente, nel mondo antico e poi ancora dopo, sfuggendo all’assillo dell’odio razziale. E un tale luogo, prossimo alle tiepide acque del Mediterraneo, piacevole e temperato, costituì da sempre, di pari passo, l’habitat ideale per molti animali: qui confluiscono i corsi del Nablus, del Te’enim, dell’ Ometz, del Bahan e dell’Avihail, fiumi popolati di nutrie, pesci gatto, tilapia, gatti di palude e numerose specie di uccelli migratori. Una vera babele di versi e di lingue biforcute. Ma chi dovesse arrivare, turista in viaggio, per nutrire le anatre, potrebbe restare sorpreso.
Così è successo in quel caso, probabilmente, al nostro protagonista: gettando le briciole in acqua, con al seguito una ghiotta zucchina, costui si è trovato il soggetto di altre attenzioni, ben più ingombranti della media – fino a 100 cm di lunghezza, tanto per dire. La verde testa maculata, le unghie tozze ed il dorso bizzarro, non c’è alcun dubbio! Sulla roccia assolata strisciavano alcune trionyx triunguis, le giganti dal guscio molle, tra le ultime rappresentanti della propria specie, un tempo diffusa dal Nilo fino in Turchia ed oggi presente soltanto in alcune regioni dell’Africa e del Medio Oriente. La loro strategia evolutiva è davvero interessante. 

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Giro di vite contro i babbuini

Chacma Baboons

L’uomo moderno, così racchiuso tra il ruvido cemento e il duro vetro, ha ormai ben pochi punti di contatto con la forza del precipuo pathos. Con quel fluido che affiora lieve, dal regno incontenibile delle apprensioni. Possibile una simile emergenza? Il tetto è solido, l’acqua è pura. La bolletta, se pagata, toglie la paura. E pure gli escrementi. Finché, come in banana meccanica di Stanley K, un -qual-cosa- irrompe da quel flebile confine, con un piano troppo chiaro a tutti quanti: lasciare il drugo segno della sua insolenza. Facciamo qualche esempio! Termiti che rosicchiano le fondamenta. Formiche, in cerca di briciole sul pavimento. Topi che strisciano nella dispensa e poi…Mosche ronzanti, presagio di funeste persuasioni. Latrici di un messaggio vano: “Fuggi, finché sei tempo, è arrivato il giorno lungamente atteso”. Di rivincita. Del selvatico che avanza, ovvero: la truppa del tremendo babbuino. Un gran divoratore, che davvero non capisce due concetti, sopra tutti gli altri: a che serve lo scarico del bagno, come usare lo sciacquone. Il mondo intero è il suo WC.
Questo video è stato registrato presso Betty’s Bay, ridente centro abitato di poco più di mille abitanti sito ad appena 93 Km da Città del Capo. Lontano il giusto, mai isolato, dai patémi della grande capitale. Che però conosce un altro tipo di disgrazie, ovvero faticose convivenze. Siamo, dunque, in una celebre località turistica dal clima mite, presa fra le limpide acque della costa dell’Overberg e le verdeggianti colline ai margini del Kogelberg, catena montuosa libera e incontaminata. I pastori vi pascolano le proprie capre, una mattina dopo l’altra, riportandole indietro sul finir del pomeriggio, quasi sempre. Se non sparisce qualche cucciolo, altrimenti…Già sappiamo chi è il colpevole. Del marcio si aggira per i ripidi sentieri e le irte mulattiere. Eccone la prova, registrata gentilmente da BC Stargazer, quindi esposta al pubblico ludibrio. Vostro onore, il colpevole è…

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