Oasi ghiacciate: in cerca della mistica polynya

Nathaniel Icebreaker

Si dice che siamo nati troppo presto per esplorare il cosmo e troppo tardi per la Terra. Le navi circumnavigano il globo in pochi giorni, così come i satelliti lo sovrastano, fotografando i luoghi più impervi, rendendo obsoleti i secoli di mappe tracciate grazie all’abilità e al lavoro scrupoloso di numerosi capitani.  Sir James Clark Ross, spedizioniere della Royal Navy inglese, è stato certamente uno dei più celebri e importanti. La sua avventurosa ricerca del Polo Sud magnetico, mito geografico dei suoi tempi, lo portò nel 1841 in mezzo al mare gelido che oggi porta il suo nome, dove restò bloccato per settimane a causa del ghiaccio troppo spesso. Il 22 gennaio, districatosi faticosamente dall’impasse, venne ripagato mille volte: dinnanzi a lui e al suo equipaggio, infatti, si stagliò d’improvviso la montagna cosiddetta del terrore, Erebus, un colossale vulcano, che lui ribattezzò a partire dall’omonima divinità della Grecia antica, un oscuro figlio del Caos e della Notte. L’autorevole esploratore non poteva immaginare allora che quel luogo, sede di uno dei pochi laghi di lava mai visti da occhio umano, sarebbe diventato il punto di partenza per tutti coloro che lo avrebbero seguito nella difficile esplorazione del circolo polare Antartico. E nemmeno sapeva della sua più incredibile controparte e conseguenza, una sorta di Eden che, secondo alcune teorie mai dimostrate, potrebbe racchiudere la via di accesso alle forme di vita di secoli e millenni di anni fà, la grande polynya del Polo Sud. Un’oasi in grado di ospitare vegetazione rigogliosa ed esseri viventi sconosciuti, proprio nel mezzo di uno dei luoghi più freddi e inospitali del pianeta. Persino oggi, nonostante le tecnologie moderne, poche navi possono dirsi davvero in grado di trovarla: una di esse è la Nathaniel B. Palmer, vascello rompighiaccio. In questo video della giovane scienziata Cassandra Brooks, parte del suo equipaggio, c’è il completo racconto del suo viaggio più recente, conclusosi proprio in questi giorni.

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Una spia russa che assalta il forte dei pupazzi di neve

Russian Vs Snowmen

In questo video non tutto è ciò che sembra. Il potente e grosso mirino, da cui scrutiamo con l’eroico protagonista le postazioni belliche nemiche è in realtà parte di un’arma, per certi versi, inadatta: una piccola pistola, pensata per il combattimento ravvicinato. La carota arancione che spunta, stranamente, oltre un muro di granito non è un semplice ortaggio, ma il primo segno di un avversario insidioso. Si tratta del naso di un’effige: il pupazzo di neve, simbolo antropomorfo del gelo stesso. Eppure, questo fantoccio decisamente inerte e non troppo minaccioso, nel giro di qualche secondo finirà per farci anche un pò pena. Perché ad organizzare l’ardito assalto, portato avanti senza alcun risparmio di energie, c’è scottdw, filmmaker e autore musicale salito di recente nell’olimpo delle visite pluri-milionarie su YouTube, grazie ai suoi grandi successi virali Fruit Ninja to Dubstep e Flying Kittens to Hip Hop. Balzando fuori dalla foresta, l’agente segreto in pelliccia appropriatamente mimetizzata (candida come un’orso polare) sfodera, una dopo l’altra, le sue molte armi. Doppie pistole in stile Matrix, carabina, mitragliatrice, spada da samurai e granate. Tra un’eliminazione e l’altra, trova anche il tempo di pronunciare un torvo e ironico saluto, digrignando i denti. In russo, ovviamente, perché questo è il linguaggio più legato nell’immaginario comune, e nella memetica digitale, alla natura inospitale dell’inverno: “Dasvidania, tovarish!” E benvenuta a te, primavera!

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Le due viti infinite che nel ’26 viaggiarono oltre la neve

Snow_Devil

E’ tutta una questione di superfici. Puoi avere il motore più potente, il battistrada termico di gomme specializzate di ogni marca o le migliori catene d’importazione, ma se il bianco manto invernale è davvero profondo dovrai restare lo stesso a casa. La tecnologia motoristica che sfruttiamo per muoverci ha il suo inevitabile peso, mentre la neve è per sua natura friabile e traditrice. Quante buche si sono aperte a sorpresa sotto i capaci pneumatici di un automobilista determinato a raggiungere il posto di lavoro a gennaio? Quante motoslitte artiche, con tanto di cingoli, sono scivolate in invisibili crepacci ghiacciati, rivelati all’improvviso da un sottile e rassicurante manto nevoso? I veicoli di terra convenzionali non sono in grado, come le imbarcazioni o gli aerei, di sfruttare a loro vantaggio i complessi equilibri fisici delle sostanze che compongono il loro ambiente, galleggiando tranquillamente sopra i pericoli nascosti dalle strade ricoperte di neve profonda e ghiaccio. C’è stata però un’epoca in cui il problema era stato risolto, sembrava, per tutte le epoche a venire. Un anno lontano, a cavallo tra le due guerre, in cui i trattori americani viaggiavano non più su ruote ma impiegando l’energia dinamica di una coppia di viti di Archimede, simili a trivelle. Questo è il Fordson “Snow Devil” uno dei mezzi di trasporto più rivoluzionari del secolo scorso, un’invenzione geniale che, per un capriccio della storia, non diede inizio ad alcun tipo di rivoluzione.

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Quattro ruote tonanti alla conquista di un lago semi-congelato

garagashyan

Nell’ingegnosa Russia, i fuoristrada fatti in casa sono talmente inarrestabili che si guidano anche sull’acqua. Questo è Alexey Garagashyana, a bordo del suo speciale ATV diesel con motore turbo Kubota dotato di trasmissione differenziale, che si inoltra con impeto temerario sul ghiaccio sottile di un piccolo e profondo lago solo parzialmente congelato. Dopo qualche secondo, ovviamente, il pesante e compatto mostro meccanico si ritroverà sommerso quasi fino alla cabina di guida. Ma superato un comprensibile attimo d’incertezza, lo scopo insolito del suo creatore ci appare presto chiaro: le grandi ruote da trattore del veicolo, profondamente intagliate, agiscono infatti come pale idrauliche, fornendo una propulsione sufficiente a scongiurare il suo prematuro inabissamento. Come un rompighiaccio anfibio uscito da un universo alternativo, il potente mezzo inizia allora un distruttivo giro della polla ghiacciata, lasciando dietro di se acque nebulose e turbolente ma perfettamente navigabili.

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